The Glory è una serie Netflix diretta da Ahn Gil-ho (Record of Youth, Memories of Alhambra, Stranger) e scritta dalla sceneggiatrice Kim Eun-sook (The King: Eternal Monarch, Mr. Sunshine, Descendants of the Sun, The Heirs). È stata presentata in due parti: all’uscita dei secondi otto episodi, ha spopolato in Corea ed è nella top ten di diversi paesi.
Il revenge movie coreano che ha conquistato il pubblico.
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Scrittura fluida e fotografia puntualmente dark, la serie The Glory è fatta per sentirsi cattivi. Nel parteggiare per la vittima che diventa carnefice, si restituisce ai giovani perseguitati da atti di bullismo oltre la linea, il diritto di sentirsi in pace.
The Glory, la trama
Dong-eun (Song Hye-kyo) è stata vittima di perfidi e feroci atti di bullismo durante gli anni del liceo, al punto da costringerla ad abbandonare la scuola. Il gruppo di quattro giovani criminali che l’hanno maltrattata è capeggiato da una principessina che suscita sdegno, ma che vive nella sua ricchissima bolla protettiva: Yeon-jin (Lim Ji-yeon).
Quasi sul punto di togliersi la vita, Dong-eun si risveglia e le cicatrici sul suo corpo le ricordano che non vale la pena perdersi del tutto. È in quel momento, ancora così giovane, che Dong-eun si convince di voler piuttosto inseguire la vendetta e ritrovare quella dignità e quella gloria che considerava dissolte.
Your life will be in ruins once your revenge is over.
Nel pianificare la sua rivincita attende la maturità e si circonda di alcuni alleati, per caso o per destino, tra cui il solare Yeo-jeong (Lee Do-hyun), che come lei nasconde un lato oscuro e una sua missione di rivalsa.
I due portano avanti il loro piano meticolosamente, tessendo una rete di incastri che trascina il gruppo di cinque maligni artefici delle persecuzioni, a sfaldarsi e autodistruggersi sotto il peso dell’esposizione dei crimini.

The Glory Song Hye-kyo è Moon Dong-eun in The Glory Cr. Graphyoda/Netflix © 2022
Se ci può essere una giustizia, oltre gli atti di bullismo
Quasi un’ossessione ormai questo tema del bullismo, che si ripresenta di sceneggiatura in sceneggiatura nelle produzioni coreane, così come nei webtoon, altrettanto attenti. Ma in The Glory ci sono altri temi: il divario ricchi-poveri, che vede i secondi costantemente soggiogati da un sistema che non li protegge, che piuttosto li sfascia grazie al potere del denaro. Così come la vendetta, da sempre importante nella narrativa coreana: calcolata con ratio e gustata fredda, freddissima, a distanza di anni dal dolore patito. Qui addirittura, trova una metafora nell’antico gioco del Go, praticato da alcuni dei personaggi come fosse una battaglia reale.
Il contesto scolastico, poi, viene messo sotto attenta analisi. Kim Eun-sook, madre di un’adolescente, ha raccolto informazioni e testimonianze per poter descrivere quel che succede dietro ai banchi di scuola in Corea. I suoi cattivi sono ricchi spietati che se la prendono con alunni meno abbienti, ma il contesto subdolamente accondiscendente è la chiave di tutto. Quindi è l’adulto complice a suscitare profuso disgusto, più del carnefice stesso.
Nella stesura di The Glory è forte l’interrogativo su quale possa essere la rivalsa, la vendetta effettiva. Solo per scoprire che in realtà la gloria a cui si riferisce nel titolo, ha più facce, ben meno “gloriose” ed epiche di quanto si pensi in prima istanza. La vittima disegnata da Kim Eun-sook e voluta da Ahn Gil-ho diventa carnefice dei suoi aguzzini, eppure non viene mai considerata colpevole.
There is no forgiveness, no glory, either.
Ci si attarda sul finale a riflettere se eventualmente questo accanimento vendicativo porti ad un sollievo psicologico. Sebbene a livello di sceneggiatura non si sia risolto con fluidità, gli spunti di riflessione non mancano. La morte per questi personaggi, è davvero un’opzione, perché si arriva ad odiare se stessi oltre che i propri carnefici.

Song Hye-kyo e Lee Do-hyun Cr. Graphyoda/Netflix © 2022
Il dualismo, come sempre
The Glory stressa la sofferenza inflitta quasi a livello surreale, lasciando sul corpo della protagonista i segni di una via crucis. Le stigmate sono il prezzo che paga per tenersi in vita, convogliare le energie per reagire e soprattutto per convincere il suo partner, l’esecutore.
Yeo-jeong diventa la metà mancante, il braccio di Dong-eun/mente. Il connubio in cui si sublimano questi due vendicatori è inquietante quanto espressione di un amore unico, una sinergia solitaria e inviolabile. Song Hye-kyo qui inquadrata dal caschetto di nero profondo, e il suo contraltare Lee Do-hyun, brillante e patinato di chiaro. Entrambi sempre perfetti, seppure molto naturali.
La squadra che Dong-eun arruola in maniera fortuita, tutti disperati rotti dentro, catalizzati dallo stesso tormentoso senso di ingiustizia e in cerca di rivalsa, non finisce qui. Il terzo elemento tra i vendicatori è Kang Hyun-Nam (Yeom Hye-ran): la madre che difende, la moglie maltrattata, che si trasforma in un 007 mercenario al soldo della vendetta gloriosa, benché rimanga gioiosa e ironica. È l’attrice “matura” del gruppo, ed indubbiamente ha uno tra i ruoli più complessi: la violenza che si scaglia su di lei per mano del marito è straziante, e il suo volto porta cicatrici che solo una donna con quell’amore per la vita, può riuscire a convertire in energia distruttiva (e auto-preservativa). Il lavoro emotivo e psicologico che porta Yeom Hye-ran a realizzare il personaggio è notevole; sebbene i riflettori si spostino spesso dalla sua storia ad altrove, la sua performance rimane coerente e di spessore per tutti e 16 gli episodi.

Yeom Hye-ran è Kang Hyeon-nam in The Glory Cr. Graphyoda/Netflix © 2023
Una questione di valori
La dicotomia non finisce qui, dal momento che la vera antagonista è Yeo-jeong, il male sui tacchi a spillo. Con lei si definisce puntualmente il “cattivo” della storia, alle soglie del disturbo mentale, normalizzato in una figura pubblica che di facciata non poteva che essere perfette.
Ma il “buono”? Ci rimane ben poco, e allo stesso tempo non è possibile condannarlo. Non c’è un modello di vita, in guerra si è tutti colpevoli. Si potrebbe riflettere su chi ha cominciato per primo, e quindi chi ha più torto dell’altro. Si potrebbe commentare che una vittima non possa mai essere colpevole. O che le colpe, se dettate da valori nobili, non siano più tali.

Im Ji-yeon è Park Yeon-jin in The Glory Cr. Graphyoda/Netflix © 2022
Oppure, se ne potrebbe uscire profondamente turbati, perché tutto questo è eccessivo in un mondo che cerca ancora di trovare i Giusti in uno sterminato campo di battaglia dove nessuno è più capace di scagliare la prima pietra. Perché non c’è rimasta una sola anima che viva senza macchia, tra chi la commette e chi la brama. La vendetta è giustificabile, non ti annovera nella schiera dei peccatori.
Stracciate la caritas cristiana, qui siamo nella terra di Confucio.
Indubbiamente queste creature visive ci spingono dentro un conflitto di valori molto forte, ed è rincuorante sentirsi di non appartenere alla finzione descritta in quegli otto episodi.
Ebbene: comunque se ne desidera la continuazione.
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