‘1970’, lo stupefacente documentario di Tomasz Wolski
Attraverso un'ottima scelta d'immagini d'archivio, e con l'aggiunta di pupazzi animati, 1970 è uno stupefacente documentario che sa ricostruire quanto accadde in quell'anno in Polonia.
Già vincitore del Premio speciale della giuria al festival Visions du Réel di Nyon in Svizzera, e presentato al 33º Trieste Film Festival, 1970 di Tomasz Wolski arriva a Roma grazie a Unarchive
Stupefacente è il termine più appropriato per descrivere, con un solo aggettivo, quest’opera. Il pluripremiato documentarista polacco è riuscito a forgiare un documentario che sa mostrare i fatti accaduti in modo limpido e sintetico, utilizzando sapientemente il materiale d’archivio.
1970, La trama
Nel 1970, in molte città costiere della Polonia comunista scoppiano proteste. I lavoratori scioperano per opporsi all’aumento dei prezzi. Un numero crescente di manifestanti scende in strada. La situazione diviene sempre più tesa, e a Varsavia si riunisce un’unità di crisi, che viene rappresentata, nel documentario, attraverso pupazzi animati in Stop Motion, combinati alle registrazioni telefoniche rinvenute negli archivi.
1970: una ricostruzione storica… e una lezione documentaristica
Non è esagerato inserire 1970 di Tomasz Wolski tra i migliori documentari di montaggio della storia del cinema. In settanta minuti il regista polacco è riuscito a ricostruire perfettamente quegli avvenimenti, e a ricreare, nello stesso tempo, la cupa epoca politica polacca.
La forza del documentario sta nel sapientissimo utilizzo delle immagini d’archivio e del loro assemblaggio. Una scelta accurata, da vero storico, e un montaggio da vero regista, che sa quale immagini utilizzare e dove tagliare.
Inoltre, 1970 è anche un’opera cine-giornalistica che sa utilizzare la famosa Regola delle 5 W, perché a fine documentario abbiamo tutte le risposte.
Altro elemento vincente è quello di costruire un documentario utilizzando soltanto immagini d’archivio, senza inserire interviste. In questo caso, un lavoro sul found footage molto simile a Get Back (2021) di Peter Jackson.
Cinematograficamente, sarebbe anche utile visionare, per avere un’idea più ampia sugli avvenimenti precedenti e posteriori a quanto accadde nel 1970, tre film di Andrezej Wajda: L’uomo di marmo(Człowiek z marmuru, 1977), L’uomo di ferro (Człowiek z żelaza, 1981), Walesa – L’uomo della speranza (Wałęsa. Człowiek z nadziei, 2013).
1970: l’animazione
Se da un lato ci sono le immagini d’archivio, dall’altro ci sono le telefonate registrate, riemerse dopo anni di oblio, che i componenti dell’unità di crisi si facevano fra loro durante lo sciopero.
La geniale intuizione di Wolski è rendere visibile questo materiale audio utilizzando dei pupazzi in Stop motion modellati sui volti dei veri protagonisti di quella mattanza. Un’animazione retrò, realizzata da Robert Sowa, come se anch’essa provenisse direttamente dagli anni Settanta.
Questi pupazzi, insieme alla ricostruzione in miniatura delle cupe stanze del potere, sono inquietanti, e rappresentano bene come i reali detentori del potere fossero delle marionette in mano a personaggi molto più forti. Non a caso al termine del documentario, dall’alto una mano guantata di rosso (simbolo di mani che non lasciano impronte ma sono insanguinate), raccoglie tutti questi pupazzi e li fa scomparire.
Nelle conversazioni telefoniche, si menziona anche il nome di Wojciech Jaruzelski, nel 1970 Ministro della Difesa ma che nel 1981, attraverso un golpe militare, si nominò Capo di Stato. Jaruzelski è stata una di quelle mani guantate.
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