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FILM DA VEDERE

La tregua, l’ultimo film di Francesco Rosi

Un film tratto dal romanzo di Primo Levi e dedicato a due figure storiche del cinema italiano.

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La tregua, un film italiano del 1997, l’ultimo diretto da Francesco Rosi, tratto dal romanzo omonimo del 1963 (vincitore del premio Campiello) di Primo Levi. È stato presentato in concorso al 50º Festival di Cannes. Il film è dedicato «a Pasqualino e Ruggero», ovvero a Pasqualino De Santis, storico direttore della fotografia del cinema italiano, morto in Ucraina durante le riprese, e a Ruggero Mastroianni, storico montatore del cinema italiano, morto poco prima di ultimare il suo lavoro. I due furono degnamente sostituiti da Marco Pontecorvo e Bruno Sarandrea. Il film si aggiudicò quattro David di Donatello, tra cui quelli per il Miglior Film e la Miglior Regia. Con John Turturro, Massimo Ghini, Rade Serbedzija, Stefano Dionisi, Claudio Bisio, Teco Celio, Roberto Citran, Andy Luotto, Agnieszka Wagner.

Sinossi
Un gruppo di reduci italiani da Auschwitz, liberati dai russi, intraprendono una lunga marcia per raggiungere la loro patria. Per Primo questa è l’occasione per osservare con occhi nuovi la sorprendente realtà dell’Europa liberata dal nazismo e per riprendere contatto con il proprio corpo, l’amicizia e l’amore.

Per bloccare l’attenzione dello spettatore sul ‘non dimenticare’ preteso da Primo Levi, nell’atto di dirigere La tregua e nell’allestire i cartoni preparatori (ciò che viene chiamato ‘prefilmico’), Francesco Rosi si è affidato al doppio registro della commozione e della contemplazione, del coinvolgimento emotivo e della meditazione sull’esempio morale che se ne può ricavare. E, legandoli con un movimento pendolare, passa dalla registrazione di un’emozione a momenti che, per intenderci, possono definirsi ‘epici’. Si badi a come nel film si alternino, e si saldino fra loro, elementi che sulla carta si direbbero appartenere a codici diversi: la nota commossa (la donna anziana che accoglie i due italiani nella botteguccia e gli offre del cibo) o scherzosa (l’episodio del greco, la figura di Cesare che, come già avveniva in Levi, paiono elementi da commedia innestati su un tessuto drammatico) e la dilatazione di carattere epico che distingue l’avvicinarsi al luogo della morte dei quattro soldati russi, quasi cavalieri dell’Apocalisse che infrangono la nebbia, e più avanti la marcia dei reparti che, nel vitale disordine che è proprio della vita, tornano in patria o il caldo saluto al generale sovietico vittorioso che annuncia agli erranti il rimpatrio dopo mesi, anni di attesa. I materiali narrativi ricomposti nel film pretendevano un’articolazione di estrema semplicità sintattica che escludesse rigorosamente ogni ambiguità, ogni confusione, ogni indeterminatezza. E Rosi ha cercato e ha trovato uno stile puro costringendosi al massimo controllo delle possibilità del mezzo, a una assoluta economia delle potenzialità della cinepresa (cosa che, poi, contrastava con la necessità di far muovere le masse, di obbligarle a una naturalezza estrema).”

John Torturro riferisce della sua esperienza nel film di Francesco Rosi: “Per La tregua sono andato a Torino e ho conosciuto la sua famiglia. Ho lavorato come un matto, come mai mi è capitato. È stato il solo film da cui, alla fine, non riuscivo a uscire, e tutte le volte che lo rivedo recupero quelle sensazioni. Ogni tanto riprendo un suo libro e rileggo un passaggio anche venti volte, dicendomi: fammi vedere che cosa ne pensa Levi. Ti fa pensare alle cose per cui vale la pena vivere, mostrandoti qualcuno che si rimette in piedi lentamente, magari tornando ad ascoltare la musica, o ridiventando nostalgico, o prendendo in mano una matita. Racconta spesso di come i prigionieri tenessero la testa bassa, perché cercavano il cibo e non volevano incrociare nessuno sguardo. Ecco: poter finalmente tornare ad alzare la testa. In un libro così denso c’è anche questo“.

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  • Anno: 1997
  • Durata: 126'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia, Francia, Germania, Svizzera
  • Regia: Francesco Rosi