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Biennale del Cinema di Venezia

‘Un film fatto per Bene’, un film previsto o sabotato da Maresco stesso?

Un viaggio dentro il cinema e contro il cinema, dove il fallimento diventa linguaggio e il caos diventa forma.

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Cosa succede quando un film nasce già come un fallimento annunciato? E cosa accade se proprio da quel fallimento prende forma qualcosa di unico, folle e irresistibilmente comico? A dimostrarcelo è proprio Franco Maresco, l’animo anticonformista italiano, con Un film fatto per Bene, presentato in concorso alla 82ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed uscito contemporaneamente nelle sale italiane il 5 settembre con Lucky Red.

Maresco, che negli anni ha costruito una carriera unica, prima insieme a Daniele Ciprì e poi in solitaria, torna con quello che sembra un film impossibile da fare. E che infatti non si fa proprio. O meglio: si trasforma in un’altra idea, in altre narrazioni documentaristiche.

Quando il film diventa un fantasma

Le riprese dovevano raccontare Carmelo Bene. Ma presto tutto salta: ciak infiniti, ritardi senza fine, incidenti sul set, come la caduta di quest’ultimo. Il malocchio non sembrava terminare più. Il produttore Andrea Occhipinti, esasperato, stacca la spina. Maresco grida al “filmicidio” e sparisce. Fine del progetto? Non proprio.

Da qui parte Un film fatto per Bene: non un film su Carmelo Bene, ma un film dove c’è anche Carmelo Bene, come se lo spettro dell’attore e regista abitasse l’opera dall’inizio alla fine. E soprattutto, un film di Franco Maresco, che si mette a nudo in quello che somiglia a un personalissimo storto, sporco e irresistibile.

Il regista sembra non presentarsi a Venezia (non è la prima volta), lasciando che il film parli da solo. Proprio come accade a inizio film. A cercarlo è l’amico Umberto Cantone, che si trasforma in detective improvvisato, raccoglie testimonianze, interroga collaboratori, cerca di ricucire lo strappo. Ma trovarlo è impossibile. O forse inutile. Si fa accompagnare dal tassista di Maresco, che sembra l’unico a sapere dove possa trovarsi. Non si trova. Da lì la narrazione cambia e inizia ad intrecciarsi sempre di più.

Quattro film in uno

Guardando il documentario, si capisce subito che non siamo davanti a un racconto lineare. Anzi, Un film fatto per Bene è se vogliamo un incrocio di ben quattro narrazioni che si intrecciano:

La prima narrazione riguarda la ricerca di Maresco stesso, con Umberto che vaga chiedendo “chi l’ha visto?” a seguito di una lettera ricevuta.

La seconda si concentra proprio sul film cosiddetto fantasma su Carmelo Bene, di cui restano spezzoni girati in pellicola, scene mai terminate, attori lasciati a metà. Una narrazione lasciata al caos, che da sola non poteva restare in piedi. Ad essa si accompagna il dietro le quinte, fatto di imprevisti, incomprensioni, attori disperati, frasi sussurrate all’orecchio da Maresco. Un modo per dare forma a ciò che non è mai stato e mai potuto essere. Fra set con scenari mozzafiato e set più intimi. Dove troviamo Francesco Puma, che sogna di diventare il nuovo Verdone.

Infine, l’archivio, costituito da immagini che ripercorrono la carriera di Maresco, dai tempi di Ciprì compreso lo scandalo di Totò che visse due volte censurato perché ritenuto “blasfemo e sacrilego”, fino a La mafia non è più quella di una volta. Il risultato? Un documentario che sembra sabotare se stesso, che si nutre del caos e che ride del cinema mentre lo racconta. Dove la vera chiave sembra essere l’autoironia.

L’arte di sabotare il proprio film

“Un film, di questi tempi, non si nega a nessuno”

dice Maresco in uno dei suoi voice over corrosivi. È qui che il regista mostra il suo vero volto: quello di un autore che ama e odia il cinema, che lo smonta pezzo per pezzo. Forse il suo piano era proprio questo: sabotare l’opera cinematografica per dare vita a qualcos’altro, qualcosa di nuovo. Le scene di backstage ricordano Two Times João Liberada, presentato a Berlino e poi a Pesaro: materiali grezzi di backstage che diventano cinema e confessioni che diventano struttura. La sensazione è che Maresco, ancora una volta, abbia usato l’imprevisto come linguaggio e l’errore come forma.

La sua Palermo riemerge come in passato, distopica e dolente, segnata da Tangentopoli e da Berlusconi, ma anche dalla malinconia di un cinema che non riesce a trovare posto nel presente.

Umorismo nero e invettiva

In mezzo a tutto questo, non mancano momenti comici da antologia. L’omaggio a Bergman, con la Morte che sfida il protagonista a scacchi come ne Il settimo sigillo (Presentato a Venezia nel 1957), ma con un Carmelo Bene che non sa neanche giocare o le frustrazioni sul set, tra attori confusi, produttori disperati e la sceneggiatrice Claudia Uzzo che ammette:

“Occhipinti è stato coraggioso”

Ma più di tutto, resta la voce di Maresco, sarcastica e amara:

“Sin da piccolo pensavo che la bellezza non avrebbe salvato il mondo, eppure continuavo a pensare che il cinema, l’arte in generale avesse ragione di esistere. […] La tecnologia rappresenta il riscatto di chi non sa fare niente. Oggi un film non si nega a nessuno.”

È il cinema che si guarda allo specchio e ride di se stesso. È Maresco che, tra amore e odio, non riesce a staccarsene davvero. Burlandosi di se stesso ed al contempo di chi ci crede veramente.

“Ecco perché, chi non sa fare niente, può sperare nel cinema.”

Un autoritratto impossibile

Un film fatto per Bene è un autoritratto in absentia, un diario che non vuole chiudersi. Non è un film su Carmelo Bene, e nemmeno davvero un film su Franco Maresco. È entrambe le cose, e nessuna delle due. È il tentativo disperato e comico di raccontare un autore che sfugge, che si dissolve, che preferisce sparire piuttosto che consegnare un’opera compiuta.

Forse il vero segreto sta lì: Maresco non voleva finire il film. Voleva mostrare che un film può esistere anche nell’assenza, nell’incompiuto, nel caos. Il film vive anche durante e non solamente come prodotto compiuto. Vive in quell’idiozia, come dice lui stesso. Dove c’è una leggerezza che oggi non possiamo più permetterci di ignorare.

Un film fatto per bene

  • Anno: 2025
  • Durata: 100 minuti
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Franco Maresco
  • Data di uscita: 05-September-2025