Lo scorso 7 gennaio 2025, un incendio è divampato nella Città degli Angeli colpendo le colline di Hollywood. Migliaia di acri di terreno sono stati distrutti e i residenti sono stati residenti costretti a evacuare.
Non sono state poche le preoccupazioni riguardo a una possibile cancellazione della cerimonia degli Oscar. Sono state sospese numerose produzioni cinematografiche e televisive e diversi eventi correlati sono stati coinvolti.
Dalla 30ª edizione dei Critics’ Choice Awards prevista per il 12 gennaio a Santa Monica e rimandata al 7 febbraio, fino alle tanto attese nomination posticipate al 23 febbraio, il mondo dell’intrattenimento ha subito una notevole battuta d’arresto.

La 97ª edizione degli Oscar si svolgerà presso il Dolby Theatre di Hollywood e verrà gestita per la prima volta da Conan O’Brien, ex conduttore e autore televisivo di programmi come lo storico Saturday Night Live (1987-1991).
La cerimonia si terrà ma non senza cambiamenti. Primo tra questi, la decisione di eliminare le performance musicali degli artisti in gara per la miglior canzone originale. Bill Kramer, CEO dell’Academy of Motion Picture Arts&Sciences, e Janet Yang, presidente dell’Academy, sembrano voler puntare a una cerimonia più contenuta sul lato della spettacolarità e maggiormente concentrata sulla celebrazione degli artisti.
And the Oscar goes to: miglior film
I Premi Oscar non sono solo una competizione per conquistare il maggior numero di statuette, occasione per artisti e registi di fidelizzare il pubblico e ottenere maggior prestigio e visibilità, ma hanno anche un grande impatto economico e mediatico sulla società.
Analizzando la storia degli Oscar è possibile segnare su una linea del tempo numerosi momenti diventati simbolo di mutamenti sociali.
Come dimenticare la vittoria di Hattie McDaniel nel 1940 che con Via col Vento è stata la prima donna afroamericana a ricevere un Oscar, o il trionfo del più recente Parasite nel 2020, quando il suo regista, Bong Joon-ho, ha segnato due primati: primo film in lingua non inglese e primo film sudcoreano a vincere il premio per il Miglior Film. Quest’anno a guidare la corsa, con tredici candidature, il discusso Emilia Pérez; a seguire The Brutalist e Wicked che concorreranno per dieci statuette. Questa 97ª edizione degli Oscar sicuramente segnerà un altro importante momento nella Storia del Cinema.

Karla Sofia Gascón, prima donna transgender a ricevere la candidatura come miglior attrice protagonista con Emilia Pérez, al netto delle querelle di questi mesi, sta segnando un passo importante per la comunità LGBTQ+ e per l’inclusione e la diversificazione nell’industria cinematografica.
Questa edizione degli Oscar si presenta come un melting-pot di narrazioni e di esperienze che, pur nella loro diversità, si intrecciano attorno a tematiche universali e mai come ora sono diventate urgenti: l’inclusione, la diversità e le sfide della società contemporanea.
Ogni film in gara evoca una profonda riflessione sulla condizione umana e offre una panoramica delle tensioni sociali e culturali che stanno caratterizzando la contemporaneità. In questa guida, scopriamo quali sono i film in gara e chi sono i protagonisti pronti a contendersi le ambite statuette.
Emilia Peréz di Jacques Audiard
Il film di Audiard (I fratelli Sisters) – musical su un boss del narcotraffico che vuole diventare donna- ha già fatto incetta di premi agli scorsi Golden Globe con 4 statuette vinte e continua a essere tra i favoriti di questi Oscar.
Nel cast del film a metà tra una commedia musicale e un poliziesco, anche Selena Gomez, nel ruolo della ex moglie di Manita, e Zoe Saldana (Avatar, Guardiani della Galassia)che interpreta Rita, avvocato che aiuterà il Boss nel suo iter di transizione.

Emilia Pérez è una favola amara, in cui canto e danza si intrecciano a una tragedia segnata dal dolore e dal rimorso. Una storia di pentimento che si trasforma in una dolorosa presa di coscienza sulla propria identità e che obbliga a confrontarsi con ciò che si è stati e con le conseguenze delle proprie azioni.
Audiard costruisce una narrazione dai toni visionari, più vicini al teatro che alla realtà, dando vita a un’opera che nasce e viene alimentata dalle emozioni contrastanti dei suoi personaggi.
Clicca qui per l’audiorecensione di Emilia Pérez.
Anora di Sean Baker
6 nomination agli Oscar per Anora, il dramedy diretto da Sean Baker (The Florida Project) dedicato al mondo delle sex workers e che racconta la storia di Anora Mikheeva, una giovane sex worker russo-americana che vive a Brooklyn.
Interpretata da Mikey Madison, Anora decide di sposare impulsivamente Ivan (Mark Eydelshteyn, candidato come migliore attore protagonista), eterno bambino e figlio di un oligarca russo. Quando la notizia del loro matrimonio raggiunge la Russia, la loro favola moderna, girata in 35mm, viene messa a dura prova.

Presentato in anteprima il 21 maggio 2024 al 77° Festival di Cannes, il film ha ottenuto la Palma d’Oro e elogi da parte di critica e di pubblico che ha rivisto in questa pellicola la storia di una Cenerentola moderna che fa riflettere su dinamiche di potere e di genere.
La performance di Mikey Madison è stata particolarmente apprezzata per la sua profonda umanità che dà voce e corpo a chi resta ai margini e a una generazione che vive di conflitti quotidiani, nell’illusione di poter controllare ciò che non può.
Con Anora, Sean Baker regala un altro spaccato delle contraddizioni della società contemporanea ritraendo una femminilità che lotta contro la repressione del corpo e contro l’inaccessibilità, per molti, a quel mondo di ricchi e privilegiati che non fa che inasprire le tensioni sociali.
Clicca qui per il trailer di Anora.
The Brutalist di Brady Corbet
The Brutalist, diretto da Brady Corbet, ha conquistato ben 10 nomination agli Oscar, inclusi i premi per miglior film, miglior regia, e per le interpretazioni di miglior attore e attrice protagonista.
Il film si distingue per la sua capacità di sfuggire alle logiche commerciali, creando un’opera epica girata in 70mm che impiega il formato VistaVision per raccontare la storia di László Tóth, un architetto ebreo ungherese che, dopo essere scampato ai campi di concentramento, emigra negli Stati Uniti nel 1947. Qui, l’architetto, si trova a vivere un lungo periodo di povertà, fino a quando un magnate decide di fargli vivere l’American Dream con un contratto che cambierà i successivi 30 anni della sua vita.

The Brutalist è un film che, attraverso il rapporto tra cinema e architettura (monumentale e brutalista), smaschera in maniera estremamente fine e delicata il fittizio sogno americano, quella “terra delle opportunità” rappresentata in tutte le sue contraddizioni, portando alla luce le difficoltà che un uomo deve affrontare nel tentativo di ricostruirsi una vita in un mondo che sembra non accoglierlo mai completamente.
A interpretare l’architetto brutalista László Tóth è Adrien Brody che, per questo ruolo, ha ricevuto una candidatura come migliore attore. Brody, dopo la vittoria con Il Pianista di Roman Polanski nel 2003, sembra essere uno dei candidati favoriti dall’Academy. Con la sua performance riesce a conferire al personaggio di László una profondità e complessità emotiva intensa che ben fanno percepire i tormenti di una vita segnata dall’orrore. In ogni gesto, in ogni silenzio riesce a rendere tangibile il conflitto interiore tra la sua visione artistica e le pressioni economiche e sociali a cui deve sottostare per ricostruirsi una nuova identità in una nuova realtà.
Clicca qui per il trailer di The Brutalist.
The Substance di Coralie Fargeat
La paura di essere sostituite, dimenticate, consumate dal tempo e dal sistema in cui ci si muove sono i temi centrali di The Substance, film di Coralie Fargeat (Revenge) candidato per 5 premi Oscar: miglior regia, migliore attrice protagonista per Demi Moore, miglior sceneggiatura originale e miglior trucco e acconciatura.
Fargeat riprendendo temi che portano alla memoria pellicole come Eva contro Eva e Inland Empire riapre il discorso sulla precarietà dell’identità femminile, sull’aging, sul male gaze e sulla mercificazione del corpo nell’industria dell’intrattenimento, arrivando a una amara conclusione.
Quello di The Substance è un orrore corporeo che perfettamente si manifesta con l’intensa interpretazione di Demi Moore nei panni di Elisabeth Sparkle, attrice Premio Oscar che conduce da anni un programma televisivo di ginnastica aerobica, ma che allo scoccare del suo 50° compleanno, viene licenziata dal produttore dello show, Harvey – interpretato da un inquietante e viscido Dennis Quaid.

Ormai sul “viale del tramonto” a Elisabeth non resta che assumere “la sostanza”, un liquido denso in grado di renderla una versione migliorata di sé stessa e di adeguare la sua immagine e il suo corpo a un ideale di bellezza imposto da uno sguardo esterno, maschile, finendo per essere divorata dalla sua stessa immagine.
Il personaggio di Sue, qui interpretato da una sensuale, bellissima e smaliziata Margaret Qualley, mostra come il male gaze possa diventare una pressione violenta, oppressiva, che non si limita a osservare, ma che si fa materica, plasmando e consumando una certa identità femminile civettuola, accondiscendente e autodistruttiva.
Clicca qui per il trailer di The Substance.
A Complete Unknown di James Mangold
Basato sulla biografia Dylan Goes Elecrtic! di Elijah Wald, A Complete Unknown di James Mangold, si concentra su un particolare periodo della vita di Bob Dylan e sulla rapida ascesa nel panorama musicale.
Mangold decide di raccontare uno spaccato della vita del cantante dal 1961 al 1965, periodo in cui era ancora un “perfetto sconosciuto”. Candidato per otto premi Oscar tra cui miglior regista, miglior attore e attrice non protagonista (Edward Norton, Monica Barbaro), miglior sceneggiatura non originale e miglior sonoro, A Complete Unknown è un film ben realizzato che riesce a calare lo spettatore nel clima della New York anni ‘60 alle prese con turbamenti culturali, politici ed economici.

In realtà, però, il biopic musicale di Mangold si regge interamente sulle performance dei suoi interpreti, primo fra tutti Timothée Chalamet che offre un’interpretazione carica e vibrante del cantautore in ogni piccolo gesto, nella mimica e anche nel timbro di voce, impegnandosi a cantare personalmente ogni brano del film.
Clicca qui per il trailer del film.
Conclave di Edward Berger
Sono otto le nomination per Conclave di Edward Berger. Thriller, tratto dall’omonimo romanzo di Robert Harris, ambientato nel Vaticano con protagonista Ralph Fiennes nei panni del cardinale Thomas Lawrence, che si trova a dover dirigere il conclave in seguito alla morte del Papa.
A rendere questo un film da Oscar è l’inquietudine che emerge dalla composizione di immagini simmetriche e verticali che danno un senso claustrofobico e orrorifico a una storia che tratta di uomini e di potere – e che potrebbero valergli l’Oscar nelle nomination per i premi tecnici. Il cardinale Lawrence, infatti, si troverà a dover affrontare una fitte coltre di tradimenti, intrighi e giochi di potere in vista dell’elezione del nuovo Papa, ricordando a tratti Todo Modo, pellicola del 1976 di Elio Petri.

In Conclave emerge forte l’ipocrisia di un microcosmo capace di influenzare la nostra società. Il taglio politico è visibile nella morale del film: nessuno è privo di peccato. Tutti, nelle loro azioni, sono spinti dalla brama di potere.
Forse, però, il personaggio, o per meglio dire, la personaggia più interessante è quella di Suor Agnes interpretata da Isabella Rossellini, candidata al suo primo Oscar come miglior attrice non protagonista. Nella sua rigidità, nei suoi silenzi autorevoli, nel suo essere obbediente emerge forte una presenza ingombrante in contrasto con quella maschile dei cardinali.
Clicca qui per il trailer di Conclave.
Io sono ancora qui di Walter Salles
Siamo in Brasile nel 1971, momento in cui il paese è nella morsa sempre più stretta della dittatura militare. Walter Salles su questo sfondo racconta una storia che da particolare si fa universale, riprendendo il memoriale di Marcelo Rubens Paiva sulla scomparsa di suo padre, Rubens Paiva ex deputato laburista.
Candidato per miglior film, migliore attrice protagonista e miglior film internazionale, con Io sono ancora qui, il regista continua a raccontare gli orrori della dittatura brasiliana dei suoi precedenti film, ma mettendo il fermo immagine sui desaparecidos e su cosa deve affrontare chi resta.

La quotidiana felicità della famiglia Paiva viene improvvisamente sconvolta dal sequestro del padre. A mantenere le redini di questa famiglia numerosa è la moglie di Rubens, Eunice Facciolla, interpretata da Fernanda Torres costretta a convivere con il dolore e l’incertezza. Moglie e madre, la forza del suo personaggio diventa perno emotivo del film, anche in uno dei momenti più dolorosi: l’abbandono della casa, centrale nella storia, diventando prima rifugio e poi spazio di una memoria identitaria.
Salles obbliga il confronto con la memoria e il dolore/terrore collettivo del Brasile servendosi di un film familiare, sviluppandone l’arco narrativo dagli anni ‘70 fino al 2014, in un affresco sempre misurato e delicato che si snoda attraverso immagini d’archivio e fotografie ingiallite.
Clicca qui per il trailer di Io sono ancora qui.
Nickel Boys di RaMell Ross
Miglior Film e miglior sceneggiatura non originale potrebbero sorprendere e andare a RaMell Ross per Nickel Boys, non uno dei favoriti, ma forse visivamente – e non solo – uno dei più interessanti.
Ambientato nel 1962 a Tallahassee in Florida, il film è girato interamente seguendo il punto di vista in prima persona dei personaggi principali. La storia parla di razzismo, di violenza, di crudeltà e di segregazione razziale in un momento storico in cui a farla da padrona sono le leggi Jim Crow.

Protagonisti due giovani ragazzi afroamericani: Elwood Curtis (Ethan Herrisse) che per uno strano scherzo del destino si trova a dover scontare una pena in un riformatorio minorile, la Nickel Academy, dove fa la conoscenza di Jack Turner (Brandon Wilson), un altro detenuto che lo aiuterà a sopravvivere all’interno del duro e violento sistema di detenzione. Un film quanto mai attuale in questo periodo storico.
Clicca qui per il trailer del film.
A Real Pain di Jesse Eisenberg
Acclamato da pubblico e critica, A Real Pain, diretto e interpretato da Jesse Eisenberg, è in corsa per due Oscar: miglior attore non protagonista per Kieran Culking – che qui si muove tra una recitazione ironica, comica e straziante al tempo stesso, regalando un interpretazione ben misurata- e miglior sceneggiatura originale per Eisenberg.

Eisenberg ha raggiunto il perfetto equilibrio tra commedia e dramma in questo road movie che segue la storia di due cugini ebrei statunitensi, molto diversi tra loro e che, per commemorare la morte dell’amata nonna sopravvissuta alla Shoa, decidono di intraprendere un “Tour dell’Olocausto” fino in Polonia.
In A Real Pain, Eisenberg sceglie di usare la storia e le tensioni familiari irrisolte per dar voce a un’altra prospettiva della tragica storia del passato ebraico, senza cadere in pietismi ma riuscendo a restituire il dolore della memoria storica nell’essenzialità dei dettagli emotivi di una generazione che deve fare i conti con un passato che resta dolorosamente ingombrante.
Clicca qui per il trailer di A Real Pain.
The Apprentice di Ali Abbasi
2 candidature anche per The Apprentice, biopic diretto da Ali Abbasi che esplora le origini dell’attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Migliore attore protagonista per Sebastian Stan e migliore attore non protagonista per Jeremy Strong per un film retto interamente dalla loro interpretazione, rispettivamente, del magnate dell’edilizia Trump e dello spietato e potente avvocato lobbista e consigliere del senatore McCarthy, Roy Cohn.

Abbasi scegli di raccontare l’ascesa di Trump attraverso una fotografia sporca, patinata e focalizzando l’attenzione sugli anni ‘70 e ‘80, momento in cui Trump sta cercando di consolidare il suo potere economico e politico attraverso l’attività immobiliare.
Il regista descrive un personaggio che sembra essere attinente a ciò che mostra il Trump presidente disegnando nei minimi dettagli un uomo senza scrupoli, ma non privo di valori morali (seppur opinabili), pronto a tradire amori e amicizie pur di soddisfare la sua bramosia di potere. A colpire maggiormente è però l’interpretazione che Jeremy Strong dà di un machiavellico Roy Cohn. Spietata guida che gli insegnerà l’arte dell’inganno, della manipolazione e dell’intimidazione per diventare il Re della corruzione.
The Apprentice è disponibile su Now tv.
Sing Sing di Greg Kwedar
Migliore attore protagonista a Colman Domingo, miglior sceneggiatura non originale e miglior canzone originale per Sing Sing di Greg Kwedar che sceglie di raccontare del potere trasformativo dell’arte all’interno del sistema penitenziario del Sing Sing Correctional Facility, carcere di massima sicurezza a Ossining, nello Stato di New York.

Basato su eventi realmente accaduti, l’intenso dramma di Kwedar, segue un gruppo di detenuti coinvolti nel programma Rehabilitation Through The Arts, mostrando come il teatro possa essere un potente mezzo di catarsi per crescere, cercare riscatto e per ispirare gli altri. Per dare un ulteriore tocco di autenticità, sono stati inclusi nel cast ex detenuti che hanno davvero partecipato al programma.
Clicca qui per il trailer di Sing Sing.
Dune – Parte due di Denis Villeneuve
Seconda parte dell’adattamento dell’omonimo romanzo distopico di Frank Hebert, Denis Villeneuve con Dune – Parte Due, senza troppe sorprese è riuscito a ottenere 5 nomination. Oltre a miglior film, come si poteva presagire, il film è in lizza per alcuni dei più ambiti premi tecnici: miglior fotografia a Greig Fraser, miglior scenografia a Patrice Vermette, Tom Brown e Shane Vieau, miglior sonoro a Richard King e migliori effetti speciali a Gerd Nefzer e Paul Lambert, già vincitori per Dune-Parte Uno (2021).

Il kolossal fantascientifico di Villeneuve con Timothée Chalamet e Zendaya riprende la narrazione con Paul Atreides e sua madre Jessica (Rebecca Ferguson) che, dopo la devastazione inflitta dagli Harkonnen, trovano rifugio tra i Fremen nel deserto di Arrakis. Qui, Paul deve confrontarsi con quello che sarà il suo destino di leader messianico in una serie di sequenze oniriche e immersive dall’atmosfera curata in ogni minimo particolare.
Dune -Parte Due è disponibile in abbonamento su Now tv.
Wicked di Jon M. Chu
La prima parte del lungometraggio ambientato nel magico mondo di Oz è riuscito a ottenere 10 nomination tra cui miglior film, migliore attrice protagonista per Cynthia Erivo nei panni di Elphaba e miglior attrice non protagonista per Ariana Grande che interpreta Glinda, anche se, senza nulla togliere al lavoro fatto dalle due sui loro personaggi, sono i premi tecnici ad essere i più attesi per Wicked.
Sonoro, montaggio, costumi, scenografia e effetti speciali sono i punti forti del film che riescono a ricreare perfettamente le atmosfere dell’omonimo musical di Broadway di Winnie Holzman e Stephen Schwartz. Curato in ogni suo minimo particolare, il musical di Jon M. Chu riesce a far immergere lo spettatore nel magico regno di Oz, anche per le riprese che si sono svolte presso gli Sky Studio Elstree nei pressi di Londra e nella cittadina di Ivinghoe.

Dietro l’impianto fantasy, non mancano riferimenti alla società contemporanea, in un momento storico particolarmente difficile dove le diversità sembrano non essere più ben accette. Attraverso i rapporti che si instaurano tra Elphaba e Glinda e tra Elphaba e gli altri personaggi vengono dati stimoli per pensare alle odierne dinamiche di potere che giocano sull’esclusione, l’emarginazione e il pregiudizio.
La tensione tra il restare fedeli a sé stessi e la propria immagine pubblica è un altro interrogativo posto in Wicked che aiuta a riflettere su quali siano le reali dinamiche dei social media e su quale sia l’effettivo potere mediatico dei sistemi di comunicazione sulla nostra realtà.
Clicca qui per il trailer del film.
Oscar 2025: i candidati al miglior film internazionale
Particolarmente interessanti sono invece le nomination per il miglior film internazionale dove ritroviamo Emilia Pérez di Audiard e Io sono ancora qui di Salles. Data la qualità di questa sezione, però, non è affatto detto che l’ambita statuetta vada a uno tra questi due. The girl with the Needle del danese Magnus von Horn e Il seme del fico sacro dell’iraniano Mohammad Rasoulof potrebbero riservare delle sorprese.
Il primo, ispirato a una terribile storia vera e interamente girato in assenza di colore, con un bianco e nero espressionista, è ambientato nella Copenhagen del 1918 per raccontare la triste e crudele storia di Karoline (Vic Carmen Sonne) che deve fare i conti con orrori della guerra, tradimenti, amori disillusi e bambini indesiderati.

Il seme del fico sacro dell’iraniano Rasoulof è un film dichiaratamente politico. Girato interamente in interni e in maniera clandestina per eludere la censura, questo film svela non tanto velatamente i problemi di vivere e crescere in un sistema repressivo, dove fulcro narrativo sono le donne della storia, non solo familiare ma dell’intero paese.
Oscar 2025: Flow, la nomination iaspettata
Ultimo film in corsa è Flow – Un mondo da salvare del lettone Gints Zilbalodis. Il film ha ottenuto una nomination anche come miglior film d’animazione, segnale di come l’Academy stia iniziando ad aprirsi maggiormente alle produzioni di nicchia e all’animazione d’autore.
Flow si distingue per la sua narrazione essenziale e per la totale assenza di umani e di dialoghi. Protagonisti della storia, un gruppo di animali – un gatto nero solitario, un Labrador entusiasta, un capibara tranquillo, un irascibile lemure e un ucello impassibile- che devono collaborare tra loro per sopravvivere a una improvvisa inondazione che minaccia di distruggere le loro case e la loro esistenza.

Il film parla di un mondo consegnato alla natura, un mondo in rovina, in parte sommerso, tema quanto mai attuale al giorno d’oggi. Un mondo realizzato attraverso il fotorealismo delle immagini che miste a suoni e versi realistici degli animali, rende ancora più suggestiva e immersiva la visione.
Oscar 2025: Il miglior film d’animazione
Come ogni anno almeno un film Disney-Pixar deve esserci tra le candidature e a questo giro la nomination per il miglior film d’animazione è andata a Inside Out 2 che nonostante non si discosti troppo dal primo film, ha comunque saputo conquistarsi il favore di pubblico e di critica, ma questo basterà a fargli vincere la statuetta? È innegabile che in questa 97ª edizione degli Oscar, infatti, i grandi Studios potrebbero vedersi strappar via la statuetta dalle piccole case del cinema indipendente.
Oscar: rivalità tra animazione indipendente e grandi Studios
Oltre al lettone Flow, in un territorio più autoriale si fa strada il film, girato in stop-motion, dell’australiano Adam Elliot che dopo 15 anni torna con Memoir of a Snail. Attraverso una narrazione intimista e delicata esplora temi come la solitudine, la perdita e la crescita personale con estrema delicatezza visiva. Servendosi di flashback e lettere, il film costruisce il suo racconto bilanciando malinconia e black humor, per aprire la riflessione sulla necessità di guardare avanti per non restare prigionieri del proprio passato.

Nella cinquina, ha trovato posto anche il duo comico in plastilina più famoso dell’animazione. Con Wallace&Gromit-le piume della vendetta, la Aardman Animations (insieme a Netflix) è riuscita a conquistare una nomination grazie al suo stile tipicamente britannico e alla cura artigianale che si nota in ogni piccolo dettaglio. Il film in stop-motion, diretto da Nick Park e Merlin Crossingham, con un linguaggio e una storia chiara, apre un’importante riflessione sul rapporto tra AI e natura non senza riferimenti culturali pop e gag slapstick che contraddistinguono da sempre la serie.
A chiudere la cinquina Il Robot Selvaggio. Il film prodotto dalla DreamWorks Animation e diretto da Chris Sanders riprende il tema uomo-natura e il rapporto con la tecnologia e la robotica, riuscendo a toccare corde emotive con maggiore intensità della rivale Pixar.
Raccontando la storia di Roz, un robot che si ritrova su un’isola selvaggia e diventa madre adottiva di un piccolo di oca, vuole far riflettere sulla genitorialità, sull’accettazione di sé e sul pregiudizio, toccando marginalmente anche le questioni LGBTQ+. Avventura, comicità e dramma sono perfettamente bilanciati, nel tipico stile della Casa, ma a colpire maggiormente è l’ambientazione incredibilmente naturale e resa con una texture pittorica, quasi ruvida, che riesce a far immergere emotivamente e visivamente lo spettatore nella storia.

Oscar 2025: il nuovo maestro dell’horror
Robert Eggers è il nuovo maestro dell’orrore. Un orrore primordiale, vibrante e carnale che ha colpito l’Academy ricevendo la nomination per 4 Oscar tecnici – miglior scenografia a Craig Lathrop; miglior fotografia a Jarin Blaschke; miglior costumi a Linda Muir e David Schwed; miglior trucco e acconciatura a Emily Barler – con il suo Nosferatu.
Chiamarlo remake pare riduttivo per un un film che non si riduce a essere solo un omaggio a Murnau, ma che diventa un’incursione profonda in uno dei miti più frequentati da cinema e serials: il vampiro.

Il Nosferatu di Eggers riesce a restituire quel senso orrorifico, di perturbante in senso freudiano allontanando ogni patina di romanticismo alla sua rilettura dei personaggi, tutte creature spettrali e allo stesso tempo profondamente umane nella loro decadente paura dell’ignoto.
Non sorprenderebbe vedere Eggers trionfare in ogni categoria tecnica per cui Nosferatu è stato candidato. Luci, suono, montaggio, costumi e scenografia sono tutti perfettamente bilanciati in una continua ricercatezza estetica e una perfezione narrativa capace di creare atmosfere inquietanti e visionarie richiamando e rendendo omaggio al cinema dei grandi Maestri.
Clicca qui per il trailer di Nosferatu.
In Italia la 97ª edizione degli Oscar andrà in diretta su Rai 1, e sarà visibile anche in streaming sul sito RaiPlay il 3 marzo 2025 dalle ore 1:00 alle ore 4:00.