Per quale motivo la sirena è la protagonista del poster del cortometraggio Marina? Cosa rappresenta la sirena all’interno di esso? In concorso alla Settimana Internazionale della Critica, Paoli De Luca prende in prestito questa immagine per raccontare un’identità che si costruisce tra sogni ed ombre.
Classe 1999, Paoli De Luca, ha trovato nel cinema lo spazio per intrecciare biografia e visione. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti e i primi progetti come Fera e Echoes, la giovane regista ha costruito una poetica stratificata che mescola fotografia, illustrazione e cinema, con un’attenzione costante ai corpi trans e alle loro rappresentazioni.
Marina (Silvia Ella Fois) un anno dopo aver iniziato la sua transizione, passa un weekend a casa dell’amica Camilla interpretata da Eco Andriolo Ranzi. Disegna, osserva, desidera. Ma l’arrivo di Lorenzo (Giovanni De Maria) e dei suoi amici incrina la fragile armonia, mettendo a nudo paure, attrazioni e la costante ricerca di accettazione.
Una regia di specchi e riflessi
Il mondo di Marina è fatto di superfici che riflettono. Specchi che duplicano, scrutano, provano il corpo della protagonista. Ogni sguardo rivolto allo specchio non è un atto narcisistico, bensì un duello: sono abbastanza? Quanto mi riconosceranno gli altri? La regia di De Luca è stretta, in movimento continuo, sembra quasi ispirarsi alla crudezza lirica di Andrea Arnold e alla sensualità visiva di Sasha Nathwani, mantenendo comunque una cifra personale. L’utilizzo insistito degli specchi come metafora del doppio raccontano la transizione come uno sguardo tra l’immagine che si abita e quella che si sogna.

Ecco che i due baci della storia avvengono proprio all’interno di uno specchio. Non è un caso, perché lo specchio diventa il luogo in cui il desiderio incontra l’ombra del giudizio e il rischio del rifiuto. Marina ad un certo punto si specchia e riflessa non vediamo solamente la sua immagine, bensì un’ulteriore riflesso di essa. La persona è composta da molteplici strati e uno di questi è proprio l’insicurezza, il confronto. Un confronto che Marina disegna sul suo taccuino: è l’immagine della sua migliore amica Camilla. È lei il riflesso con il quale costantemente si confronta e a cui chiede conferme e anche lo stesso spettatore è invitato dallo specchio a metterle a confronto. Marina infatti chiede consigli a Camilla anche riguardo l’aspetto:
“Ma secondo te mi sta guardando?”
Riferito a Lorenzo e come se l’opinione della sua migliore amica valesse più della propria o di quella dello stesso ragazzo.
La Fotografia come linguaggio emotivo
La fotografia di Francesca Avanzini si concentra sui passaggi mettendo da parte i picchi. Prima la casa respira di azzurri: cielo e piscina si specchiano fino a confondersi, come se il mondo esterno e quello interiore di Marina fossero la stessa superficie liquida. È un’armonia fragile. Un equilibrio che basta poco ad incrinare. E poi la golden hour: gialli, marroni ed aranci si posano sui corpi, promettono apparentemente un’estate possibile. Il marrone e l’arancio danno alla stanza un tono domestico, quasi rassicurante, che però, al contempo, limita lo spazio chiudendolo.
La notte spinge dentro colori più densi, da festa: luci intermittenti, bagliori da pista, zone d’ombra che mordono i contorni. L’identità non si scioglie, lampeggia. E la mattina dopo, pur nella luce bassa e dorata, restano i rimasugli della sera precedente.

Marina e la sirena: vivere tra due mondi
Nella comunità transgender, l’immagine della sirena ha una forza simbolica particolare. Una creatura ibrida, metà umana e metà marina, sospesa tra due mondi. È un corpo che non appartiene mai del tutto ad un solo spazio o che forse ha sempre vissuto in quello imposto. Per tale ragione diventa metafora potente di fluidità, transizione ed identità.
Citando Emanuele Cellini che, partendo dal film La Sirenetta , ha scritto:
“Dal momento che le sirene sono il punto di contatto tra due mondi, quello marino e quello umano, hanno da sempre avuto un forte legame con la nostra comunità, come simbolo di omosessualità, fluidità di genere e transgenderismo. Ariel non è una sirena, si sente umana, è sempre stata un’umana – ancor prima che il suo corpo riflettesse la sua anima.”
Ariel non compie un viaggio per amore, ma per autodeterminazione. Per avere gambe, per avere voce, per essere vista e riconosciuta come ciò che è. Così, anche Marina, non cerca solo lo sguardo di Lorenzo o di Camilla: cerca un mondo che la accolga, che la legittimi e che, infine, la riconosca. La sua transizione non è mai solo fisica, ma emotiva e sociale. È un corpo che si riscrive, un’anima che pretende il suo spazio.