Sono passati tre anni da quando la regista scozzese Charlotte Wells ha stregato pubblico e critica di Cannes con il suo film d’esordio, Aftersun. Adesso, si stringe un nuovo legame con il Festival del Cinema di Venezia, ma questa volta in veste di giudice. Sarà lei, infatti, a presiedere la giuria del Premio Venezia Luigi De Laurentiis, che incorona la migliore opera prima, affiancata dalla regista franco-tunisina Erige Sehiri e dall’autore italiano Silvio Soldini.
Partendo dalla kermesse francese, passando per Alice nella città, fino ad arrivare al Festival di Toronto e raccogliendo oltre 40 premi e 100 candidature, Charlotte Wells ha decisamente catturato l’attenzione di molti con il suo primo lungometraggio che vedeva come protagonisti altre due stelle nascenti del panorama: Paul Mescal e Frankie Corio.
I primi passi nella nostalgia
Classe 1987, la regista e sceneggiatrice è nata e cresciuta a Edimburgo, ha frequentato l’Università di Oxford prima di trasferirsi a New York per proseguire gli studi. Il suo percorso artistico passa attraverso cortometraggi facilmente visionabili sul suo sito: charlotte-wells.com. La narrazione di Wells segue il fil rouge della quotidianità con una visione intimista, i temi della solitudine, della sofferenza, dei rapporti familiari e del disagio psicologico che poi ritroviamo perfettamente sublimati nel suo lungometraggio Aftersun.

In Tuesday del 2015, ad esempio, conosciamo la sedicenne Allie. La seguiamo in uno dei suoi martedì, appunto, giorno in cui abitualmente va a casa del padre. Nel corso della giornata, vive incontri imbarazzanti con amici e lezioni noiose, la macchina segue i suoi spostamenti, i suoi sguardi e i gesti quotidiani, prima di arrivare finalmente nell’appartamento del padre, invaso da un silenzio assordante. Allie, in realtà, sta lentamente imparando a convivere con la sua recente perdita.
Anche nel suo ultimo corto, Blue Christmas, si può nuovamente apprezzare la sua straziante narrativa. Il giorno della vigilia di Natale del 1968, in una cittadina costiera scozzese, Alec, un esattore di debiti, si mette al lavoro per tutto il giorno lasciando il figlio ad occuparsi della moglie affetta da una psicosi sempre più grave.
“Avevo letto che Chantal Ackerman aveva lavorato molto sul suono dei passi per poi utilizzarli nelle scene dei suoi lungometraggi. Ho pensato di fare qualcosa di simile, inserendo il respiro nei momenti di transizione tra una scena e l’altra; oppure nel passaggio dal respiro di lui a quello di lei e viceversa per rappresentare un momento di disperazione, di mancanza di speranza…”
ha riferito Charlotte Wells.
Ma l’importanza del respiro che scandisce il tempo, un respiro asfissiante e indesiderato, si può ritrovare anche in Laps del 2017, in cui la regista in soli cinque minuti riesce perfettamente a esprimere il disagio e il panico di una donna aggredita sessualmente in piena vista nell’affollata metropolitana di New York. La regista sceglie di non mostrare i volti degli altri passeggeri e dell’aggressore, una totale assenza di dialoghi, lasciando trasparire lo sgomento solo dai primissimi piani della giovane protagonista.
Lo spazio metafisico del cinema delicato
Il cinema di Charlotte Wells si costituisce di una lacerante nostalgia. Una malinconia silenziosa, mai urlata o esasperata; un cinema fatto di silenzi, respiri e gesti di affetto. L’effetto di una fotografia sbiadita che ritrovata in fondo a un cassetto risveglia ricordi ed emozioni, ma la memoria altera le circostanze o aggiunge false tracce.

Nonostante il suo trasferimento a New York, lo stile dell’autrice è fortemente legato alle sue radici, alle sue esperienze di vita personale. Proprio come un altro regista britannico: Andrew Haigh, che con il suo All of us strangers (anche qui con Paul Mescal tra i protagonisti) ha portato sullo schermo una parabola delicatissima sul rimpianto e sul venire a patti con il proprio passato.
Charlotte Wells con le sue opere crea uno spazio metafisico in cui si mescolano passato e presente, realtà e fantasia, in cui i ruoli di cura si alternano tra adulti e bambini e forza e fragilità convivono in personaggi struggenti quanto umani.