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‘Isabelle’ Mirko Locatelli La recensione

Locatelli conferma la sua capacità di raccontare il dolore, mantenendo la giusta distanza e rispettando l'intimità dei personaggi

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Mirko Locatelli, dopo  I corpi estranei   (2013) e  Il primo giorno d’inverno (2008), torna nel 2018 a parlarci, con Isabelle, di solitudine e dolore, di una sfida esistenziale quasi impossibile da fronteggiare. Il film è ora su RaiPlay.

Isabelle Una straordinaria Arianne Ascaride

Lo fa attraverso uno splendido personaggio, interpretato dalla straordinaria Ariane Ascaride, che col passare del tempo è diventata (e diventa) sempre più intensa e più lieve. L’abbiamo conosciuta, seguita e amata attraverso il cinema del marito Robert Guédiguian (ultimo film insieme, Gloria Mundi).

Come Guédiguian, Mirko Locatelli riesce a renderla nella leggerezza dei suoi vestiti a fiori e a valorizzarla nei gesti quotidiani: fare la spesa, telefonare, guidare la macchina, preparare la marmellata, curare il giardino o lavorare al Centro di Fisica come docente, in un qui e ora quasi invidiabile. Il suo italiano con la cadenza francese, la parlata veloce, ma non nevrotica, l’energia e la grazia del suo incedere ce la rendono amica, mentre riempie la scena con la disinvoltura che le appartiene.

Isabelle

Arianne Ascaride è Isabelle (foto dal sito di Filmitalia)

Isabelle e l’ambientazione triestina

Per lei e per la sua storia, Locatelli ha abbandonato le grigie atmosfere milanesi in cui si muoveva disperato Filippo Timi ne I corpi estranei e ha scelto Trieste: una città di mare e montagna, discreta, più condizione dell’anima che paesaggio compiaciuto. Qualche immagine del mare, certo, con Ariane Ascaride di spalle che lo guarda dall’alto, ma non troppo, o che fa quei pochi gradini per raggiungerlo, seguita da dietro senza pedinamenti; anzi, quel po’ di distacco per inserire la sua figura nell’armonia di uno spazio più ampio.

Grazie al regista per non essersi lasciato troppo ammaliare da una città che ci viene proposta spesso al cinema e in televisione in location che ripetendosi stanno un po’ sminuendo il loro fascino. Qui, Trieste, luogo di confine, è più suggerita che rappresentata, nei suoi aspetti di apertura e chiusura, come i due mondi di Isabelle. Luogo mimetico che nelle luci e nei temporali estivi fa da sfondo al mondo interiore della protagonista, alle sue sicurezze e alla sua fragilità.

Le relazioni di Isabelle

Un’ombra molto spessa, infatti, incombe su di lei e sul figlio Jèrome (Robinson Stévenin), problema indicibile di coscienza, al quale non vorrebbe dar voce, ma che riaffiora, facendola agire sventatamente, come se il suo inconscio volesse punirla al posto suo.

Jèrome, al contrario, esprime tutte le sue paure, e la loro relazione ne risente. Isabelle perde la compostezza, urla e piange per proteggere il figlio, l’amore più grande della sua vita. Appena qualche cenno sul marito e padre di Jérome. Non ci viene raccontato alcunché infatti del loro passato; la narrazione inizia direttamente con le giornate di Isabelle (donna ormai matura e sola) nelle quali sembra identificarsi fino in fondo.

Ora però sta cominciando a giocare con il fuoco, avvicinandosi a Davide (l’esordiente Samuele Vessio), un personaggio coinvolto suo malgrado nel segreto tra lei e Jèrome. Isabelle inizia un legame che si fa via via più ambiguo, assurdamente complice, passando dai ruoli di insegnante e un po’ di madre, e un po’ vagamente seduttrice, ma nascondendo a se stessa l’attrazione verso il corpo giovane e i comportamenti ingenui di lui.

Isabelle

E a noi, che sappiamo quanto pericoloso sia questo rapporto, piace comunque la scena in cui Isabelle cerca i suoi costumi striminziti, li accosta a sé e ne ride con un po’di malizia, finalmente; quando, per poco, esce dai ruoli assoluti che dev’essersi pazientemente costruita.

Dice il regista che, come nelle altre sue storie, il racconto è scritto “sui corpi dei protagonisti, costretti a vivere in lunghi piani sequenza, dove si muovono coi tempi reali”. A scandire il passaggio temporale, invece, lo schermo nero con il nome dei mesi, da giugno a settembre, un’estate di apparente normalità e di sconvolgimento esistenziale.

La sceneggiatura sobria di Locatelli e Giuditta Tarantelli

La sobrietà della sceneggiatura dello stesso Locatelli e di Giuditta Tarantelli (autrice anche dei lavori precedenti e compagna del regista), il pudore nell’accostarsi ai personaggi e filmare il non detto fanno di Isabelle un altro film riuscito della coppia, che ci ha fin qui raccontato il dolore, evitando di sostare troppo a lungo sulla sua vistosa rappresentazione.

Giuditta Tarantelli afferma che “si deve creare una relazione empatica con il personaggio che racconti. Anche con Isabelle è stato un percorso lungo di letture, incroci di storie e fatti, alla ricerca di un motivo valido per volerle bene e uno altrettanto valido per poterla odiare”.

Sarà la scelta della protagonista, noi però non riusciamo a odiarla, anche davanti all’evidenza dei suoi errori. E anche se Isabelle, come dice Mirko Locatelli, “porta la rappresentazione dell’egoismo e dell’ipocrisia della classe borghese sul palcoscenico, a un ritmo tale da trascinare se stessa e gli altri nel baratro”.

La giusta distanza

Un dramma borghese, quindi, in cui nonostante la modernità dei personaggi, si ripete il modello che tanta letteratura e tanta realtà ci hanno raccontato, quello di una madre che difende il bene a lei più caro, il proprio figlio. E che viene riproposto in modo credibile, con un linguaggio essenziale, attento ai dettagli e all’insieme della rappresentazione, all’estetica e ai sentimenti.

Alice Munro ha scritto che se un romanzo contiene troppa sofferenza il lettore se ne allontana. Vale anche per il cinema, e Mirko Locatelli, qui al suo terzo film di finzione (prima de La memoria del mondo), ha confermato una competenza non comune: quella di aderire all’intimità, al dolore (e al senso di colpa), mantenendo dall’inizio alla fine la giusta distanza. Con Isabelle, Mirko Locatelli e Giuditta Tarantelli hanno vinto il premio della migliore sceneggiatura al Montreal World Film Festival.

Intervista a Mirko Locatelli e Giuditta Tarantelli, autori di Isabelle, l’intenso film con Ariane Ascaride – Taxidrivers.it

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Isabelle

  • Anno: 2018
  • Durata: 90'
  • Distribuzione: Strani Film, Mariposa Cinematografica
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia, Francia
  • Regia: Mirko Locatelli
  • Data di uscita: 29-November-2018