Al Rome Indipendent Film Festival è stato proiettato Made of love (‘Faits d’amour‘) di Clèmence Dirmeikis con Camille Claris, Iliana Zabeth.
Prodotto da Respiro Productions e distribuito da Manifest Made Of love ha ottenuto il premio speciale LGBTQIA+ assegnato da Mario Colamarino, presidente del Mario Mieli Club e Giordano Serratore.
Clèmence Dirmeikis ci racconta una storia d’amore con molti estetismi ma pochi fronzoli: la ricercatezza della messa in scena lascia spazio a sentimenti umani e ad interrogativi esistenziali, come quello di una coppia di due donne che desidera avere un figlio
La trama di Made of Love
Made of love (“Fatti d’amore”, titolo originale “Faits d’amour“) è la storia di due donne e del loro amore che sogna di espandersi. Emmanuelle e Mirra sono una coppia di donne apparentemente stabile che vorrebbe avere un figlio nato dal loro amore. Quando per “miracolo” Mirra (Iliana Zabeth) resta incinta, Emmanuelle (Camille Claris) va in crisi: proprio lei, infatti, aveva sempre manifestato la volontà di essere madre naturale di un bambino, nato dall’amore con Mirra, più frenata invece da paure e giudizi. Dopo diversi turbamenti e incomprensioni, in questa storia l’amore sarà destinato a trionfare.
La recensione di Made of love
L’impatto visivo del cortometraggio di Clèmence Dirmeikis è sorprendente: ogni scena è molto curata in ogni dettaglio, seguendo un’estetica ricercata e ricca di riferimenti iconografici, soprattutto biblici. Uno dei primi campi lunghi raffigura la coppia insieme ai loro amici: la messa in scena può far pensare all’Ultima Cena di Leonardo, come anche alla Cena di Emmaus di Caravaggio: le due donne in mezzo che ascoltano il gruppo mentre parlano dei sentimenti necessari alla costruzione di una famiglia. Poco dopo, con tutta la squadra religiosa, in una tavola meno frequentata ma altrettanto ricca, i rimandi a tutta la tradizione dei dipinti legati all’Annunciazione con Maria e l’Angelo vengono suscitati in maniera abbastanza automatica, con una luce che scende sui corpi e li illumina dall’alto con una naturalezza che ricorda alcuni dipinti caravaggeschi.
La fotografia di Made of Love, curata da Pearl Hort illumina gli occhi degli spettatori. Il fatto che Mirra sia vestita con un velo bianco e azzurro sulla testa aiuta ad evitare qualunque tipo di fraintendimento. Se tutti questi dettagli possono dare un leggero spaesamento a un pubblico più legato alla natura religiosa delle storie della Bibbia, ogni riferimento è molto curato e rimanda a immagini tradizionali molto comuni e conosciute nella cultura italiana. Questo sottotesto, ricco e ben strutturato, suggerisce che quella che si sta guardando non è soltanto la storia di due donne ma che anche può essere collegata a discorsi di più ampio respiro (la maternità oggi, le famiglie considerate “non tradizionali etc.)
‘Questo miracolo è tuo’
Nelle coppie lesbo i figli sono fatti soltanto d’amore
Un evidente sostrato biblico compare già nella scrittura di Made of Love: una gravidanza inspiegabile, quasi fosse piovuta dal cielo. In realtà quello che accade è un vero e proprio “miracolo”. Il filo rosso che segue la trama del cortometraggio stavolta è d’oro. Per tutta la durata della storia seguiamo visivamente delle tracce di una polvere dorata: la vediamo comparire in una notte, durante una scena d’amore tra le due donne. La polvere poi segue Mirra fino a quando ci viene rivelata la sua fonte: una sorta di angelo dalle enormi ali dorate che da quel momento si insinuerà nella casa e nella vita di coppia delle due, per seguirle e forse aiutarle durante il percorso che le farà avere il loro bambino.
La reazione iniziale di Emmanuelle è una reazione di shock, ma abbastanza umana: Clèmence Dirmeikis ci fa capire che avere un bambino sembrava essere uno dei suoi obiettivi, che si è vista portare via abbastanza presto. Sebbene la maternità non sia per tutti una necessità, Emmanuelle vede passare via la sua occasione davanti ai suoi occhi e non può fare nulla per cambiare le cose. Ciò che desiderava per la coppia arriva, ma non la riguarda direttamente, o almeno non nel modo che desiderava. Questa sembra essere la sua prima reazione che la porta a sentirsi quasi messa da parte, quando in realtà il suo progetto d’amore, il progetto di Emmanuelle e Mirra sta prendendo forma, anche se in un modo che non si aspettava.
E luce fu
Da un punto di vista cinematografico, questa vicenda, a metà tra la Bibbia e il moderno, non poteva che terminare anche visivamente con un’onda di luce. Dopo aver seguito per una ventina di minuti le tracce lasciate dalla polvere d’oro, aver visto Emmanuelle e Mirra litigare per poi ricongiungersi, gli spettatori sono pronti alla luce, e quindi alla nascita. Anche loro adesso possono venire illuminati.
Quella che Clèmence Dirmeikis ci mostra è una storia a lieto fine che parla di “fatti” d’amore, inizia e finisce con l’amore e la speranza. Una nascita è per forza di cose l’inizio di una vita nuova, di cambiamenti. Travolte da questa baraonda e dalla compagnia di santi, angeli o spiriti del cielo, le due ragazze trovano una loro dimensione all’interno di questa nuova routine che le ricorda i loro progetti e i loro amori.
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