Il tocco di Gregg Araki, il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense, c’è ed inconfondibile. L’autore della trilogia sulle nuove generazioni (Totally Fucked Up, Doom Generation e Ecstasy Generation), che culminò con Doom Generation (1995), torna, ancora una volta, ad occuparsi della vita di un’adolescente, mettendola stavolta in connessione con quella della madre (una splendida Eva Green), una donna che, a fronte di una scialba e frustrante vita coniugale, sparisce all’improvviso nel nulla. Araki, che ha sceneggiato il film a partire dal romanzo thriller di Laura Kasischke, è abilissimo a mettere in scena la vita psichica della protagonista (una sorprendente e sensuale Shailene Woodley, che avevamo visto in Paradiso amaro di Alexander Payne), in particolare il modo in cui la giovane elabora la scomparsa della madre, giacché, si sa, i teen ager sono spesso inclini a rimuovere i dolori che si affacciano sulle loro vite, il che si traduce in comportamenti scorretti ed estemporanei che rischiano di mettere a repentaglio il futuro. Il padre di Kat (Woodley), interpretato da un ottimo Christopher Meloni, cade in un forte stato depressivo, a cui la figlia reagisce sfuggendo, andando a cercare energie vitali per poter continuare ad andare avanti. La storia messa in scena è semplice, ma alcuni dettagli, compresa, in particolare, la vita sessuale di Kat, già molto attiva, colpiscono non poco lo spettatore, il quale viene spiazzato abbastanza crudelmente dalla scaltrezza della ragazza, che, sebbene solo diciassettenne, è già completamente smaliziata e in grado di gestire l’universo maschile che le gravita intorno. Ovviamente, l’antefatto della storia costituisce un tarlo che affligge Kat senza sosta, in quanto a differenza di un normale lutto, di cui non si può che farsene una ragione, la sparizione della madre, nonostante le indagini della polizia, rimane del tutto misteriosa, e questa impossibilità di conoscere la verità mina lentamente l’equilibrio della ragazza, che, comunque, continua a vivere un’esistenza pressoché normale.
Il film, dunque, pur narrando innanzitutto e per lo più la vita da adolescente della protagonista, si carica di una forte enigmaticità che, anche se fuori campo, non cessa di riverberare su ogni fotogramma, e, quantunque il colpo di scena finale sveli fino in fondo l’arcano, ciò che davvero conta in White Bird è l’atmosfera ambivalente, da teen movie su cui incombono le fosche tinte del thriller, e Araki è assai abile a tenersi in equilibrio tra le due anime che pervadono il suo ultimo lungometraggio. Un’ibridazione, una sintesi, perfettamente riuscita. Il tema centrale di White Bird riguarda l’incapacità del mondo degli adulti, dei genitori, di capire i giovani, mossi da un disperato desiderio di vita, lanciati come sono in un movimento frenetico ed inarrestabile: in ciò risiede la loro autenticità, nel non esser mai se stessi, laddove il percorso di formazione della soggettività modifica velocemente i caratteri. Corrono forsennatamente verso ‘loro stessi’, per divenire ‘loro stessi’.
Ed è proprio per questo motivo che piace il cinema di Araki, per la capacità di aver mantenuto uno sguardo vivo, di non essersi trincerato dietro quelle certezze, che, al netto delle sicurezze che forniscono, inibiscono la possibilità di relazionarsi al mondo in modo dinamico, e quindi vitale. Nel cinema di Araki c’è tanta vita, che non si cristalizza in un’immagine, ma fluisce durante il corso della visione, inondando l’occhio, destando lo spettatore da un fatale torpore.
Distribuito da Koch Media, White Bird è disponibile in blu ray, in formato 2.35:1, con audio in italiano e originale (DTS-HD Master Audio) e sottotitoli opzionabili. Nei contenuti extra il trailer.
Luca Biscontini