Presentato in anteprima ad Alice nella città 2025, nella cornice della Festa del Cinema di Roma, RIP di Alessandro D’Ambrosi e Santa De Santis è un viaggio che collega il mondo dei vivi con quello dei morti e tra questi morti trova spazio anche Valerio Morigi.
L’esistenza di Leonardo, solitario e cinico autore di necrologi disilluso dalla vita, è sconvolta dallo straordinario e avventuroso incontro con un eccentrico gruppo di fantasmi, sorprendentemente vitali. Tra questi lo spettro di suo padre, che riappare a Leonardo giovane, estroverso e senza nessuna memoria della sua vita da genitore assente e anaffettivo. Leonardo scoprirà il segreto della felicità, vincendo la paura di vivere.
RIP è una commedia che affronta il tema della morte, del coraggio di vivere pienamente tutto ciò che ci attende, tanto la gioia quanto il dolore, e dell’amore, che oltrepassa i confini del tempo e la finitezza della vita umana. Una “Ghost story” ironica e dissacrante, in cui l’approfondimento psicologico ed emotivo dei personaggi immerge lo spettatore in una narrazione incalzante, scandita da scene comiche, surreali, action e commoventi.
Il film, prodotto da NVP Studios, uscirà poi nelle sale grazie a FilmClub Distribuzione il 23 ottobre.
Nel contesto di Alice nella città abbiamo fatto alcune domande a Valerio Morigi per comprendere meglio la storia e il suo personaggio.
Valerio Morigi e il suo personaggio in RIP
Come ti sei approcciato al personaggio di Marcello? Il film è quasi come una favola, a tratti moderna e a tratti assurda. Il tuo personaggio è un fantasma, quindi come hai lavorato in questo senso? Hai avuto delle indicazioni?
Sì, ho avuto indicazioni dai registi, che sono anche autori del film, ed erano perfettamente consapevoli di quello che volevano. Personalmente mi sono trovato immediatamente in sintonia con il personaggio, che per alcune cose è molto diverso da me, ma per altre è anche molto affine. Più che altro è affine a un modo di essere che forse non mi è mai appartenuto, ma che avrei sempre voluto (come per esempio quel tipo di carica costante, soprattutto quando si sta in mezzo agli altri). E poi quando ho letto la sceneggiatura, la cosa che mi ha colpito più di tutte e mi ha fatto innamorare di Marcello, oltre a questa sua spavalderia e questa sua freschezza, è stato proprio l’indagare sul rapporto padre-figlio, soprattutto essendo genitore. Tra l’altro ho tre figli, ma il primo è un maschio e il rapporto con lui è un rapporto meraviglioso e anche molto conflittuale, o forse meraviglioso anche perché è in parte conflittuale.
Che poi il personaggio di Marcello nasconde molte sfaccettature. Sembra un personaggio divertente e semplice, ma è molto più complesso.
Sì, diciamo che c’è questo fatto di indagare sulla seconda possibilità che ha Marcello, in quanto padre e in quanto uomo. Ed è stato anche un indagare sulle effettive seconde possibilità che si hanno un po’ tutti i giorni per quanto riguarda anche i rapporti familiari. Questa cosa mi ha aiutato molto a capire come mettersi nei panni di chi esplora una via che potrebbe portare in un posto differente rispetto alla via che si è scelta precedentemente.
Per quanto riguarda la parte di apparenza del personaggio, quindi questa sua carica energica, devo dire che ho dato fondo a tutte le mie riserve di romanità nel senso più buono e bello del termine.
Abbiamo scelto un linguaggio che fosse un romano, ma ovviamente non un romano borgataro, ma un romano un po’ più istruito e un po’ più elegante. A proposito di questo posso raccontarti un aneddoto durante un giorno sul set: mi ricordo che uno degli organizzatori, mentre ero sulla fontana di Trevi ricostruita, ha detto «Ao’, Morigi s’è magnato Manfredi!». Probabilmente in qualche modo c’è un po’ di lui, da romano inevitabilmente, ma non è stata un’ispirazione diretta.

Il rapporto padre-figlio
Tornando al discorso del rapporto padre-figlio, penso sia stato complesso sicuramente, però forse anche divertente perché ti avrà dato modo di sperimentare il fatto che nel film, nonostante tu sia il padre, sei comunque più giovane del figlio. Un aspetto che mette tutto ancora più in discussione.
Effettivamente non è stato facile perché è stato molto divertente, come hai detto. Tra l’altro Augusto Fornari, che è Leonardo nel film, cioè mio figlio, è una di quelle persone che è in grado di farti ridere anche senza dire o fare nulla. Da una parte ci dicevamo di divertirci e portare questo divertimento anche nel lavoro, cioè nel film, ma dall’altra era complicato, soprattutto nel momento in cui il mio personaggio acquisisce quella consapevolezza per cui ritorna ad essere in qualche modo genitore. È stato molto divertente, una vera e propria sfida interessante riuscire ad essere il genitore più giovane e riuscire in qualche modo a dare un equilibrio che potesse essere costruttivo per il film e per il rapporto nel momento in cui si rincontrano il Marcello di prima e il Marcello con l’esperienza della vita vissuta. C’è una scena in particolare dove abbiamo sperimentato entrambi i momenti: la scena era seria, ma abbiamo fatto una fatica incredibile perché all’inizio ridevamo come pazzi. È stato veramente un momento di quelli in cui ti guardi negli occhi e non credi che riuscirai a portare la scena a casa perché non fai altro che ridere.
Credo che comunque questo sia l’emblema del film stesso perché è una commedia, è divertente e si ride, però comunque nasconde temi importanti, profondi. Il rapporto familiare, il rapporto padre-figlio sicuramente sono quelli centrali e anche questo rapporto che si è creato tra voi mi sembra di capire abbia aiutato a renderlo ancora più evidente.
Assolutamente sì. Io più leggevo e più mi trovavo completamente dentro al film e mi sono reso conto di quanto Santa e Alessandro, i due registi, fossero riusciti a toccare corde particolari pur non essendo nessuno dei due genitori. Nonostante questo hanno toccato temi che sono tremendamente universali specialmente in questo periodo della storia dell’umanità in cui ci ritroviamo bombardati costantemente da un’iperconnettività che in tutti i modi ci porta lontano dall’approfondire i rapporti. Ed è incredibile come a volte basti veramente poco. Per me questo riporta al discorso della seconda occasione. È una seconda occasione anche il fatto di decidere di ascoltare e rispondere alle domande di tuo figlio appena rientri a casa, nonostante tu sia stato fuori tutto il giorno, e staccare il telefono, dopo che all’inizio gli hai detto di dover finire di sistemare alcune cose di lavoro e solo dopo ti fermi a parlarci.
Nessuna tecnologia
In questo senso RIP è un film che non sfrutta la tecnologia. Per esempio non vengono utilizzati telefoni o elementi che richiamano alla connettività.
Esatto. C’è il discorso della ricerca di una connessione all’interno del film, ma non è tecnologica.
Il fantasma che ho voluto portare sullo schermo è un fantasma molto materico, molto attaccato alla vita terrena, alle cose della famiglia ed è molto vero, in questo senso, il momento in cui lui si rende conto di quanto dolore ha provocato con il suo comportamento di distacco totale nei confronti del figlio. Si stupisce di se stesso non essendosi ricordato di quella che è stata la sua vita.

A proposito di questo mi viene da dire che il tuo personaggio, nonostante sia Leonardo il protagonista a tutti gli effetti, è il collante tra tutti gli altri e all’interno della storia. È il punto di incontro perché unisce i personaggi e perché, essendo più giovane del figlio, unisce anche i tempi: riporta nell’oggi quello che ha vissuto in gioventù. Così facendo funge anche da punto di incontro per il pubblico che può essere il più eterogeneo possibile.
Sì, sono d’accordo. Ed è anche il motivo per cui poi a un certo punto la trama necessariamente si sviluppa verso il conflitto. Non posso fare spoiler, ma in questo senso mi riferisco alla parte finale del film. In generale mentre leggevo la sceneggiatura ero completamente innamorato del personaggio e delle sue evoluzioni all’interno della storia e poi lo trovavo perfetto e adatto alle mie corde nonostante ci siano inevitabilmente delle differenze come sempre succede. Però è (stato) meraviglioso sentirsi così parte di un gruppo e di una storia ed essere appunto la chiave che la fa andare avanti in diversi momenti.
Valerio Morigi e la mescolanza di generi… e corpi
RIP è un film che è un insieme di tanti altri nel senso che mescola anche più generi. Sei d’accordo?
Sì, secondo me è una commedia brillante, ma è anche un film che racchiude una serie di generi dal grottesco al fantasy, c’è anche azione. Credo non sia un film per tutti, ma è comunque un film leggero.
Com’è stato entrare nel corpo di un’altra persona? Come avete lavorato?
Meraviglioso. Già di per sé l’approccio con Marcello è un po’ quello che dicevo prima, cioè mi ha dato la possibilità di esplorare una parte di me che in qualche modo magari latentemente c’è sempre stata, ma che non ho mai approfondito anche per opportunità di vita. È stato stupendo perché è come quando ottieni il ruolo dell’assassino. Già entrare nel corpo di Marcello voleva dire indossare un outfit particolare che mi faceva in automatico camminare come lui. Entrare dentro Augusto per prendere possesso del corpo di Leonardo e convivere con lui era una cosa bellissima e doppiare quei momenti è stato meraviglioso. Ci siamo divertiti molto perché in qualche modo giocavamo con lo specchio facendo sì che potesse prendere le movenze che avrei fatto io nelle stesse scene da Marcello e poi anche doppiarlo è stato altrettanto stimolante.

La presentazione ad Alice nella città
RIP non è la classica commedia italiana, ma nasconde qualcosa di più. Sono quindi curiosa di vedere il responso del pubblico.
Credo abbia qualcosa di particolare che può in qualche modo incuriosire soprattutto rispetto alla varietà di generi e di tempi alla quale facevi riferimento prima che investe tante persone come pubblico. E poi è vero che non rientra proprio nello schema tradizionale della commedia italiana. Può essere ben accolto perché è sicuramente una ventata di novità e una bella folata in un momento di caldo estivo. Intanto siamo ad Alice nella città sperando che sia una bella vetrina, poi andiamo subito in sala con tre anteprime e poi uscirà ufficialmente il 23 ottobre.
Spero che questo passaggio ad Alice lo promuova a tutti gli effetti, per tutti i motivi che abbiamo elencato e per il lavoro fatto da tutti voi interpreti.
Ti ringrazio e credo che la forza di questo film sia stato proprio il gruppo. Per quanto mi riguarda è stata una di quelle esperienze che veramente succedono poche volte nella vita di un attore, come una compagnia teatrale. Mi è sembrato veramente di tornare ai tempi di quando facevo teatro e si instauravano questi rapporti meravigliosi con il cast e con i registi. Ancora adesso siamo un gruppo unito perché ci siamo proprio divertiti tanto che adesso sono già nate altre idee, altri soggetti da sviluppare, molti dei quali anche già in parte sviluppati che vorremmo riuscire a fare insieme perché c’è stata come una scintilla da cui poi è nato questo meraviglioso incendio.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli