Sinossi: Nell’estate del 1975, Pier Paolo Pasolini è impegnato al montaggio di uno dei suoi film più discussi, Salò o le 120 giornate di Sodoma, e nella stesura del romanzo Petrolio, un atto di accusa contro il potere politico ed economico dell’epoca. Durante la sua personale indagine sulle trame della corruzione politica, Pasolini s’imbatte in Giorgio Steimetz, uno strano personaggio dal nome di fantasia, che ha scritto un libro di denuncia contro Eugenio Cefis, l’uomo dell’ENI, della Montedison e della P2. Il libro, intitolato Questo è Cefis, è sparito dalla circolazione a quarantotto ore dalla sua uscita, e il suo autore è costantemente pedinato dai servizi segreti. Ma Pasolini non può sapere che i suoi incontri con Giorgio Steimetz vengono puntualmente osservati e registrati da spie molto ben organizzate. Intanto, da mesi ha una relazione con Pino Pelosi, un giovane sottoproletario romano che ha legami con il mondo criminale della capitale. Una notte, alcuni amici di Pelosi rubano il negativo di Salò e chiedono un riscatto esorbitante. Il loro vero obiettivo non sono i soldi, ma uccidere Pasolini.
Recensione: È sempre difficile scrivere o recensire un film che riguarda Pier Paolo Pasolini. E scusate se troverete la parola “mediocrità” più volte, perché non trovavo un modo migliore per rappresentare il nostro Paese. Perché, lo sappiamo, o per chi ancora non lo sapesse, si tratta di parlare della figura dell’intellettuale più libero (forse l’unico libero) che il nostro Paese abbia conosciuto. Un Paese che ha avuto la fortuna di averlo, un Paese che in alcuni casi lo disconosce. La sua libertà ha dato fastidio a tanti, ai potenti, ha infastidito un Paese mediocre e borghese. Di questo si tratta, parlare di Pasolini è sempre riversare la verità su un Paese che naviga nell’ipocrisia, facendo finta di vivere in maniera perfetta.
C’è un’importante considerazione da fare su La macchinazione di David Grieco, ovvero che chi ha creduto fermamente in questo film è un regista che ha conosciuto Pasolini fin da quando era bambino; Pasolini era un amico di famiglia di Grieco. Per cui chi scrive questa recensione non può fare altro che credere in quello che ha visto, ovvero un film/documento sulla ‘vicenda’ Pier Paolo Pasolini. Il paradosso di questo Paese piccolo, senza speranza, è proprio questo: la figura del maggiore intellettuale italiano è stata ridotta a essere una ‘vicenda’. C’è chi si è sempre soffermato sulle scelte sessuali di Pasolini, sempre e comunque pronto a descrivere quel lato di una sessualità che ovviamente a quei tempi non era vista di buon occhio. C’è chi ha fatto passare Pasolini come un “depravato” (mi perdoni Pasolini per questa espressione). Chi come il seppur illustre Abel Ferrara ha deciso di soffermarsi sul suo ultimo giorno di vita, raccontando di un Pasolini solo alla ricerca di un pompino da un giovanotto di borgata. Per fortuna David Grieco è riuscito a costruire i fatti (non che non si sapessero), raccontando un Pasolini nella sua attività, nel suo essere intellettuale, nel vivere la sua borgata, nella sua voglia di tirare calci ad un pallone. È riuscito a raccontare la parte intima come quella pubblica, anzi la bellezza de La macchinazione è che riesce a descrivere un Pier Paolo Pasolini che NON HA PAURA. Sì, anche nella sua voglia di amare, perché come viene bene fuori dal film, Pier Paolo Pasolini aveva una relazione con Pino Pelosi, che il nostro Paese non riesce ad accettare, come se Pasolini costringesse quel ragazzo a stare con lui.
La macchinazione tratta del Nostro Pier Paolo Pasolini, impegnato a cercare la verità. Impegnato a smascherare quell’Italia sporca. È stato assassinato Pasolini, il suo assassinio, tra l’altro brutale, pieno di vigliaccheria e ignoranza, viene raccontato nei minimi particolari. Un’ottima regia, una scelta musicale, quella dei Pink Floyd, che attraversa bene gli anni vissuti da Pier Paolo Pasolini con le luci e le ombre che si portano dietro. Ora, chi ha ucciso Pasolini per il regista è chiaro e limpido. Chi ha sporcato la sua libertà, deridendolo e infangandolo è chiaro nel film. Sarebbe bello che questo Paese nel guardare La macchinazione riuscisse finalmente ad avere un’opinione condivisa su quanto è accaduto quella notte all’Idroscalo di Ostia. C’è una generazione che ha mangiato sulle spalle di Pasolini, gente che è diventata tutto quello che lui disprezzava, però se ne fa vanto. Tutti si riempiono la bocca di “Pasolini”, ma nessuno pare voglia davvero scoprire la verità. Sono passati anni è la morte del più grande intellettuale italiano è ancora sepolta. Perché? Fossimo un Paese normale dovremmo vantarci di aver avuto Pasolini, e invece, considerato il fatto che siamo un Paese di una mediocrità infinita senza quasi un barlume di speranza, cerchiamo a tutti i costi di infangarlo.
Punto due (breve): Massimo Ranieri. Non c’è niente da fare…una scelta perfetta, in alcune inquadrature sembra proprio Pasolini. Massimo Ranieri è un mostro di bravura, giù il cappello. Non mi viene altro da scrivere. Solo, davvero, complimenti.
Graziella Balestrieri