Nessun nome nei titoli di coda di Simone Amendola in streaming su Chili
Da che il cinema è cinema se dici ‘comparse’, dici Spoletini. Cinque fratelli che dal dopoguerra hanno cercato le facce giuste per il cinema italiano e internazionale passato da Cinecittá
“Là dove Fellini creava e dove il tempo spariva.” La storia di un grande amore: così potrebbe essere definito il film documentario di Simone Amendola, presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Riflessi e dal 17 giugno in streaming su Chili.
Nessun nome nei titoli di coda é il racconto del bel cinema italiano degli anni d’oro, quando Cinecittà era luogo e sito di grandi produzioni internazionali come Ben Hur, Cleopatrao Spartacus e quando, soprattutto, Roma era anima e luogo dei film di Federico Fellini e della sua “dolce vita”.
I Fratelli Spoletini
La voce e il cuore di questa lettera d’amore è Antonio Spoletiniche, con i suoi cinque fratelli, ha partecipato come figurante a moltissimi tra i più rinomati titoli italiani e non degli anni d’oro. Antonio ora ha ottant’anni e il regista mostra la sua esistenza quotidiana tra provini per la realizzazione di film su vescovi o immigrati, tristi feste di compleanno in famiglia e visite mediche. Tutto sembra ruotare intorno alla ricerca disperata di una vecchia copia di Roma di Fellini, in un universo variegato di anonime comparse; un’umanità multiforme non dissimile, in parte, da quella mostrata dalle immagini di repertorio che mostrano i provini di vecchi film: uomini e donne che sembrano guidati in apparenza dallo stesso sogno, quello che un tempo era di Antonio e che oggi muove verso il mito il ragazzo tibetano o la donna turca fan di Claudia Cardinale.
Nessun nome nei titoli di coda Trama
Da che il cinema è cinema se dici ‘comparse’, dici Spoletini. Cinque fratelli che dal dopoguerra hanno cercato le facce giuste per il cinema italiano e internazionale passato da Roma. Dei cinque, Antonio, a 80 anni suonati, è ancora lì, sul suo campo di battaglia, Cinecittà. All’approssimarsi dell’idea di una fine, come ogni uomo, vorrebbe lasciare un nomeneititolidicoda.
Amarcord puro!
Quelle immagini in bianco e nero conferiscono un sapore di Amarcord al docu-film, creando un nesso tra gli echi dei fasti del grande cinema italiano e il perduto splendore del glorioso Impero Romano di cui restano ormai solo tristi figuranti travestiti da gladiatori. Antonio racconta a molti della sua esistenza ricca di centinaia di illustri conoscenze, di ruoli variegati ma mai da protagonista e la nostalgia sembra man mano espandersi fino ad investire tutto il film, arricchito dalla partecipazione di grandi personaggi: da Anthony Hopkins, che regala una fugace apparizione, a Marcello Fonte, protagonista di un piacevole intermezzo sul cinema in Calabria.
Il funerale di Fellini
Ognuna di queste facce conosciute appare e scompare e la sfilata dei volti noti raggiunge il suo culmine nelle scene reali del funerale di Federico Fellini, apoteosi della celebrazione accorata della scomparsa di un cinema mai più rinato. Attorno a loro compare poi quel gruppo, “gli artigiani del Cinema “ ( come li definisce il commento del video), i fidati che attorniavano il Maestro e che collaboravano ad ogni suo film, condividendo con lui molto più che un ruolo da comparsa. Tra loro c’è Trastevere con le sue viuzze, il Lungo Tevere e i suoi personaggi unici, le borgate romane e i ragazzi del quartiere, veri protagonisti del Neorealismo Italiano. E c’è anche Antonio Spoletini, che si muove nella “sua” Cinecittà con la disinvoltura di chi “la abita” dal 1951, che ha fatto del Teatro 5 una sorta di seconda casa e che vi ritorna spesso con la nostalgia di chi cerca disperatamente qualcosa che non tornerà più.