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Rome Independent Film Festival

‘Non chiudete quella porta’ – La resistenza di Porta Portese

Lo storico mercato delle pulci di Porta Portese è il protagonista del documentario 'Non chiudete quella porta' in concorso alla XXIII Edizione del RIFF - Rome Independent Film Festival

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Il documentario Non chiudete quella porta di Francesco Banesta e Matteo Vicentini Orgnani, in concorso alla XXIII Edizione del RIFF – Rome Independent Film Festival nella sezione National Documentary Competition, è un affascinante e potente racconto del mercato delle pulci di Porta Portese, uno degli angoli più iconici e storici di Roma.

Il documentario prodotto da 39Film e Luce Cinecittà, esplora un microcosmo che riflette le trasformazioni più ampie della città e della società contemporanea. Porta Portese, con la sua lunga storia e le sue tradizioni, diventa il simbolo di un cambiamento che tocca non solo l’aspetto urbano ma anche le dinamiche sociali, economiche e culturali di Roma.

Il mercato di Porta Portese come simbolo di identità

Fin dal suo avvio nel 1945, Porta Portese è stato un luogo di incontro, di scambi, di contrasti tra il vecchio e il nuovo, un crogiolo di storie personali e collettive che rappresentano la Roma popolare e i suoi abitanti. In Non chiudete quella porta il mercato non è solo il set di un documentario, ma un vero e proprio protagonista che racconta la sua evoluzione nel tempo. La sua importanza va oltre l’aspetto commerciale, diventando una sorta di testimone di un’epoca, un luogo antropologico che continua a evolversi mentre la città stessa cambia.

Porta Portese è, infatti, un luogo che racconta storie: quelle dei venditori ambulanti e quelle di chi acquista, in cerca di un affare o di un ricordo del passato. La sua varietà di bancarelle e il suo caos sono un vero specchio della società romana, dove si incrociano culture, storie, tradizioni e fatiche quotidiane. Tuttavia, come sottolineano i protagonisti del documentario, questo spazio sta lentamente perdendo la sua identità, minacciato da fenomeni come l’e-commerce e dai centri commerciali, che rappresentano forme di consumo più moderne e asettiche, lontane dal calore umano e dalle interazioni che il mercato una volta offriva.

La nostalgia di ‘Non chiudete quella porta’

Una delle chiavi più potenti di Non chiudete quella porta è l’inserimento di interviste d’archivio che riportano alla luce la storia di Porta Portese e il legame che i venditori, i compratori e gli stessi abitanti del quartiere hanno con questo luogo. Attraverso questi racconti, il film riesce a trasmettere una nostalgia profonda, quella per un tempo in cui il mercato non era solo un luogo di scambio materiale, ma anche uno spazio sociale dove le persone si incontravano, parlavano, si scambiavano opinioni e storie. Questo aspetto viene ben illustrato dalla citazione di uno degli intervistati:

“Quelli che spariscono sono quelle cose improvvisate […] compri su internet… ste cose qui so improvvisate, le fai perché è una moda, poi passa tutto. Tutto passa, ragazzi e tutto si consuma.”

La paura che Porta Portese sparisca e che questa tradizione venga dimenticata è palpabile. I venditori e gli acquirenti più “resistenti” sono consapevoli di trovarsi in un contesto che sta cambiando, ma il mercato è anche il riflesso di una Roma che non vuole essere dimenticata. È il cuore pulsante di una città che si teme possa perdere quella sua romanità, quel suo carattere unico che la rende tanto affascinante.

La dimensione antropologica e culturale di Porta Portese

Il documentario non si limita a raccontare i cambiamenti sociali e le difficoltà che il mercato sta affrontando, ma invita anche a riflettere su cosa significhi per una città perdere un luogo con una tale carica simbolica. Porta Portese si contrappone ai “Nonluoghi” descritti da Marc Augé, quei luoghi privi di identità, dove la relazione tra le persone è ridotta al minimo, come i centri commerciali o le stazioni ferroviarie moderne. Porta Portese, invece, è un luogo che resiste alla globalizzazione e alla standardizzazione, un simbolo di resistenza culturale che non può essere facilmente sostituito.

Come afferma uno degli intervistati nel documentario:

“Senza Porta Portese, senza la romanità, non credo che Roma possa essere la stessa cosa. Ma tu te le immagini una Roma senza personaggi come me, come noi? Ma dai! Le dovreste cambiare pure nome. Ecco perché questa città è eterna. Ecco perché è terribilmente affascinante.”

Conclusioni

Non chiudete quella porta è una riflessione profonda sulla sostenibilità della tradizione in un mondo sempre più globalizzato e digitalizzato. Porta Portese, con la sua atmosfera unica, la sua storia e le sue contraddizioni, è il cuore pulsante di un’identità romana che sembra a rischio di estinzione. I venditori, i personaggi storici e la popolazione locale sono i custodi di questo patrimonio culturale e la domanda che il film pone è: riuscirà Porta Portese a resistere ai cambiamenti del presente o rischia davvero di sparire come tante altre realtà legate al passato?

In un periodo di transizione digitale e cambiamento sociale, il documentario ci invita a riflettere su cosa siamo disposti a perdere e cosa, invece, dovremmo proteggere e valorizzare. Porta Portese, in questo senso, diventa una metafora di una Roma che, pur evolvendosi, deve preservare le sue radici, il suo carattere unico, che la rende una delle città più affascinanti del mondo.

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Non chiudete quella porta

  • Anno: 2024
  • Durata: 1:05:15
  • Distribuzione: Luce Cinecittà
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Francesco Banesta, Matteo Vicentini Orgnani