Nel 1972 Woody Allen vive uno dei momenti migliori della sua carriera. Ha esordito da qualche anno al cinema sia come attore che come regista, ha già alle spalle una carriera da stand-up comedian di enorme successo e si è dedicato anche alla scrittura di opere teatrali. Non a caso, Provaci ancora, Sam (Play It Again, Sam) è tratto proprio da una sua commedia omonima del 1969 di enorme successo, che vede fra i protagonisti lo stesso Allen, Diane Keaton e Tony Roberts. In cabina di regia sceglie però, di lasciare il posto a Herbert Ross perché vuole concentrarsi su progetti originali per il cinema e perché spera che il film possa essere commerciale, solido e divertente per poter arrivare ad un pubblico più vasto possibile. Cosa che, per sua stessa ammissione, non sarebbe riuscito ad ottenere con i suoi film.
«Play it, Sam. Play “As Time Goes By”»
Sam (Allan in originale) Felix, un goffo e insicuro uomo di ventinove anni, fanatico appassionato dei film con Humphrey Bogart, viene lasciato dalla moglie Nancy. Così, il suo amico Dick e sua moglie Linda cercano di aiutarlo, senza alcun successo, a trovare una nuova compagna. Nel frattempo, però, fra Sam e Linda inizia a nascere qualcosa.
La Maschera
Con Provaci ancora, Sam Woody Allen introduce già quasi tutti gli elementi che caratterizzeranno la sua iconica maschera comica. L’inettitudine, l’inadeguatezza, le nevrosi, gli amori impossibili, le idiosincrasie e le ossessioni dell’uomo dai capelli rossicci e occhiali dalla montatura nera sono già tutte qui. Se nei film precedenti (Prendi i soldi e scappa, 1969 e Il dittatore dello stato libero di Bananas, 1971) le gag slapstick la facevano da padrone all’interno della macchina comica costruita dall’attore newyorkese, nel film di Herbert Ross si affianca anche la forma di comicità verbosa che diverrà la sua cifra stilistica, soprattutto da Io e Annie (Annie Hall, 1977) in poi.
Interessanti a tal proposito l’alternanza e la scelta delle diverse forme di comicità che Allen e Ross (è necessario attribuire la paternità dell’opera a entrambi) imbastiscono a seconda del soggetto di ogni scena. In particolare, lo slapstick prende il sopravvento nei momenti in cui Sam Felix tenta di fare colpo su una ragazza. Tutte situazioni in cui egli finge di essere diverso da ciò che è, manifestando apertamente tutte le sue ridicole insicurezze. Invece, nei momenti più intimi, quotidiani e sinceri emerge più il Woody da stand-up comedy. C’è una scena esplicativa in cui Sam torna da un appuntamento in cui ha subito un’aggressione. Al suo rientro spiega cosa è successo a Linda e Dick e trasforma il racconto esattamente in un pezzo da stand-up che provoca una grossa risata ai due amici. La maschera cade e, di conseguenza, riesce a diventare interessante agli occhi di Linda, che pian piano inizia a provare qualcosa per lui. Tuttavia, quando Sam ha l’occasione di manifestare il suo amore invitando a cena Linda a casa sua, ecco che riemergono lo slapstick e la finzione. Ma, lo aiuta in questo caso la “finzione” per eccellenza: quella cinematografica.
A dirgli esattamente cosa deve fare, il personaggio di Bogart, che Sam immagina personificato costantemente nel corso del film. Egli consiglia a Sam di far colpo su Linda con le tipiche frasi d’amore alla Bogart. Frasi che, nonostante lo scetticismo del personaggio di Allen, riescono a portare i due protagonisti al bacio e alla dichiarazione d’amore.
Cinema. L’unica “vera” finzione
Il cinema, per Woody Allen, è ciò che salva sempre. E in questo caso, tale assunto non fa eccezione.
Fingersi diversi da ciò che si è non produce altro che situazione ridicole, ma se la finzione è di natura cinematografica essa non può che avere un effetto positivo (celebre la sua massima: «È assolutamente evidente che l’arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla TV.»). Si tratta solo di indossare la maschera giusta.
Tuttavia, il personaggio di Sam non è quello di Bogart e non può essere né un vincente, né un meraviglioso perdente come il divo degli anni ‘40. Quel mondo, quel cinema e quello stile, per quanto ancora capaci di avere un effetto sul reale, non si adattano più al mondo rappresentato dalla New Hollywood.
Il finale di Provaci ancora, Sam, che parodizza chiaramente quello di Casablanca con la mitica scena in aeroporto, descrive chiaramente ciò. Alla fine, Linda correrà dietro Dick e dirà a Sam che ha capito di amare lui e non il personaggio di Allen. La gloria riservata a Bogart viene sostituita con una sincera e forte comprensione della natura della maschera di Woody che permette al film di chiudersi con uno strano lieto fine. Infatti, se il personaggio di Rick nel film del ’42 alla fine viene mitizzato per i suoi punti di forza, quello di Allen viene comunque mitizzato, ma per le sue umane e sincere debolezze. In perfetto stile New Hollywood.
La soluzione risiede sempre nel Cinema e nelle sue strutture. Non bisogna togliersi la maschera per essere sé stessi, ma crearne una nuova capace di dire nuove verità sulla realtà del tempo. E quella di Woody Allen, capace di raccontarle con un’efficacia unica, era appena nata. Lo sancisce lo stesso Sam alla fine, dicendo a Bogart:
«Il segreto sta nel non essere te, ma me. Tu sei bassino e piuttosto bruttino, ma… anch’io sono abbastanza basso e brutto per avere successo per conto mio.»