In concorso nella sezione internazionale dei cortometraggi al Festival dei Popoli 2021 (qui per tutto il programma), Half a Light-Year è il racconto del regista Leonardo Mouramateus e di tutte le persone che percorrono un’affollata via di Lisbona
Half a Light-Year: la trama
Tutto comincia con un ragazzo che, fermandosi in una trafficata via di Lisbona, inizia a disegnare i passanti. In parallelo la voice over (sua e del compagno) racconta ciò che verrà mostrato immediatamente dopo sullo schermo, in un’alternanza ben costruita tra presente, passato e futuro.
Il ruolo del tempo
Half a Light-Year è un racconto nel quale il tempo è centrale. Un tempo che è un insieme di più tempi. A fondersi insieme c’è il passato. E più precisamente il 2019 (anno in cui il regista ha fatto le riprese), ma che all’epoca era presente, con l’immediato futuro, adesso purtroppo presente, e cioè la pandemia. Un racconto che, anche per parlare dello scorrere del tempo inesorabile, a prescindere dalla nostra volontà, utilizza come stratagemma immagini del passato e parole del presente.
Half a Light-Year: un gioco di luce
Come il titolo stesso suggerisce, con questo cortometraggio lo spettatore è davanti anche a un gioco di luce. Ed è infatti un film, per certi versi, anche ludico nel quale il regista sfida lo spettatore a capire, o meglio, a scorgere i protagonisti. Dalla buonissima penna del giovane protagonistache, in prima persona, disegna alcuni dei passanti, il pubblico è spinto a cercare di identificare a chi appartiene il ritratto. Il regista, nell’ombra, si diverte a fermare sulla carta quei frenetici passanti, a lui sconosciuti, ma che cominciano ad avere un senso nel momento in cui si ritrovano protagonisti sul foglio. Solo col procedere della narrazione si arriva a capire che sulla carta c’è un’anticipazione di quello che si vedrà poi sullo schermo. Sembra quasi una detective story. Anche perché gli elementi ci sono tutti: lo smarrimento (del portafoglio), il successivo ritrovamento, l’identikit, gli indizi e l’indagine. Un’indagine al di sopra di ogni sospetto.Vittima e carnefice sono i medesimi. Non c’è il vero e proprio colpevole, così come non c’è la persona alla ricerca dell’oggetto perduto. Tutto è velato dal mistero, sia con il disegno, sia con le riprese, sia con le parole che, solo per certi versi, guidano il pubblico a una soluzione. Ma è una soluzione finta.
Dal quotidiano una sceneggiatura reale e autentica
I dialoghi che accompagnano le immagini, come spiegato dallo stesso regista, sono sceneggiati. Naturalmente ispirati a fatti reali e quotidiani, a dinamiche che avvengono in relazione al suo personale e in rapporto al compagno. Ma per questo sintomatici di un documentario diverso dal solito. Proprio quello che serviva (e che serve) allo spettatore di oggi. Quello che può e deve destare curiosità e interesse.
Elementi ricorrenti e lunghi piani sequenza in Half a Light-Year
Ci sono elementi che tornano più volte nell’intero cortometraggio. In primis la tazzina, protagonista della prima scena che introduce la storia, e di nuovo protagonista sul finire. In realtà è anche un oggetto simbolico perché in bilico continuamente, per tutta la durata del racconto. Un racconto che procede in maniera identica con piani sequenza che quasi ingannano lo spettatore, facendogli credere che la durata del corto sia l’effettiva durata della giornata. Nel momento, però, in cui la tazzina viene urtata e si frantuma in mille pezzi ecco che si interrompe la narrazione come l’avevamo conosciuta fino a quel momento. C’è un brusco cambio di prospettiva che modifica il flusso delle persone e non solo.
Un cortometraggio che dà e merita attenzione per ogni singolo momento e ogni singola inquadratura.
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