Ad Alice nella città 2025 il documentario Andando dove non so. Mauro Pagani, una vita da fuggiasco è un viaggio nella memoria del maestro, uno dei più stimati musicisti italiani contemporanei. La regista Cristiana Mainardi ci porta nella vita e nelle stanze di Pagani, ricostruendo il suo percorso personale e professionale, con una serie di interviste all’ex PFM e ai molti colleghi con cui ha collaborato durante gli anni: Manuel Agnelli, Marco Mengoni, Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi, Mahmood tra gli altri.
Dall’esordio nella Premiata Forneria Marconi, gruppo caposaldo del progressive rock italiano, alla lunga collaborazione con De Andrè, fino all’attività di mentore e direttore musicale a Sanremo, la storia di un musicista talentuoso che riscrive con la sua gentilezza il cliché dell’artista eccentrico.
Ricostruire la memoria con la musica
Andando dove non so segue l’idea di ricostruire la memoria del maestro attraverso la musica. L’intuizione, come ci è chiaro dalle prime interviste, è seguire l’idea di radice africana che la musica abbia proprietà curative. Pagani quattro anni fa ha affrontato un problema medico che lo ha portato alla perdita parziale dei suoi ricordi. Da lì il recupero attraverso la storia dei suoi dischi, che ci fanno risalire fino all’infanzia, al padre musicista severo che lo avrebbe voluto laureato.
È qui che arriva il ricordo del “fuggiasco” del titolo, la presenza ribelle e disobbediente dentro Mauro, ogni tanto necessaria a questo musicista straordinario dal carattere mite e gentile.
Musicisti uniti: da “Domani” alle Officine meccaniche
Mainardi, alla prima regia, costruisce un documentario che abbonda di stimoli differenti, tra interviste, inquadrature estetiche, materiale di repertorio… quello che più colpisce però sono le parole semplici e dirette di Pagani. Con genuinità il polistrumentista rivela una filosofia che percorre tutte le sue esperienze artistiche- dal progetto “Domani, artisti uniti per l’Abruzzo” fino al suo studio di registrazione d’altri tempi, le Officine meccaniche- ovvero la semplice ricerca del bello che nell’arte può portare a grandi risultati.
In un colloquio con Arisa, che come gli altri artisti intervistati mostra una grande stima e affetto, Pagani dice: “Lavorare per il proprio ego è di una noia mortale, secondo me; lavorare per il bello ti fa riempire di sorprese e di gioie tutto il tempo”.
Da uomo che ha vissuto la grande politica degli anni ‘70, in un periodo in cui gli artisti erano molto più schierati di adesso, arriva poi l’appello ad una visione meno individualista del mondo, aperta al dialogo. Un confronto che la musica porta ad un livello successivo, perché ci rende possibile sognare il cambiamento per cui si deve combattere ogni giorno.