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Festival del Cinema Europeo

Andrea Di Salvatore, intervista al regista dal cuore made in Usa

Il regista brindisino ci racconta del suo corto in gara 'L’Eroe degli Antieroi'

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Andrea Di Salvatore

Andrea Di Salvatore, in concorso col suo cortometraggio L’Eroe degli Antieroi al Festival del Cinema Europeo, fa parte della nuova generazione di registi pieni di ambizione e motivazione, ma sembra aver vissuto tante vite.
Fotografo tra Messico, Francia e Los Angeles. Documentarista, regista teatrale e adesso con la sua casa di produzione Kono Film è al suo primo lavoro.

Si capisce molto dal modo in cui Andrea Di Salvatore parla della sua creatura. Perché è la stessa passione ed emozione che trasmette la visione del suo L’Eroe degli Antieroi. Che racconta la diaspora tra padre e figlio ma, soprattutto, la voglia di non mollare per chi crede in quello che fa. E crede nel cinema, il suo cinema.

L'Eroe degli Antieroi

Andrea Di Salvatore : l’intervista

Una caratteristica che colpisce del tuo corto è l’uso del piano-sequenza. Un virtuosismo non solo fine a sè stesso ma che sembra voler comunicare l’inizio dello scontro tra padre e figlio.

Il piano-sequenza per me ha un ruolo fondamentale. Riesco a fare immergere lo spettatore nel mio lavoro. Siccome ho sempre amato il punto di vista dello spettatore, con il piano-sequenza chi guarda può veramente immedesimarsi con ciò che sta avvenendo sulla scena. Il bello di questa unica inquadratura è poter far leggere tutto quello che vuoi allo spettatore. Nell’Eroe degli Antieroi partiamo vedendo tutta la scena: le foto, i vestiti. Attraverso un leggero movimento mi piaceva trasmettere il background del personaggio, riuscire a dire tutte quelle cose che attraverso il piano-sequenza lo spettatore vede e conosce più direttamente. Empatizzando di più con i personaggi.

L’Eroe degli Antieroi sembra aver avuto una gestazione particolare. Com’è avvenuta l’idea di realizzarlo?

Ho scritto L’Eroe degli Antieroi quando ero a Los Angeles a gennaio 2021. Ero dall’altra parte del mondo e volevo scrivere una storia su Los Angeles, finendo per scriverla sulla mia terra. Ho scritto tutto quanto il cortometraggio, il passaggio successivo è stato proporlo a diversi produttori.
Le produzioni sono sempre un po’ complicate, nessuno vuole mai produrre un cortometraggio. Quindi ho deciso di aprire la mia casa di produzione assieme al direttore della fotografia Paco Maddalena (assistente di Paolo Sorrentino), e abbiamo iniziato a produrci questo cortometraggio. Tutte le maestranze ci sono venute incontro, e abbiamo girato il corto tra Brindisi e Latiano da gennaio fino a febbraio 2023, terminando il montaggio a giugno.

Nel tuo corto sorprende la stratificata intensità tematica. Non solo la storia di un padre e di un figlio, ma la rivendicazione dell’artista in quanto tale. Ho avuto la sensazione guardando il corto che la tua opera si prestasse a diverse impianti metaforici.

L’idea che da subito ho avuto è di non incasellarlo in un genere. E non ti nascondo che all’inizio ho avuto difficoltà ad inquadrarlo pure io. È drammatico, è un musical, è un po’ muto, un po’ romantico. È un po’ tutto. Essendo tutto, effettivamente non ha un’unica identità, ma nel contempo è secondo me anche la forza del mio corto. Paradossalmente ciò lo rende già autoriale. Si va ad inserire ovunque.
I diversi temi si riscontrano nel monologo che fa Leonardo, il protagonista. E lo scopo è solo uno: quello di creare un’emozione. C’è il dramma con il padre, il dramma con l’amore. Quello con i ricordi. Ma lo scopo è sempre quello di suscitare un’emozione. Lasciarti godere di qualche cosa.
Io voglio che comunque rimanga qualcosa allo spettatore.

L’Eroe degli Antieroi ha dentro di sè uno sguardo ai grandi del cinema. Non passa inosservato uno stile che abbraccia Martin Scorsese e Damien Chazelle. Quel lungo piano-sequenza e la musica jazz, il sogno e la libertà dell’arte, sono riferimenti importanti per un cortometraggio.

Io sono italo-francese. Mia mamma è francese e mio padre italiano. Sono cresciuto tra François Truffaut e Federico Fellini, però sono nato negli anni ’90. Quindi, come dicevi tu, il cinema americano è stato una parte importante per me. Scorsese ma anche Spielberg sono ciò che sono, il cinema che mi ha formato e mi ha fatto crescere. Quindi diciamo che è un connubio che fa parte di me. Ecco perché questo onirismo alla Fellini, questo neorealismo alla Truffaut, è raccontato in una maniera americana che è stata la mia scuola. Scorsese, Chazelle. Mi ritrovo molto in questo tipo di cinema americano in particolar modo per la narrazione visiva. Mi piace dare importanza ad ogni singolo dettaglio. Perché sù L’Eroe degli Antieroi ci abbiamo lavorato tanto.

L'Eroe degli Antieroi

Il tuo corto, L’Eroe degli Antieroi contrappone padre e figlio come due figure abbandonate dalla vita. Il genitore dalla moglie e il figlio a sè stesso. Questo crea una durezza da parte del padre anche nei confronti del figlio. Ho avuto la sensazione che uno dei tuoi intenti fosse usare entrambi i personaggi come reazione ad una terra che non dà sbocco per il sognatore del tuo film.

Sì. Io sono stato tanti anni all’estero. Sono stato in Messico, Portogallo e Los Angeles. Ho lavorato come fotografo, trovandomi a lavorare in set come aiutante alla fotografia e fotografo di backstage.
L’importanza di questa metafora padre e figlio, è che noi siamo un po’ figli della nostra terra. Fondamentalmente il mio lavoro è anche una denuncia. Mi sono reso conto che qui da noi, in Puglia, in questo momento storico, c’è tantissimo cinema. Il problema è che i pugliesi che fanno cinema qui sono pochi. Ci sono tante produzioni non pugliesi che vengono a lavorare qua e fanno bene. E’ una terra fantastica, ma mi rendo conto che tra i finanziamenti che ci sono pochi raccontano la nostra terra. Manca una storia nata qua, pensata da una persona di qua. Questo è il grande gradino che va superato in questo momento. Cominciare a produrre, noi pugliesi, qualcosa di nostro. E cominciare ad avere un cinema d’identità. Come Roma, Napoli, e spero che la Puglia abbia tutto per poterlo fare.

Sei in gara al Festival del Cinema Europeo sezione Puglia Show col tuo cortometraggio, un’opera intima e toccante. Tanto che sembra parlare molto di te. Quanto c’è di Andrea Di Salvatore persona in questo?

Molto. Il corto è una trasposizione di me stesso. Chi mi conosce un po’ rivede nel mio lavoro Andrea Di Salvatore. È anche per questo che quando ne parlo comunque tendo ad essere un po’ timido a mostrarlo, perché letteralmente è una grande parte di me. Non è solo una storia di finzione.
È proprio una parte vissuta da me. Magari ho aggiunto delle cose vissute dal direttore della fotografia, cose vissute da un altro membro della troupe. Delle parti intime nostre che abbiamo condiviso in questo cortometraggio. L’Eroe degli Antieroi è un lavoro molto intimo e anche la stessa forza del mio e del nostro lavoro. In questa bomboniera che noi abbiamo creato trovi tutta quanta l’emozione che vogliamo riuscire a trasmettere. E poi ognuno può ritrovare una parte di sè vedendo il corto. Nel conflitto col padre, nell’amore del figlio per Lucia. In un ricordo come il padre assieme alla foto della moglie mentre balla. Chi in una perdita. Chiunque potrebbe ritrovare un pezzo di sé all’interno de L’Eroe degli Antieroi.

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