Face Up, scritto e diretto da Mattia Bottiglieri, è un cortometraggio prodotto sotto la supervisione della RUFA – Rome University of Fine Arts. Il film è in concorso alla XXIII edizione del RIFF, Rome Independent Film Festival, dove verrà proiettato il 21 Novembre alle 21:15.
Federico è in procinto di sposarsi: la sua ragazza, incinta, preme per il matrimonio, mentre lui non sembra convinto. Dovrebbe invitare la madre, malata, ma i rapporti tra loro sarebbero da recuperare. Di lei Federico conserva un ricordo poco felice, legato alla sessualità. Avvicinandosi alle nozze, si trova costretto a riaffrontare i suoi traumi infantili.
La cura del veleno
La teoria dell’abituazione spiega come, con il passare del tempo, si smetta di reagire ad uno stimolo ripetuto nel tempo. Questo ci permette di distinguere tra ciò che è rilevante e ciò che, invece, possiamo ignorare. Sul piano psicologico, l’abituazione dimostra come il nostro cervello cerchi costantemente di risparmiare energie, concentrandosi solo su ciò che è nuovo, insolito o potenzialmente pericoloso.
L’abituazione viene anche utilizzata in alcuni ambiti terapeutici, ad esempio per trattare ansie o fobie. Si tratta di un meccanismo fondamentale per vivere meglio in un mondo ricco di stimoli. Oppure, ci permette di sopravvivere; come nel caso di Federico, che si sottopone allo stimolo nel tentativo di disinibirlo: la sua incapacità di superare il trauma sessuale vissuto in pubertà lo porta a reagire imitando il trauma stesso. Più si sottopone alla sua esperienza, più ne viene assuefatto e – pur perdendosi in una spirale di abbandono e isolamento – più ne riesce a limitare l’angoscia.
Desensibilizzandosi infatti, esponendosi ripetutamente alla fonte del trauma, riduce l’intensità emotiva del ricordo, così da esorcizzarlo.
Ancora, il sesso come punizione: la compulsione sessuale come derivazione dell’insoddisfazione per il sé. Questo risulta inevitabilmente in atti autodistruttivi.
L’ultimo canto del cigno
Nel tentativo di liberarsi, allora, ecco che l’unica soluzione possibile sia quella di morire. La morte assume quindi un significato drammaturgico: il rifiuto della normativa sociale, il rispetto della coppia, la rottura dell’equilibrio. Federico spezza il tormento spezzando ogni forma di legame, liberandosi da qualsiasi responsabilità affettiva, genitoriale, relazione. Nella fine, nella conclusione di ogni rapporto – salubre ma non genuino – Federico ritrova finalmente il sorriso. Una risoluzione che sembra piuttosto uno svincolo, una disperata allegria.