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‘Creature dal profondo’: l’enigma della killer sospesa nell’oscurità

Un noir ipnotico tra porto e memoria, dominato dalle “Creature dal Profondo”.

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Creature dal profondo

Creature dal profondo (Una Ballena), diretto e scritto da Pablo Hernando e prodotto dalla Orisa Produzioni, rappresenta un punto di svolta nella sua filmografia. 

L’opera si muove tra le pieghe del visibile e dell’invisibile collocandosi in un crocevia tra noir, fantascienza e horror metafisico. Zero fronzoli, ma con un focus sull’impatto visivo e sull’intuito, come se lo spazio stesso respirasse tra le scene. 

In questo contesto, le interpretazioni di Ingrid García-Jonsson e Ramón Barea assumono un ruolo centrale attraversando un mondo che sembra vivo dove le regole stesse paiono piegarsi al loro passo. 

Passi nella penombra

Ambientato lungo una costa fredda, industriale e perennemente umida, Creature dal profondo segue una giovane donna che agisce come sicaria con una precisione glaciale. 

Le sue azioni sono rapide, silenziose, prive di esitazioni, inserite in un contesto criminale che richiama il noir più essenziale: porti, magazzini, intermediari, scambi opachi. Tuttavia, ciò che inizialmente sembra un racconto criminale classico viene progressivamente contaminato da una creatura estranea, antica, che altera la natura stessa della storia, simile a una carezza gelida che resta sulla pelle senza lasciarne i segni.   

In questo senso, la creatura, rappresentata come una balena, diventa un simbolo di profondità primordiale, un’enorme presenza silenziosa che condensa mistero, tempo e memoria.

Creature dal profondo

Una balena nel film Creature dal profondo

La struttura narrativa del film può avvicinarsi a Le Samouraï, per la figura di un assassino solitario, definito più dai gesti che dalle parole, e per un mondo regolato da rituali professionali piuttosto che da psicologie esplicite. 

Su un altro piano può richiamare Black Swan di Darren Aronofsky, nella misura in cui la percezione della protagonista guida l’esperienza dello spettatore, costruendo quella sorta di tensione e fascinazione senza ricorrere a spiegazioni dirette. 

“Sotto l’acqua potrebbero esserci le più disparate forme di vita e una serie di mostri terribili.” 

In questa prospettiva, la struttura stessa del film sembra organizzarsi attorno a un elemento di transizione. Analogamente a quanto avviene in The Shape of Water di Guillermo del Toro (si pensi alla scena in cui Elisa si immerge nella vasca e il mondo acquatico si fonde con la sua percezione), non è soltanto un ambiente, ma un filtro percettivo, uno spazio intermedio tra interno ed esterno. 

È attraverso questa materia instabile che la protagonista osserva la creatura, ed è nello stesso movimento che lo spettatore viene progressivamente immerso nella sua soggettività. 

Qualcuno osserva, qualcun’altro trattiene…

Creature dal profondo

Kepa Errasti, nel ruolo di Jonás .

Il cuore tematico dell’opera risiede nella sua dimensione simbolica. La creatura marina non è un mostro nel senso classico, ma una presenza arcaica, fossilizzata, che utilizza l’essere umano come contenitore. 

La figura di Ingrid (interpretata da García-Jonsson) è la più paradigmatica. La sua recitazione, volutamente trattenuta e quasi apatica, sottolinea l’idea di un io progressivamente svuotato, incapace di elaborare ciò che prova e sottolineando un prepotente accumulo delle sue emozioni. Il personaggio agisce come un involucro, una scatola, il cui contenuto viene progressivamente sottratto. 

Accanto a questa rappresentazione di vuoto emotivo, emerge la figura di Jonás (interpretato da Kepa Errasti), che non viene visto come un “interesse romantico”, ma come la possibilità di redenzione. Una luce fioca in un’esistenza altrimenti oscurata, un impulso di vita che Ingrid potrebbe scegliere come alternativa al suo destino di predazione e svuotamento simbolico.  

Di contro, Melville (interpretato da Barea) incarna l’opposto speculare: un desiderio giovanile intrappolato in un corpo ormai logoro. La tensione tra età biologica e impulso vitale in lui suggerisce una riflessione più ampia sui modi in cui gli individui tentano di riappropriarsi di ciò che hanno perso per sempre. Una giovinezza svuotata e una vecchiaia che tenta disperatamente di riappropriarsi di ciò che le è sfuggito. 

Il film mette così in scena un conflitto silenzioso tra due forme di predazione: quella della creatura, antica, impersonale, pura, e quella umana, fatta di sfruttamento, manipolazione e desiderio di controllo.

Creature dal profondo

Ramón Barea, nel ruolo di Melville.

Tra stasi e movimento, il senso emerge.

La regia di Hernando sceglie la strada della sottrazione. Il montaggio dilata i tempi e accetta consapevolmente momenti di stasi che possono apparire ostiche, ma che rafforzano l’atmosfera ipnotica del film.  

La fotografia di Sara Gallego è uno degli elementi più incisivi di Creature dal profondo. Dominata da blu freddi, neri profondi e luci artificiali, restituisce la sensazione di trovarsi costantemente sul fondo del mare. L’uso dell’oscurità non è mai puramente estetico, ma funzionale alla narrazione, rendendo spesso difficile distinguere le forme e costringendo lo sguardo a un’attenzione attiva. 

Alcune soluzioni visive evocano un cinema introspettivo e ossessivo, vicino a The Lighthouse, non tanto per affinità narrative quanto per l’uso dell’immagine come spazio mentale. La visione viene privata di un punto di vista stabile e si trasforma in un’esperienza percettiva, in cui il senso emerge dalla sensazione più che dal ragionamento logico.  

Emblematica, in questo senso, è un’inquadratura di profilo della protagonista. La linea del cranio, accentuata dalla cuffia nera, disegna una struttura vertebrata che richiama la creatura fossilizzata mostrata in una scena precedente. Tale immagine non suggerisce un semplice legame simbolico, ma introduce l’ipotesi di una continuità biologica e identitaria, in cui umano e mostruoso sembrano appartenere allo stesso corpo.

Creature dal profondo

Fragile, etereo eppure impossibile da ignorare 

Creature dal profondo è un film che accetta il rischio della divisione. La sua lentezza, i punti morti e l’opacità di alcune scelte visive possono risultare respingenti per chi cerca una narrazione lineare o un intrattenimento immediato. 

Tuttavia, proprio queste caratteristiche costituiscono la sua forza espressiva. L’opera invita a leggere i simboli, ad accogliere il silenzio come parte del discorso cinematografico. A interrogarsi su ciò che resta quando le emozioni vengono estratte, conservate, mercificate. 

Non ogni scelta risulta pienamente risolta, né sembra esserlo intenzionalmente. Il film si espone, dimostrandosi fragile, alieno, talvolta scomodo, ma lo fa con un coraggio raro, offrendo momenti di forte suggestione a chi possiede un’affinità con un cinema che privilegia l’originalità e il rischio alla chiarezza immediata. 

Al termine della visione non resta una risposta definita, ma una presenza latente, come qualcosa che continua a muoversi sotto la superficie. Non per spaventare, ma per ricordare che certi film non vogliono essere capiti, ma solo sentiti.

Creature dal profondo

Creature dal profondo (Una Ballena)

  • Anno: 2024
  • Durata: 117'
  • Distribuzione: Piano B Distribuzioni, La Aventura Audiovisual
  • Genere: Thriller, Horror, Noir
  • Nazionalita: Spagna/Italia
  • Regia: Pablo Hernando