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50 giorni di cinema Firenze

‘Festival di cinema e donne’ – L’intervista a Camilla Toschi

La 46ª edizione del Festival di cinema e donne raccontata dalla sua direttrice artistica

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La direttrice artistica del Festival di cinema e donne Camilla Toschi racconta la 46esima edizione in un'intervista.

Si è tenuto dal 22 al 26 ottobre a Firenze al cinema La Compagnia il Festival di cinema e donne, giunto quest’anno alla sua 46ª edizione. A aprire il Festival è stata la proiezione di Put your soul on your hand and walk, il film-documentario realizzato dalla regista Sepideh Farsi che racconta la vita a Gaza attraverso gli occhi della fotoreporter Fatma Hassona, uccisa lo scorso aprile. La regista ha partecipato da remoto alla serata di inaugurazione, in un dialogo appassionato con la giornalista Rula Jebreal. Oltre a loro, sono state ospiti del Festival Agustina Macri, Anna Cazenave Cambet, Caroline Deruas Peano, Léna Garrel, Monica Guerritore, Alvia Reale, Francesca Cellini e Laura Samani.

Il Festival si è svolto adempiendo al suo proposito di dare spazio alla voce di registe emergenti e di riscoprire artiste del passato, creando un ritratto plurale e vivo del cinema firmato da donne. A raccontarlo in questa intervista è la direttrice artistica Camilla Toschi.

Festival di Cinema e donne: tra passato e futuro

Siete alla 46ª edizione quest’anno, ed è il terzo anno che lei è direttrice artistica. Quanto avete cercato di mantenere la vostra tradizione e quanto invece avete cercato di innovare? Che equilibrio avete trovato?

Noi siamo una fondazione regionale che da sempre sostiene il progetto del Festival di Cinema e Donne, che ha avuto una direzione artistica continuativa. Paola Paoli e Maresa D’Arcangelo si sono occupate del Festival per 42 anni e si sono chieste come proseguire. Si sono quindi rivolte a noi, che per conto di Regione Toscana promuoviamo tutta la filiera dell’audiovisivo e quindi sosteniamo anche il Festival di Cinema. Per questo abbiamo accettato, io personalmente con grande entusiasmo, ripensando però quello che era il progetto originale.

Quindi si è inserito un concorso dedicato alle opere prime e seconde con un premio in denaro e un secondo premio che esiste dall’anno scorso in collaborazione con LED, Leader Esercenti Donne, che consiste nella produzione del supporto, il DCP già sottotitolato in italiano, che viene poi circuitato all’interno della rete delle sale gestite da esercenti donne, che sono tante sul territorio italiano. Quindi una sorta di sostegno reciproco per favorire la diffusione del cinema delle donne.

Rispetto al progetto originale si è valutato di dare maggiore spazio alle produzioni delle registe che iniziano questo mestiere e che quindi spesso si trovano a dover affrontare un mercato difficile, in cui se una è una sconosciuta ha ancora più difficoltà a portare il proprio lavoro. Questa diciamo è la missione principale.

Parallelamente lavoriamo sulla valorizzazione del cinema del passato. In questo contesto si inserisce per esempio il progetto Cinema, l’altra storia, da un’idea di Piera Detassis con Raffaella Giancristofaro. L’anno scorso abbiamo proposto in questo quadro un approfondimento su Chantal Akerman, a cui è seguita una retrospettiva nei mesi successivi al Cinema La Compagnia, che abbiamo prodotto direttamente come Festival delle Donne, facendoci anche carico dei sottotitoli.

Abbiamo poi organizzato un secondo appuntamento dove si è parlato di Delphine Seyrig e del rapporto con Marguerite Duras. Quest’anno la 46ª edizione è per Ida Lupino, una pioniera, anzi la pioniera del cinema anglo-americano, che tra gli anni ‘30 e gli anni ‘80 ha realizzato oltre 100 produzioni, prodotti e titoli per il cinema ma anche per la televisione.

Sono occasioni preziose in cui, grazie al lavoro di Piera Detassis e Raffaella Giancristofaro, si va a scoprire il lavoro e la storia di quelle donne che hanno effettivamente contribuito alla storia del cinema mondiale ma che non hanno mai trovato riconoscimento del lavoro svolto negli anni. Insomma: due linee che si incontrano, da una parte la valorizzazione del presente, dando spazio e voce alle giovani autrici, dall’altra il recupero e la valorizzazione del grande cinema passato.

Donne nel cinema

A proposito di questo, un tema che ricorreva nelle sue presentazioni dei film era quello di lavorare come donna nel cinema, in vari ruoli, e delle difficoltà che ancora si riscontrano nel cercare di inserirsi alla pari e in modo costruttivo in questo ambiente.

Sì, senz’altro. Questo è un elemento che ricorre ripetutamente sia nel lavoro ma anche, come dicevi, nel corso degli incontri che abbiamo avuto con le varie ospiti che sono venute a Firenze. La difficoltà, per chi fa questo mestiere ed è donna, è quella di trovare spazio, di trovare produttori, quindi già dagli albori quando si pensa a un soggetto e si cerca di preparare una sceneggiatura, trovare produttori che credano nel progetto e che decidano di investire risorse, fino anche alla distribuzione perché solo una piccola parte dei nostri film è effettivamente poi distribuita in Italia.

Proprio in virtù di questo abbiamo pensato di lavorare sulle opere prime e seconde, proprio per contribuire come festival, come progetto a cercare di cambiare questo trend, questa direzione.

E poi immagino che non sia solo una difficoltà delle registe, ma di chi lavora in tutta la macchina del cinema. È un ambiente difficile, non solo per le artiste.

Sì, esatto, e rispetto a questo aspetto da ormai più di un anno lavoriamo al progetto L’assemblea, da un’idea nostra insieme a Jasmine Trinca, che è uno spazio di confronto libero e sicuro rivolto alle donne che fanno questo mestiere a diversi livelli, con diverse specializzazioni da registe, attrici, produttrici, distributrici, sceneggiatrici, organizzatrici di eventi e programmatrici per i festival.

Insomma tutte quelle figure che hanno a che fare con la filiera dell’audiovisivo e che nel progetto dell’assemblea trovano un momento di confronto e di ascolto reciproco per immaginare linee condivise e buone pratiche. Si tratta però di un progetto ancora in fieri su cui si sta lavorando e che non è al momento condivisibile con il pubblico o con terzi.

Il Festival, il territorio, e il mondo

Oltre ad avere contatti, cercare di costruire una narrazione tra passato e registe, artiste contemporanee, siete anche molto connesse con il territorio. Ci sono stati tanti interventi di associazioni, di gruppi, penso a Corri la Vita ma anche all’International Festival di Gaza. Il Festival è un ecosistema connesso al territorio, anche a distanza. Mi racconta questi progetti?

Sì, diciamo che noi abbiamo la fortuna di occuparci per tutto l’anno di una sala che è la Casa del Cinema della Regione Toscana, che è un luogo di confronto e di valorizzazione del cinema a disposizione anche dei tanti operatori che lavorano in Toscana, nello specifico a Firenze. Per questo abbiamo una rete molto salda con tutte le realtà che seguono l’audiovisivo.

Nel caso specifico dell’edizione di quest’anno abbiamo avuto il sostegno e l’appoggio del Middle East Now, il festival dedicato al Medio Oriente che fa sempre parte della 50 giorni e che ci ha seguito nella nostra serata di apertura, che era appunto dedicata a Gaza con il film-documentario Put your soul on your hand and walk di Sepideh Farsi.

Anche il Florence Queer Festival è stato coinvolto, per l’anteprima di Miss Carbón di Agustina Macri.

Il film di chiusura [Un anno di scuola] è un’operazione di tipo diverso. Fondazione Sistema Toscana, che è la fondazione di riferimento, di cui noi siamo dipendenti, ha deciso di sostenere per il secondo anno di seguito l’associazione Corri la vita [per la lotta contro il tumore al seno] donando l’incasso di una delle serate del Festival di Cinema e Donne.

Il progetto di Gaza [il Gaza International Festival for Women’s Cinema] è un po’ diverso. Si tratta di un progetto di festival che è in corso in queste ore proprio a Gaza, dedicato alle donne: le donne raccontate attraverso lo strumento del cinema. Ci hanno contattato qualche mese fa e noi con entusiasmo abbiamo deciso di aderire. L’idea iniziale era quella di ospitare all’interno della nostra selezione del programma 2025 cinque corti che sarebbero stati realizzati da venti giovani donne che a Gaza si sarebbero cimentate per la prima volta con la macchina da presa.

Purtroppo le condizioni della guerra non hanno permesso di realizzare questo laboratorio, cosa che ci auguriamo succederà nel 2026, ma si è costruito un ponte tra noi e loro, un confronto anche rispetto ai film, ai temi. Io personalmente sono entrata nel comitato di selezione di questo festival; siamo in continuo contatto e li sosteniamo anche promuovendo la campagna di crowdfunding che va a sostegno di questa straordinaria iniziativa. Sul nostro sito ci sono tutti i riferimenti.

Ultima domanda, difficile: qual è il suo film preferito? Non del festival, naturalmente, in generale.

Il mio film preferito della vita? Sono due. Senz’altro un film italiano è Una giornata particolare e come film invece non italiano probabilmente Il grande freddo. Due storie molto diverse ma che hanno tanti elementi in comune e che, nonostante il tema non proprio leggero, periodicamente mi rivedo.