La casa di Ninetta, di Lina Sastri, è tratto dal racconto scritto in tre giorni dopo la morte della madre. Lina Sastri, ora regista, ne aveva già curato il monologo nella versione teatrale, prima della sua resa cinematografica. Ora Al Rome Independent Film Festival, dopo la presentazione in anteprima al Bifest.
Il film è prodotto da Run Film, Salina, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura e con il sostegno di Film Commission Campania.
La casa di Ninetta La trama ufficiale
La casa di Ninetta racconta di una donna luminosa e speciale, la mamma di Lucia (Lina Sastri), che è un’artista e ha un rapporto di grande amore con la madre. Accudita da tre badanti perché affetta da Alzheimer, Ninetta vive in una casa a Napoli, dove Lucia va a trovarla ogni volta che può. La voce narrante di Lucia ci guida attraverso la storia della famiglia, dal presente al passato, seguendo il flusso della memoria…..(Sinossi ufficiale del festival).
La casa di Ninetta Una donna luminosa
Una donna luminosa, dice per prima cosa la trama del film. Il personaggio di Ninetta (Maria Pia Calzone/Angela Pagano) mantiene il suo splendore per tutta la narrazione. Ora, così anziana, ruba i gioielli lasciati per casa, non per il loro valore, ma per la luce, e le ridono gli occhi. I rinari vanno e vengono, dice da giovane, mentre cerca di appagare il suo bisogno di chiarezza, e di chiarore, nella vista del mare dalla finestra, o nel vestito color acqua marina comprato alla figlia. Ninetta giovane, nel suo incedere lieve, richiama alla mente la poesia di Giorgio Caproni, dedicata alla madre, Per lei:
Per lei voglio rime chiare,/usuali:in-are./Rime magari vietate,/ma aperte:ventilate/
Rime coi suoni fini/ (di mare) dei suoi orecchini/ o che abbiano coralline/ le tinte delle sue collanine.
Lina Sastri e Angela Pagano in una scena del film. Foto dal sito ufficiale del festival (RIFF 2024)
O sole mio, il canto di Ninetta
Ed è luminosa, nel presente, anche la casa, grande abbastanza per contenere lei, le tre badanti e Lucia. La confusione della mente di Linetta non è resa con luoghi oscuri, bensì con la limpidezza delle stanze, rese così per il sole che entra dalle finestre a schiarire ancora di più il bianco delle pareti. Mentre lei, ora, canta O sole mio davanti alla televisione, e rivive senza più ombre la leggerezza del passato.
Lucia arriva a Napoli, da Roma, con il treno che costeggia il mare. È estate, o quasi. Nella stradina in cui vive la madre lo stacco forte tra le luci e le ombre disegna figure geometriche nette, sulle quali Lucia, in seguito vestita di bianco, e di rosso alla fine, sembra camminare lieve e sicura. Allegra. Perché andare a visitare la madre molto anziana non è un’incombenza da sbrigare, come, ahinoi, spesso succede. È l’occasione per stare intimamente con lei, usando fino in fondo il poco tempo che rimane.
E il suo passo sui tacchi delle scarpe rosse comprate con la logica di Ninetta che i rinari vanno e vengono ricalca molto quello della madre. Leggera e sicura, alla stessa maniera. E luminosa!
Il recupero del passato
È un film struggente, La casa di Ninetta. Commuovono molto le scene della mamma da giovane (bella e solare, Maria Pia Calzone) che attraversa la vita con lievità, nonostante i dispiaceri per un marito sbruffone, infedele, inaffidabile, prima di farsi addirittura cattivo e incattivito (Massimo De Matteo). Una brutta persona, di quei narcisisti che sanno come sedurre, ammaliare, fino a costruire relazioni tossiche e imprigionarvi le donne che li amano troppo.
Maria Pia Calzone e Massimo De Matteo in una scena del film. Foto ufficiale del festival (RIFF 2024)
Passato e presente si alternano, legati sempre da uno spunto emotivo, che tiene insieme lo sguardo benevolo sul mondo di Ninetta giovane, e quello colmo di gratitudine della figlia, oggi. E un paio di scene parecchio drammatiche che ricordano da vicino il teatro di De Filippo, nel quale Lina Sastri ha lavorato agli esordi.
Lina Sastri regista
Una regia sapiente, quella di Lina Sastri, nonostante sia alla prima esperienza. Ma ha lavorato, lo sappiamo, con i migliori registi, fino alla dimestichezza con il linguaggio del cinema, al quale ha aggiunto la sua firma originale e la capacità di rendere i sentimenti. Ne La casa di Ninetta, dialoghi, scene, scenografia e sceneggiatura concorrono a un’armonia che non ci distrae dall’assaporare le emozioni in tutte le sfumature. L’equilibrio delle inquadrature, l’uso dei colori (il passaggio dal bianco delle lenzuola stese, ai colori pastello), le recitazioni anche nei ruoli secondari: tutto è misurato, a contenere l’inconfondibile esuberanza chiassosa di Napoli.
La Napoli di Eduardo
Siamo grati a Lina Sastri per una lingua che non ha bisogno di sottotitoli. Tanto più in un periodo in cui le parlate regionali incomprensibili ai più ci hanno davvero stancato. E per la restituzione di una città così autentica, nei sapori, nei colori, nelle parole. Verrebbe voglia anche a noi di essere così in confidenza con Napoli, dopo aver visto La casa di Ninetta! Chi scrive si è innamorata della figura di Gigino, anzi, Giggino (Luigi Credentino), il dirimpettaio che gestisce il gioco del bingo a casa sua. L’estrazione dei numeri in quell’interno (tutte donne, la caffettiera in vista) potrebbe entrare di diritto nel teatro di Eduardo.
“All’interno della casa di Ninetta si parla dell’amore, della violenza, della famiglia, del dolore, della gioia e infine di Napoli, città misteriosa e magica, sospesa fra realtà e immaginazione, fra il presente e il passato”. (Filmitalia)