The Club è una serie che arriva dalla Turchia, la cui prima stagione (di dieci episodi) è stata trasmessa da Netflix in due parti: sei puntate da novembre del 2021, le altre quattro a partire da gennaio 2022. Creata da Zeynep Gunay Tan e prodotta da Saner Ayar e Ayse Durmaz per O3 Turkey Medya.
The Club. Di cosa parla la Serie dal titolo originale Kulüp
Nella Istanbul cosmopolita degli anni ’50, una madre dal passato travagliato lavora in un nightclub per ritrovare e aiutare la figlia ribelle che non ha potuto crescere. (dal sito Netfix)
La protagonista è una donna ebrea, Matilda. Per un’improvvisa amnistia, Matilda esce dal carcere, nel quale avrebbe dovuto scontare una condanna fine pena mai, dopo diciassette anni di detenzione. L’omicidio di cui è accusata ci viene raccontato in flashback aggiungendo un elemento alla volta, fino a rivelarne tutte le motivazioni, un tassello dietro l’altro.
Inaspettatamente libera, Matilda pensa di fuggire in Israele e di non prendersi cura della figlia, Rasel, che le è stata sottratta alla nascita. Una serie di circostanze la condurrà invece a riscoprire la maternità e a farsi carico di Rasel, proteggendola e offrendole tutto il suo affetto che la figlia rifiuta come una tardiva imposizione.
The Club una donna al centro della narrazione

Matilda, la donna al centro della narrazione in “The Club”
Gökçe Bahadir, nel personaggio di Matilda, è quasi sempre presente in scena, a interpretare una donna sicura di sé nella difesa dei suoi diritti, e fragile per le ferite ancora aperte del passato. Buona parte del racconto la vede sotto il ricatto del perfido Çelebi (Firat Tanis), e tutto è finalizzato a sciogliere l’enigma del loro legame e del forte risentimento che lui nutre per lei. Si intuisce quanto questo rancore sia covato e lievitato nel tempo, ma a Matilda e a noi sfugge la vera ragione.
Çelebi è sempre più livido di fronte alla sicurezza di Matilda, che lui vorrebbe annientare. Lei, invece, sa proprio farsi valere. È diversa dalle eroine delle serie turche che abbiamo visto da poco. Non è trasparente come Fatma, che attraversa la vita inosservata, tanto da poter uccidere (un omicidio per ogni episodio) senza che nessuno sospetti di lei. Non è come la Meyrem di Ethos, succube del fratello e delle convenzioni, anche se pian piano impara ad ascoltarsi e conoscersi, nel suo viaggio verso la consapevolezza.
Matilda trova la forza di reagire sorretta dall’amore ritrovato per la figlia; solo così può tenere testa ai maschi che le sono intorno. Figure di poco conto, frustrate e prevaricatrici. Dicevamo la stessa cosa a proposito di Ethos e Fatma, serie in cui le protagoniste vivono oggi e non negli anni Cinquanta.

La bella e ribelle Rasel
Lo spazio della narrazione
Il periodo del secondo dopoguerra a Istanbul però era molto più aperto al nuovo di quanto non lo sia quello di adesso. Il club in cui lavora Matilda poi è ancora più all’avanguardia della società di allora, oggi inimmaginabile. Al club si fa varietà, ma si sperimentano numeri che paiono quelli degli anni Ottanta nell’Europa occidentale. Il cantante, Selim Songür (Salih Bademci), intona melodie turche struggenti, ma con un look da far invidia alle trasparenze maschili dell’ultimo festival di Sanremo (2022).
Dietro pizzi, lustrini, colori sgargianti, nasconde la personalità fragile del figlio non accettato, che ha bisogno di esagerare per esserci, e, incredibilmente, questo contrasto tra sfrontatezza e delicatezza ha un grande successo. Selim diventa quel bel personaggio che stabilisce con Matilda un sodalizio tutto loro, nello scambio di affetto e accettazione. Un prendersi cura che contiene le nevrosi di lui e i bisogni di lei.
Tra gli spettacoli, le prove e un dietro le quinte fatto di rivalità e solidarietà, nuove amicizie e vecchie ruggini, il club è lo spazio privilegiato di tutta la narrazione. Dove i cattivi si puniscono o vengono puniti, oppure, miracolosamente, si ravvedono.
Il tempo della narrazione e i punti forti della serie
Gli snodi narrativi che introducono alcune conversioni al bene sono riconducibili alle tecniche di una soap, se pure tra le migliori. Un po’ simili a quelli della serie spagnola Le ragazze del centralino, un altro fotoromanzo nella messa in scena, che ha comunque un suo perché. Ma la collocazione temporale è forse la parte che merita di più.
Non sappiamo se la Istanbul degli anni Cinquanta fosse davvero così libertaria, se e fino a quanto potesse essere amato uno chansonnier che sembra l’anticipazione di Elton John. Ma convince il fatto che dietro alla parvenza di tolleranza, si alimentasse una delle tante pagine vergognose della storia: la persecuzione delle minoranze greca, ebrea e armena. Il pogrom del 1955 da parte del primo ministro Adrian Menderes del Partito Democratico Turco (ahinoi, quante volte il termine democratico è stato usato a sproposito!) e dell’allora Partito nazionalista “Cipro è turca”.
Se pure The Club difetta un po’ di credibilità nell’intreccio delle relazioni tra i personaggi e nell’indagine psicologica, qualche ragione per seguirla c’è.
Intanto, l’ambientazione spazio-temporale, come si è detto. E poi, il rapporto tra generazioni: una madre che ha molto da farsi perdonare e una figlia che sta superando la soglia tra l’adolescenza e il suo diventare donna, rifuggendo dalla madre, ma ripetendo inconsapevolmente gli stessi errori.

Matilda e la figlia Rasel in un momento di intesa
La resa degli scontri e degli incontri tra loro, e soprattutto il desiderio che ci accomuna di essere buoni genitori e buoni figli, insieme agli ostacoli per diventarlo, fanno sì che la storia possa in qualche modo sedurci. Ingenua, sì, ma abbiamo bisogno ogni tanto di un po’ di semplicità.