Giornate degli Autori #Venezia77: Conference di Ivan I. Tverdovskiy
In Conference, Tverdovskiy non si sofferma più di tanto sulle implicazioni politiche della vicenda ma ne fa un lavoro sulla memoria e ancor più una scomposizione della tragedia. Andando ad osservare le singole vite, i singoli effetti e oltrepassando la distinzione, spesso approssimativa, tra vittima e colpevole. Il film è stato presentato alle Giornate degli Autori di Venezia.
Alle Giornate degli Autori della 77° Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato Conference (Konferentsiya), il quarto lungometraggio di Ivan I. Tverdovskiy. Il film riporta alla memoria una delle pagine più tristi della storia recente russa, l’attacco terroristico del 2002 al Teatro Dubrovka di Mosca. Un evento di cui si è tornati a parlare con Tenet di Christopher Nolan, il cui prologo all’Opera di Kiev evoca proprio la Crisi di Mosca.
Conference – Trama
Natalia, una suora in un remoto monastero russo, torna a Mosca diciassette anni dopo l’attacco terroristico al Teatro Dubrovka. È tornata in quel luogo per organizzare una serata commemorativa in onore delle vittime dell’attacco, avvenuto nell’ottobre 2002. Presto si viene a sapere che Natalia e la sua famiglia sono tra i testimoni di quel tragico evento. Quasi dimenticati dal mondo, le persone che partecipano alla commemorazione, anzi alla Conferenza (come è stato loro chiesto di chiamare ufficialmente l’incontro), vengono trattate come un peso dal resto della società. Mentre si alternano i ricordi di quei tragici eventi attraverso la voce di alcuni testimoni, emergono i dettagli oscuri della storia personale di Natalia.
Conference – Recensione
Con Conference, Tverdovskiy riporta alla luce la tragica crisi del Teatro Dubrovka, avvenuta tra il 23 e il 26 ottobre 2002. Un gruppo di terroristi ceceni tenne in ostaggio oltre 800 civili, chiedendo l’immediato ritiro delle forze russe dalla Cecenia e la fine della guerra. Questo attacco, terminato con l’intervento delle forze armate, portò a più di 100 morti e ad uno strascico di inchieste ed effetti a lungo termine. Un evento che rappresenta una ferita aperta e per cui ancora non si è arrivati ad una totale giustizia. Tverdovskiy, però, non si sofferma sulle implicazioni politiche ma ne fa un lavoro sulla memoria e ancor più una scomposizione della tragedia. Andando ad osservare le singole vite, i singoli effetti e oltrepassando la distinzione, spesso approssimativa, tra vittima e colpevole.
Il film inizia con un prologo costituito da una lunghissima inquadratura fissa all’interno del teatro, dove vediamo una donna che pulisce parte della platea. L’idea del pulire, della rimozione, in questo caso della sporcizia, si instaura sin da subito. Va a congiungersi con la sensazione che il paese non abbia ancora fatto totalmente i conti con quanto accaduto in quell’ottobre del 2002. All’interno della narrazione questo turbamento e questa mancanza sono rappresentate dalla protagonista, Natalia, e dal costante tentativo di “ripulire” la sua anima e rimuovere le colpe avute in quei fatidici giorni.
Le prime immagini donano anche una concezione di disallineamento geometrico, con le file delle poltroncine oblique rispetto alla linea dell’orizzonte e con il campo-controcampo successivo formato da inquadrature originate da punti di vista diversi. Una geometria che per tutta la durata successiva viene rotta dall’uso della macchina a mano con primi piani che sfociano quasi nel dettaglio, escludendo anche parte del volto inquadrato e tenendo spesso fuori fuoco il resto.
La conferenza come ricostruzione del ricordo e come tentativo di esorcizzare le proprie colpe
Conference è organizzato in tre blocchi che formano anche una struttura intrecciata, tra le vicende personali e quella complessiva dell’evento. Inizialmente si pone l’accento sulla difficile relazione tra Natalia e la sua famiglia e avvertiamo la presenza di un avvenimento passato che ha portato ad una forte rottura. Allo stesso tempo prosegue l’avvicinamento alla commemorazione organizzata dalla donna. In tal senso si presenta la problematica ricorrente del ruolo della memoria e del ricordo che si fa sbiadito. La parte centrale del film, più di un’ora, è dedicata alla commemorazione all’interno del teatro. Conference, titolo che fa riferimento proprio a quello, diventa quasi un documentario e ricostruisce gli eventi di quei giorni tramite il ricordo dei singoli partecipanti. Si crea una vera e propria ricostruzione di come iniziò l’attacco, delle ore in cui furono tenuti in ostaggio, dei vari terroristi, anche giovanissimi e dall’aspetto comune.
Alla fine della conferenza, Natalia svela per la prima volta in pubblico un segreto che la tormenta da allora. Con il pezzo mancante, il puzzle narrativo si completa. Tutto si riallaccia al problema che ha portato all’allontanamento dalla famiglia, al suo ingresso in monastero e alla sua “ossessione” per quella commemorazione. Quel momento per lei è l’occasione per tentare di esorcizzare le proprie colpe e il tormento che l’assilla da molti anni. L’atto terroristico coincise con il dilaniarsi della sua anima.
Il ribaltamento degli eventi e la riflessione sulla tragedia
Una congiunzione tematica che si manifesta simbolicamente quando Natalia e i partecipanti rimasti si chiudono nel salone, opponendosi agli addetti del teatro che vorrebbero farli uscire, data l’ora tarda. Un momento che richiama e ribalta quello del 2002. Non c’è la volontà di evitare che le persone all’interno escano ma di impedire a chi è fuori di entrare. Natalia non tiene gli altri in ostaggio, ma è ostaggio di sè stessa e del passato.
Un film, dunque, che affronta la memoria, l’importanza del ricordo e che ragiona sugli enormi effetti della tragedia che non vede solo vittime e colpevoli ma che si ripercuote in svariati modi sui coinvolti e non solo. Un continuo passaggio dalla visione universale a quella del singolo, sia dell’evento in sè che del seguito, in un’alternanza tra dettaglio e complesso. I momenti più interessanti sono quelli che mostrano il rapporto tra Natalia e la famiglia, le conseguenze nel privato che sono al tempo stesso emblematiche della visione d’insieme. Mentre la lunga sequenza centrale della conferenza rischia di allontanare il focus dalla ricchezza delle sfumature, fossilizzando la narrazione.
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