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Arbëria, l’opera prima di Francesca Olivieri racconta il microcosmo di una comunità invisibile

Il maggior pregio di Arbëria è quello di restituire il fascino del mondo che mette in scena, della sua cultura, dei suoi costumi, della sua lingua immutati da secoli, fotografato dalla regista con piglio documentaristico ed etnografico

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Sono tanti i modi per parlare di un territorio, di una cultura, di una minoranza etnica. Arbëria, per farlo, sceglie sicuramente il metodo più personale e partecipato, il più attento ai sentimenti e il più immerso nella comunità che racconta e mette in scena. Una comunità, quella descritta nell’esordio di Francesca Olivieri (anch’essa di origini arbëreshë), che è un mondo a parte, un microcosmo dentro il quale continuano a vivere le tradizioni di un popolo, quello albanese insediatosi nel sud del Paese secoli fa, che la regista racconta ricorrendo alla più classica delle storie di ritorno alle origini, tingendo di valore universale la sua piccola vicenda privata e semi-autobiografica.

Nella storia di Aida (Caterina Misasi), donna forte e indipendente allontanatasi anni prima dal paese natio ma incapace di resisterne al richiamo, c’è infatti tutta l’epopea di un’intera minoranza, una storia che vuole farsi racconto universale senza per questo perdere mai di vista la materia, i luoghi e i volti di cui è fatta. È forse proprio questo il maggior pregio di Arbëria, il fascino del mondo che (ri)mette in scena, della sua cultura, dei suoi costumi, della sua lingua immutati da secoli (ma anche della religione, della cucina e di tutte quelle regole non scritte che ne determinano la vita sociale), fotografato dalla regista con piglio documentaristico ed etnografico (la messa, le feste di paese, il matrimonio), nel tentativo di portare alla luce (e, soprattutto, al grande pubblico) quello che prima era invisibile.

Se c’è un problema nell’operazione, casomai, è allora l’ostinazione a fondere questa dimensione filologica con un approccio finzionale incapace di smarcarsi interamente da un linguaggio derivativo e da trovate abusate (quanto sarebbe giovato, a tal proposito, un approccio e una freschezza di sguardo come quelli di A Ciambra, per esempio?), un compendio sentimentale – tra sviluppi elementari, silenzi estenuanti e sprazzi onirici – che non permette di entrare appieno nel mondo raccontato, rischiando così di relegarlo allo schermo, inerte e alieno come foto di un album di famiglia di qualcun altro, o di costumi in mostra in un museo locale. Tra inquadrature aeree di paesaggi e riproposizioni attente fino al minimo dettaglio di feste e cerimonie, il risultato è così quello di un’opera scissa, cinematograficamente impalpabile ma rilevante per lo scorcio su quel mondo sconosciuto ai più che, in un modo o nell’altro, sa regalarci.

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  • Anno: 2019
  • Durata: 80'
  • Distribuzione: LAGO Film
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Francesca Olivieri
  • Data di uscita: 26-March-2019