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Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

‘Two Times João Liberada’ e il fantasma della rappresentazione

Paula Tomás Marques firma un’opera che decostruisce il potere dello sguardo e riscrive la narrazione di genere attraverso il metacinema

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Two Times João Liberada di Paula Tomás Marques è un film che mette in discussione il cinema, la memoria e l’identità, attraverso il metacinema. Un’opera presentata alla Berlinale e ora presente alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro .

Questo film ci porta dentro e oltre la scena, oltre il set, oltre la finzione. Mescola immagini d’archivio, backstage, riprese in 16mm, animazioni incisorie e momenti di improvvisazione. Come a dire: la verità non è mai un’inquadratura sola. E ogni memoria è un montaggio. E ogni messa in scena è anche una messa in discussione.

Il doppio dentro il film

João interpreta Liberada, figura immaginaria ispirata a personaggi storici perseguitati dall’Inquisizione. Viveva da donna, e per questo venne giudicata colpevole. Come raccontano i vicini:

“Dicevano che si riferiva a se stessa al femminile, cosa che non coincideva con l’analisi invasiva fatta sul suo corpo: è per questo che i vicini hanno iniziato a chiamarla ‘She-Man’.”

La regista è chiara: “Non sappiamo davvero come si identificasse.” Non si tratta di assegnare un’etichetta, ma di interrogare lo sguardo che lo ha fatto.

Rendere visibile il backstage non è un vezzo, ma una rottura politica. Non un extra, ma una scelta precisa per includere ciò che di solito viene scartato: l’attesa, la preparazione, il dubbio. Un modo per svelare che ogni racconto, anche quello più empatico, porta con sé una responsabilità.

Il film come oggetto vivo

Tutto, in Two Times João Liberada, richiama l’idea che il cinema sia materia viva. Girato in pellicola 16mm, alterna colori psichedelici a viraggi monocromatici, come nei film muti, usando il blu per la notte, una scelta già sperimentata nel cinema delle origini.

“Volevamo girare in pellicola per avere qualcosa di fisico, di toccabile. Era il nostro modo di archiviare non solo le immagini, ma anche le discussioni, i pensieri, le esitazioni”

racconta Marques.

In una scena, João dorme con gli occhi aperti. Il fuoco è solo al centro. Intorno: distorsione, inquietudine. Lo spettatore non osserva: attraversa. Entra nella mente del personaggio, e vi rimane, come in un sogno lucido che non vuole più essere decifrato.

Restituire, non solo rappresentare

Marques si interroga su cosa significhi raccontare una vita queer del passato.

“È simile al modo in cui ci insegnano la storia nei manuali scolastici. Come se fosse oggettiva. Ma la storia è molto più disordinata.”

Per questo il film alterna linguaggi e registri, lasciando spazio al dubbio e all’ambiguità. Perché non c’è una verità da svelare, ma una stratificazione da ascoltare. La domanda non è solo “cosa raccontiamo”, ma da dove lo raccontiamo e attraverso chi.

Politiche del corpo, politiche della troupe

“Abbiamo cercato di avere una troupe prevalentemente LGBTQIA+, con donne in posizioni di leadership.”

Una scelta non accessoria, ma fondante. Il film è anche un processo di lavoro. Il potere si distribuisce, la regia si decentra, la troupe diventa parte del racconto. La regista sceglie consapevolmente una troupe composta in maggioranza da persone LGBTQIA+ e donne in ruoli chiave. Una produzione transfemminista che agisce i valori che mette in scena  Marques non costruisce solo un’opera, ma un ambiente. Il corpo filmico e il corpo collettivo coincidono.

In un momento centrale, il regista all’interno del film resta paralizzato. È un gesto metaforico.

“Non volevamo uccidere il regista, ma chiedergli di fermarsi e riflettere.”

È l’invito che Marques rivolge anche allo spettatore. Fermati. Chiediti chi stai guardando, e da dove lo stai guardando.

Non è un film sul crimine

Come in The Magdalene Sisters, Two Times João Liberada rifiuta di mettere al centro la violenza subita come spettacolo. Non interessa il fatto, ma il sistema che lo ha reso possibile.

“Quando usciamo, sembra che la speranza sia stata un’invenzione nostra. Il cambiamento non è sempre a portata di mano.”

Il vero centro è il processo, il dialogo, il cortocircuito tra l’immagine e la memoria. E la consapevolezza che ogni tentativo di ricostruzione storica è, in fondo, una scelta narrativa.

Un cinema che apre domande

Two Times João Liberada è un film queer nel senso più ampio del termine. Non solo per chi racconta, ma per come lo fa. Perché mette in crisi la linea retta della narrazione, sporca la forma, rompe la gerarchia.

Perché se ogni film è un’invenzione, allora tanto vale che sia un’invenzione necessaria. Che lasci spazio. Che sospenda il giudizio. Che faccia entrare anche chi non è mai stato visto davvero. E che ci ricordi che, a volte, raccontare non basta: bisogna anche restituire.

Two Times João Liberada

  • Anno: 2025
  • Durata: 70 minuti
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Portogallo
  • Regia: Paula Tomás Marques