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Intervista alla regista di ‘Jeong-sun’, Jeong Jin-hye, vincitrice del Gran Premio della Giuria a Roma

Gran Premio della Giuria e Premio alla Miglior Attrice protagonista al Festival di Roma per il film opera di esordio di questa regista coreana, Jeong Jin-hye, che racconta a Taxidrivers il lavoro su 'Jeong-sun' e il tema dei crimini digitali sessuali

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Gran Premio della Giuria e Premio alla Miglior Attrice protagonista: se n’è andato così dal Festival del Cinema di Roma, con le braccia piene di premi e il riconoscimento pubblico, in Italia, di un cinema indipendente asiatico sempre più forte. Quello coreano.

Stiamo parlando di Jeong-sun, l’opera di esordio della regista Jeong Jin-hye, interpretata da una matura e straordinariamente efficace Kim Geun-soon. La stessa attrice che a distanza di pochi giorni conquistava con un altro film, Star of Ulsan, dall’altra parte del mondo, al Busan International Film Festival, il corrispettivo riconoscimento di punta per la sua performance eccellente.

Giovane e dal piglio timido, quasi impacciato, Jeong Jinhye è una narratrice incuriosita che ci ha offerto un’opera delicata e particolarmente empatica.

Jeong-sun racconta di una donna di mezza età (Kim Geun-soon), operaia di una fabbrica alimentare, la cui intimità viene violata dalla diffusione di un video registrato dal suo ex fidanzato (Jo Hyun-woo). Rovinata per sempre la sua quotidianità, sarà costretta ad affrontare i suoi aguzzini per riprendere in mano la propria vita e la propria dignità.

Abbiamo incontrato Jeong Jin-hye per farci raccontare brevemente l’origine della sua opera d’esordio e il tema, delicatissimo, dei crimini sessuali digitali in Corea.

JEONG-SUN_BEHIND THE SCENES

La regista Jeong Jin-hye e la protagonista Kim Geun-soon durante le riprese di ‘Jeong-sun’

Jeong sun di Jeong Jin-hye

Il film tocca un tema molto complesso che ha un approccio diverso nelle differenti culture. Prima di tutto volevo capire come è nata l’idea del film, ma soprattutto l’idea di creare questa vittima “comune”, una madre, operaia, dalla vita modesta e direi quasi “poco appetibile”.

Prima di tutto, ho scelto il tema dei crimini sessuali digitali perché ho collaborato alla stesura della sceneggiatura di un mio collega all’università. Per quel progetto ho raccolto informazioni a proposito di crimini sessuali digitali e abusi negli incontri di coppia. Ho scoperto che gli uomini di mezza età contano per una larga percentuale tra i perpetuatori degli stessi crimini.

Ho scelto la fabbrica come ambientazione principale perché ho avuto un’esperienza lavorativa in fabbrica di circa un anno, durante gli studi. Era un ambiente molto chiuso, con un proprio micro mondo sociale al suo interno.

In quella situazione, i conflitti generazionali o tra generi erano chiaramente visibili. E mentre assistevo a questi conflitti, lavoravo con donne di mezza età, coetanee di Jeong-sun, la protagonista. Ecco, volevo raccontare proprio di loro.

Ho trovato nel sotto testo di questo film anche delle dinamiche particolari legate alla gerarchia e all’ambiente di lavoro: un capo che si atteggia a imperatore e che esercita violenze psicologiche su tutto il gruppo di disperati. In più, la classe sociale della protagonista che sembra essere un’aggravante alla sua condanna sociale.

Il comportamento di Do-yoon (il manager) nei confronti di Jeong sun è complicato. La Corea culturalmente [confuciana] richiede rispetto per gli anziani. E in un’azienda, il manager è in una posizione socialmente superiore, anche se allo stesso tempo le persone dell’età di Jeong sun dovrebbero comunque essere rispettate allo stesso modo.

Nell’azienda, si crea quindi un paradosso, ed è interessante capire come in queste situazioni il conflitto viene gestito e le persone di mezza età vengono trattate.

Credo che la vita nelle fabbriche, a tal proposito, sia anche peggiore. Secondo la mia esperienza lavorativa, è improbabile che operai come Jeong-sun  reagiscano ai manager come Do-yoon. Questo dipende dal fatto che il loro posto di lavoro non è stabile, e potrebbero essere rimpiazzati in un qualunque momento.

Non voglio generalizzare; ma l’ambiente di cui ho fatto esperienza in prima persona è ben rappresentato dal mio film.

JEONG-SUN_BEHIND THE SCENES_04

I personaggi e il ruolo nella società

Jeong-sun è un film molto pacato, che non fa del clamore la sua arma espressiva. La sofferenza di Jeong-sun è una depressione interiore, la rabbia della figlia non più di una discussione accesa. Ho apprezzato questa moderazione, ma non è forse sintomo in realtà di quanto queste donne inghiottano più che esprimere?

Prima di tutto, Jeong-sun è proprio il nome che si dava a quelle donne che si voleva crescessero carine e gentili. È molto popolare tra le donne di mezza età, proprio quando Jeong-sun era bambina. Perciò ho immaginato il suo personaggio come una donna che si attiene al ruolo sociale che le viene dato. Credo esistano molte donne di mezza età come lei in Corea, a cui viene chiesto di seguire fedelmente ciò che il ruolo sociale impone loro, e che poi si domandano se la stessa società le rispetti fino in fondo. Viene loro richiesta moderazione, e quindi per estensione, anche Jeong-sun vive la sua vita così. Tuttavia credo anche che abbia delle peculiarità che le permettono di superare l’ingiustizia e il dolore che ha attraversato nella sua vita.

Pensiamo a quando Jeong-sun torna alla fabbrica e si mostra violenta. Per una persona come lei, ben disciplinata, tornare in fabbrica e sporcare quello spazio igienizzato, poi cantare proprio quella canzone per cui era stata filmata, quella scena è il punto di rottura.

Voglio dire che è in quel modo che rompe la cornice in cui era stata rinchiusa ed esce allo scoperto, e mostra di essere lei a condurre il gioco, finalmente.

Spero che Jeong-sun sia un film che sveli il potere insito nel vivere la propria vita indipendentemente.

I personaggi

Kim Geun-soon si è pienamente svelata quest’anno al pubblico coreano ed internazionale. Com’è stato lavorare con quest’attrice e come avete costruito il personaggio di Jeong-sun?

Kim Geum-soon non è così commercialmente famosa in Corea, quanto piuttosto nel circuito indipendente. È stato bellissimo vedere come quello che avevo scritto, lei fosse capace di interpretarlo anche meglio di quanto avevo immaginato. Davanti alla macchina da presa, lei si tramutava in Jeong-sun molto più di quanto avessi potuto immaginare.

La scena in cui lei, aggrappata al lavandino, piange e urla “mamma”, quest’ultimo grido è stata una sua idea. Prima di girare, ho parlato delle emozioni che avrei voluto che lei esprimesse, ma non le ho spiegato nello specifico, perché volevo che ci mettesse del suo. Quindi al primo ciak, lei si è tenuta al lavandino e ha aggiunto questa battuta, “mamma”; nella sceneggiatura era scritto soltanto che avrebbe dovuto piangere disperatamente. Ho apprezzato così tanto la sua interpretazione che ho ritenuto buona la prima.

Geum-soom ha sentito in quel momento che [nel ruolo] stava discutendo con la figlia e quindi la sua parte più debole stava venendo a galla. Per questo, ha detto che sentiva di “aver bisogno della madre”.

C’è una parte di te che non condanna del tutto Young-soo, l’ex fidanzato?

Uno dei punti cruciali del personaggio di Young-soo è che non è disegnato né per essere cattivo, né per essere distante o sconosciuto; piuttosto qualcuno di vicino, in qualche modo compassionevole, che evoca un’aura positiva.

Ho pensato che potesse funzionare perché crimini del genere non sono solo perpetrati da sconosciuti online; ma anche persone più prossime a noi possono commettere questi reati. Perciò le vittime fanno molta fatica ad intraprendere azioni legali perché hanno un legame, talvolta intimo, con i responsabili.

Young-soo non è una vittima, era innamorato di Jeong-sun. Ma è lui che diffonde il video di lei e per questo non c’è niente che lo possa discolpare.

Foto di backstage do 'Jeong-sun'

Foto di backstage do ‘Jeong-sun’

I crimini digitali

La ricezione di un film del genere, così come il tema della violenza digitale, è molto difficile per il pubblico italiano, dove la legge protegge diversamente le donne esposte a tali crimini.

Una questione che è emersa proprio mentre scrivevamo la sceneggiatura di Jeong-sun è stato lo scandalo enorme delle Nth Rooms [un caso molto conosciuto, scoppiato in Corea del Sud tra il 2019 e il 2020: per approfondire, a questo link la pagina Wikipedia].

Da quel momento, la legislazione riguardo i crimini digitali sessuali è molto più elaborata di quanto abbiamo scritto nel film, più organizzata e seria. Ma con l’eco della vicenda, mi sono interessata ancora di più alla questione relativamente alla società coreana. Malgrado la situazione stia migliorando, il processo è ancora lungo.

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L’ultima domanda riguarda quello che il film ha conquistato e ovviamente i prossimi passi: ti aspettavi la vittoria al Festival del Cinema di Roma? Esiste già un altro progetto in cantiere?

No, a Roma non ci aspettavamo niente di speciale. Sono rientrata in Corea e immediatamente dopo hanno annunciato i vincitori, quindi l’ho scoperto una volta arrivata.

Il prossimo lavoro sarà sicuramente un lungometraggio. Al momento ci sono due storie che mi interessano: quella di una teenager che non viene protetta dai suoi genitori e nuovamente una donna di mezza età come Jeong-sun.

E vorrei anche girare un noir.

Si ringrazia per la traduzione Adele De Cicco e per la collaborazione i ragazzi di Oradicoreano.it

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