La creatura di Gyeongseong è la nuova serie storico-horror Netflix realizzata da Kang Eun-kyung (Dr. Romantic) e diretta da Jung Dong-yoon (It’s ok not to be okay). La serie in dieci episodi è interpretata da Park Seo-joon (Parasite, Itaewon class), Han So-hee (My name), Jo Han-cheul (Vincenzo, Rinato ricco) e Wi Ha-jun (Squid game, Piccole donne).
La prima parte della serie è uscita il 22 dicembre mentre per la seconda parte è necessario attendere il 5 gennaio.
Guarda su Netflix La creatura di Gyeongseong.
Alle soglie della disfatta del Giappone, la follia del piano di pulizia etnica raggiunge il culmine: in una ambientazione storica curata e incredibilmente plausibile, un’avvincente storia horror di resistenza e amore tra due protagonisti in fuga, che si sarebbe salvata se avesse optato per un’unica fine.
La creatura di Gyeongseong, la trama
Jang Tae-sang (Park Seo-joon) possiede il banco dei pegni più rinomato di Gyeongseong, la vecchia Seoul del 1945, e la sua fama e i suoi modi fascinosi lo hanno reso ben voluto da tutti. Fino a quando il capo della polizia locale, il giapponese Ishikawa, gli impone di rintracciare la sua concubina. La donna, sparita nel nulla, è una delle tante di cui di recente si è perso traccia in città.
A Tae-sang si aggiungono due cacciatori di taglie sulle tracce di altri scomparsi, Yoon Chae-ok (Han So-hee) e suo padre (Jo Han-cheul), che per dieci anni hanno vagato nei territori occupati dai giapponesi in cerca della madre. A Gyeongseong, le loro strade incrociano quella di Tae-sang e il connubio li porterà a smantellare l’intera struttura laboratoriale criminale del Giappone sull’orlo della disfatta.
Gyeongseong Creature Han So-hee è Yoon Chae-ok, Park Seo-jun è Jang Tae-sang in La creatura di Gyeongseong
Gli eterni villain
Come ha fatto Hollywood molto apertamente per vent’anni, materializzando il terrore della guerra fredda anche al cinema, così per la Corea il Giappone è il nemico storico e narrativo di tutti i K-drama. I prodotti seriali, e in particolare quelli storici, non possono prescindere dal raccontare del terrore giapponese. E nello specifico, in La creatura di Gyeongseong trae spunto dalle atrocità realmente commesse dall’Unità 731 sulla popolazione cinese durante gli anni Trenti e Quaranta.
I villain sono psicopatici, giapponesi, che alla già terribile situazione bellica, all’occupazione, aggiungono follie di delirio etnico.
La serie non risparmia dettagli fisici sulle nefandezze perpetrate ai danni dei poveri coreani, che ne escono quindi patriottici, ed eroi incompresi, in un progetto visionario di resistenza durato per mezzo secolo. Ma la realtà articolata di una città occupata come era la Seoul in quegli anni, è ben rappresentata da tutto lo spettro di civili che si muovono e tentano di sopravvivere: chi sposando la causa, chi escludendosi dalla vita pubblica, chi semplicemente tenendo duro. Malgrado la evidente drammatizzazione, La creatura di Gyeongseong aiuta a figurare una transizione storica e sociale delicatissima, e a riflettere sugli echi che da quel periodo storico ancora si estendono sul presente.
Park Seo-jung e Han So-hee
La serie è appassionante e disegnata sulle doti dei due protagonisti: Park Seo-joon passa dall’umorismo quasi demenziale alla bellezza da modello greco; mentre il carisma poco loquace di Han So-hee lo completa. L’attrice aveva già dato prova di essere adatta a raccontare personaggi in film d’azione, ruoli da teenager in crescita, drammi di vita in film LGBTQI+ e ricevere per altro un certo supporto dal pubblico.
L’alchimia tra i due, seppure complessa, è sottile e non diretta, quindi più invitante da scoprire.
Gyeongseong Creature, Cho Han-cheul è Yoon Jung-won, Han So-hee è Yoon Chae-ok in Gyeongseong Creature S1 Cr. Lim Hyo Sun/Netflix © 2023
I limiti e la punta di diamante
La creatura di Gyeongseong pecca forse di sequenze a tratti troppo lacrimevoli, ma nel complesso è appassionante. Malgrado l’asfissia creata dagli ambienti bui e claustrofobici, soprattutto quando l’azione si sposta stabilmente all’interno dell’ospedale.
Il fatto è che questi prodotti fanno grande sfoggio di un apparato produttivo mastodontico, che solo Netflix arriva a garantire (53 milioni di dollari!). Costumi, scenografie ed effetti speciali, davvero ci permettono di vivere nella Corea degli anni Quaranta e percepirne la realtà. Tanto quanto la scrittura, della penna capace di Kang Eun-kyung, ricalca senza troppo timore, strategie già testate ed efficaci. I rimbalzi a serie apripista come Mr. Sunshine sono evidenti. Perciò, non è qui che bisogna cercare l’originalità e lo spunto innovativo, ma piuttosto aspettarsi le garanzie di una comfort zone conosciuta. Anche se sul finire, sempre in nome di queste logiche di broadcasting che comunque garantiscono l’imbeccata per la seconda stagione, il finale porta allo sfacelo logico tutta quella struttura storico-thriller che aveva sostenuto solidamente gli episodi.
Ciò che ci regala con metodica cura e dedizione, e inaspettatamente, è piuttosto una figura di un padre, qui un personaggio di secondo piano interpretato da Jo Han-cheul, che tuttavia è un precursore nella relazione con la figlia. Un sogno per la realtà confuciana soggiogata dal dominio giapponese, che aveva ben altro di cui curarsi rispetto alla condizione della donna in quella società tradizionalista e inamovibile. Il rapporto paritario e la fiducia che il padre offre a Chae-ok è una boccata di aria fresca e una piacevole caratterizzazione, che accompagna i profili interessanti dei già citati due protagonisti.