Presentato a Maremetraggio – International ShorTS Film Festival, il cortometraggio Hilda Ha. Off the Grid, di Eva Kübar, racconta un anno nella vita di Hilda Ha, una donna tedesca, libera, leggera e istintiva che lavora la creta, che plasma la sua vita.
Una madre (interpretata da Simone Schulze), insieme alla sua bambina di un anno e mezzo (Muni Schulze), decide di vivere con calma, lentamente, senza stress, senza bisogni o esigenze particolari. Lei che non vuole più oggetti di quanti ce ne possano stare in sedici metri quadrati.
Off the Grid
Staccati dalla rete, umana, tecnologica, industriale. Sconnessa, Hilda Ha non manifesta con cartelloni o megafoni a maratone o a manifestazioni tipo ‘Fridays For Future‘. Ma salva il pianeta in modo silenzioso, vivendo fuori dal mondo, in una casa costruita da lei stessa nel sud dell’Estonia insieme alla sua piccolina, senza acqua né elettricità. Anche se può sembrare estremo, per Hilda Ha è il modo più normale e naturale di vivere. È una sua scelta. Una scelta, quella di costruirsi la casa, ripararla, andare quotidianamente a cercare l’acqua per bere e lavarsi, cercare la legna per scaldarsi, usare le candele per illuminarsi quando i pannelli solari non bastano più a far funzionare una lampada.
Non ci sono bollette, mutui o ipoteche, nessun bisogno di lavorare dalle 9 alle 17, nessun cartellino da timbrare, nessuna tassa o imbottigliamento nel traffico.
Accanto a lei solo alberi che svettano verso il cielo, prati che accarezzano le tempie, un fuoco che gorgheggia, la neve che disseta e i suoi due cani, fedeli compagni.
Perché di base, dice, “non siamo molto diversi dagli insetti, ciascuno tenta di sopravvivere mangiare, dormire, riprodursi”.
Il pianeta, noi e il futuro
Hilda Ha fa tutto questo non per salvare il pianeta, che è sempre sopravvissuto ad altri immensi disastri. Lo fa per salvare sé stessa e il futuro di sua figlia.
Come Henry David Thoreau, questa donna impavida vive nei boschi, linfa vitale e respiro dell’infinito. In fondo, anche qui, si capisce che l’uomo è artefice del proprio destino, un essere unico e meraviglioso, senziente, legato alla vita da sensazioni ed emozioni.
Una vera e propria prova di sopravvivenza e una testimonianza all’umanità: l’uomo riesce a vivere anche in condizioni di povertà materiale, e, anzi, da queste può trarre una maggior felicità imparando ad apprezzare maggiormente le piccole cose.
“Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto. Il fatto è che non volevo vivere quella che non era una vita a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, succhiare tutto il midollo di essa, volevo vivere da gagliardo spartano, per sbaragliare ciò che vita non era, falciare ampio e raso terra e riporre la vita lì, in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici”. Henry David Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi
Eva Kübar, nata nel 1981, è una regista, pedagogista e critica culturale estone. Ha recentemente completato il documentario Feathers or Glamour e il lungometraggio documentario Experts of Love. Si è laureata alla Baltic Film and Media School.