Nella sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori della 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stato presentato Amata, l’ultimo film di Elisa Amoruso, in sala dal 16 ottobre per 01 Distribution. Un dramma su maternità, libertà di scelta e amore che a una struttura forse troppo programmatica contrappone interpretazioni sentite (Tecla Insolia, Miriam Leone, Stefano Accorsi, Donatella Finocchiaro) e un approccio empatico alla materia.
‘Amata’: la trama
La diciannovenne Nunzia (Tecla Insolia) si è da poco trasferita a Roma per frequentare l’università. Una gravidanza non desiderata, però, stravolge la sua vita mettendo in discussione tutte le sue certezze. Intanto, un’altra donna, Maddalena (Miriam Leone), sta vivendo una crisi con il compagno Luca (Stefano Accorsi) a causa di un figlio che rischia di non avere mai.

Un cinema di opposti
È un percorso registico insolito quello di Elisa Amoruso. L’esordio come sceneggiatrice e poi documentarista, il successo con il discusso Chiara Ferragni – Unposted e l’approdo al cinema di finzione con il semi-autobiografico Maledetta primavera e con il dittico sentimentale Time is Up. Un percorso fatto di svolte, cambi di rotta e formato (le serie Fedeltà e The Good Mothers), sempre giocato sull’alternanza tra titoli caratterizzati da uno sguardo più personale e film su commissione. Pur entrando a pieno titolo nella prima categoria, si potrebbe dire allora rifletta proprio questa tensione tra opposti Amata, dramma sulla maternità e le sue molteplici facce, anche quelle meno concilianti.
Ispirandosi all’omonimo romanzo di Ilaria Bernardini (anche sceneggiatrice), Amoruso, infatti, mette in scena due storie che si sfiorano senza (quasi) mai incontrarsi. Quella di Nunzia, che potrebbe essere madre ma non vuole e quella di Maddalena, che vorrebbe esserlo ma non può. È attraverso queste due storie di personaggi opposti eppure speculari che prende così forma un film che fa proprio dell’alternanza, dell’opposizione e dell’antitesi la sua ragione d’essere.
Tra coraggio e prevedibilità
Lavorando su ipotesi di storie possibili, giocando su aspettative e suggestioni sistematicamente negate, la regista parla così del peso della scelta nella vita delle sue due protagoniste, del loro senso di inadeguatezza e di un diritto al silenzio troppo spesso negato. Un tema forte, chiaro e sentito reso però talvolta rigido da una struttura che pare ingabbiare la sua stessa vicenda, condannata, nonostante le false piste disseminate lungo la pellicola, a seguire una strada tracciata sin dall’inizio.
Nella dolorosa presa di coscienza di Nunzia (la parte più riuscita e interessante, anche grazie all’interpretazione di Tecla Insolia), in un viaggio di formazione che, coraggiosamente, mette al centro proprio la sua libertà e il suo diritto all’autodeterminazione, sembra infatti esserci un che di programmatico. Uno schematismo di fondo che fa il paio con il percorso, speculare e antitetico, vissuto da Maddalena, rischiando di trasformare questi personaggi complessi, combattuti e sopraffatti dagli eventi in semplici funzioni di un discorso prestabilito.

Due sguardi in uno
Sta allora forse proprio nella sua incertezza iniziale, in quella mancanza di coordinate che rendono ambigue le sue due parabole, la parte più interessante di Amata. Storia di due donne solo apparentemente agli antipodi ma che in realtà rappresentano due facce della stessa medaglia. Il volto di un femminile che resiste a ruoli prestabiliti, fragile e allo stesso tempo combattivo, anche di fronte a un formalismo spesso ingombrante (il montaggio alternato onnipresente) e a un epilogo prevedibile (dal destino della bambina fino all’abusatissima immagine del bagno liberatorio).
Un film imperfetto dunque, sbilanciato nelle sue parti così come nelle due storie che racconta. Due film in uno che, alternandosi, richiamano, consapevolmente, altrettanti generi e registri differenti (la Roma popolare di Nunzia e quella borghese di Maddalena, con tutti i rimandi tematici ed estetici del caso). Due diversi sguardi sul mondo e sulla sua complessità, sul femminile e sulla maternità che trovano qui, sebbene forzatamente, una sintesi.