In sala dal 29 agosto e in concorso alla 40esima edizione della SIC (Settimana Internazionale della Critica), Agon è scritto, diretto e prodotto da Giulio Bertelli. Classe 1990, figlio di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, il giovane cineasta realizza un’opera ambiziosa e originale, che mescola il gusto per un certo tipo di cinema, con suggestioni sportive, tecnologiche e avanguardistiche della società.
Il film, una coproduzione tra Italia, Stati Uniti e Francia, è prodotto anche da Max Brun, Jules Daly, Stella Rossa Savino, Joe Anton, Pietro Caracciolo e Matthew E. Chausse per MIA Film, Big Red Films & Art+Vibes con il supporto in co-produzione di IDEV SAS, FINANCIÈRE MARIGNY SASU.
Distribuzione MUBI.
Agon | La trama del film in concorso alla 40esima SIC
Siamo nel 2024 e gli immaginari giochi olimpici di Ludoj stanno per avere inizio. Per l’occasione, Alice Bellandi (interpretata dalla reale judoka, campionessa olimpica a Parigi), la schermitrice Giovanna Falconetti (Yle Yara Vianello) e Alex Sokolov (Sofija Zobina), esperta nel tiro a segno, si preparano ad affrontare le sfide che si presenteranno loro davanti, pronte a dimostrare il loro valore e a trionfare nelle rispettive discipline. Se la concorrenza è spietata, lo è anche la vita stessa. Costrette a combattere con qualcosa di imprevedibile e inevitabile quali infortuni, incidenti e fughe di notizie, le tre atlete dovranno fare i conti non solo con le difficoltà dello sport, ma con nemici ben più grandi e temibili dei loro avversari.
Con uno stile molto particolare e non facilmente digeribile senza una vera preparazione, la pellicola sembra mostrare gli aspetti peggiori dell’agonismo, dalla sofferenza fisica al desiderio di mollare, dalla solitudine come condizione intrinseca alla necessità di nascondersi e di sfogare altrove i propri istinti.
Perché stava accadendo questo a me?
I Giochi come risposta alla guerra
Alla base del progetto, ed è forse ciò che ne costituisce il punto di maggiore interesse, c’è il concetto di Pierre de Coubertin circa lo sport, che voleva venisse contrapposto all’idea di guerra: attraverso un sistema di valori e di regole valido per tutti, le disuguaglianze e gli scontri sarebbero potuti essere superati all’insegna di un bene superiore. Oltre alla citazione iniziale che apre il film, del discorso sussiste, o meglio arriva, poco. I Giochi si fanno portatori di amicizia, rispetto e pace, eppure le protagoniste non appaiono esattamente emblematiche in materia.
Alex si rivela un’impostora, abile nella sua disciplina tanto quanto spietata nei confronti degli animali. Giovanna finisce per diventare un’assassina suo malgrado, ma le lacrime che ostenta durante un’intervista non sanno di vero. Alice è travolta dal successo ma forse a trascinarla è la madre (Michela Cescon) e non tanto una sua volontà.
Tra morbosità e retroscena
L’isolamento che circonda tutte e tre è caratterizzato da un utilizzo eccessivo e spasmodico di dispositivi tecnologici come il cellulare e il tablet, gli unici dai quali ricavano piacere. Lo sguardo del regista assume spesso i tratti della morbosità – si veda l’intervento chirurgico o la scena della masturbazione – ma non se ne comprende bene il motivo.
Agganciare il target o il significato di un’opera come Agon risulta quindi piuttosto complicato, soprattutto per chi si aspetta il più classico film sportivo. Nonostante ciò, più che interessanti sono le parti che portano “dietro le quinte”. Dalla realizzazione di proiettili ai test sulle attrezzature, passando per i progressi della tecnologia nelle pratiche sportive, la pellicola prende liberamente spunto anche dal tragico episodio del 1982 occorso allo schermidore Vladimir Smirnov.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.