Fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Broken English è uno dei titoli più sorprendenti, emozionanti e illuminanti di questa 82esima edizione. Jane Pollard e Iain Forsyth ne sono i registi, ma anche i meravigliosi creatori. La coppia di cineasti torna così a dipingere in immagini il ritratto di un’icona musicale. Era infatti il 2014 quando il loro 20,000 Days on Earth venne alla luce regalando ai fan di Nick Cave (ma non solo) emozioni indelebili. Lo stesso accade con Marianne Faithfull, esponente di spicco della Swinging London negli anni Settanta, bistrattata dai media e malgiudicata quando ancora teenager. Con questo documentario, la celebre cantautrice ritrova la sua giusta dimensione e importanza.
Broken English | La trama
Al Ministero della Nondimenticanza (un’istituzione cinematografica immaginaria), ogni giorno arrivano soggetti da selezionare e approvare. Se ne occupa, con attenzione e severità, il supervisore (che ha il volto di Tilda Swinton). Con lei lavora un giovane (George MacKay) che ha il compito di intervistare e registrare le risposte dei prescelti. Dopo essere stata accolta e messa a sua agio, Marianne Faithfull comincia a ricordare, in questo viaggio a ritroso costellato di voci, immagini, sensazioni.
Nata a Londra nel 1946, Marianne ha raggiunto il successo molto giovane, prima con i Musicarelli poi con alcuni piccoli ruoli cinematografici. Nel frattempo, la complicata storia con Mick Jagger la portano inevitabilmente in un baratro, da cui riuscirà a riemergere con l’album Broken English (1979). Da quel momento non si è più fermata sino a quando, nel 2020, il Covid non ne ha debilitato il fisico, conducendola alla morte, il 30 gennaio 2025, all’età di 78 anni.
Un documentario unico, emozionante e prezioso
La particolarità del progetto è nell’idea alla base, che ne guida la struttura e lo rende assolutamente unico. Tra la musica della Faithfull, le suggestioni di tutta un’epoca tra le più vive di sempre e le domande a cui Marianne risponde senza filtri ma con tanta naturalezza e onestà, ci si ritrova immersi in un’altra dimensione. Ed è un piacere per gli occhi, il cuore, l’anima. Scoprire un personaggio come Marianne Faithfull dà la sensazione di arricchirsi, almeno per chi ne sapeva poco o nulla. Per chi invece l’ha conosciuta e apprezzata, sembra di ritrovare una vecchia e cara amica, a cui il tempo può aver cambiato l’aspetto ma non lo spirito, l’energia, la passionalità e quel fascino che solo gli artisti veri posseggono. Attraverso un grande e attento lavoro sul materiale d’archivio e le voci di personaggi come Suki Waterhouse e Courtney Love, il ritratto della Faithfull trova una sua splendida completezza.
Ovviamente, dietro la realizzazione di un’opera così riuscita ed emozionante, non poteva non esserci la diretta interessata. Marianne è stata infatti coinvolta sin da subito, accettando con slancio la proposta della Pollard e di Forsyth. La comunione di intenti, insieme al desiderio di raccontare una storia che potesse essere non solo emblematica ma soprattutto essenziale – al fine anche di restituirle giustizia – ha fatto sì che le emozioni scorressero libere e potenti.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.