Presentato in anteprima mondiale nel 2024 al Festival Biarritz Amérique Latin, che gli riconosce il Premio del Pubblico, e nel 2025 a Ecozine, per cui vince il premio per il Miglior documentario internazionale, Una canción para mi tierra inizia così il suo percorso internazionale. Il film parte dall’Argentina e fa il giro del mondo, approdando oggi a San Vito lo Capo per la nuova edizione del SiciliAmbiente Film Festival.
Il film di Mauricio Albornoz Iniesta documenta il progetto Canciones urgentes para mi tierra, nato nel 2013 da un collettivo di artisti, giornalisti e attivisti, impegnati nel denunciare l’uso massiccio dei pesticidi nelle coltivazioni vicine alle comunità locali di una zona rurale dell’Argentina.
Una canción para mi tierra come forma di protesta
In un angolo dimenticato del Sudamerica, tra campi coltivati a monocoltura e scuole esposte quotidianamente a pesticidi e diserbanti, un maestro di musica decide di intervenire. Una canción para mi tierra racconta la storia di Ramiro Lezcano, insegnante, musicista e sognatore, che usa la musica come strumento di protesta e riscatto collettivo.
Vi piacerebbe cantare canzoni per proteggere la nostra terra?
Il film si muove tra le note delle canzoni scritte insieme ai suoi studenti e le immagini di una terra bella e avvelenata. Ramiro, armato di una chitarra e di un incrollabile senso di giustizia, lancia una sfida pacifica ma diretta al sistema agroindustriale che da anni devasta il territorio e mina la salute della popolazione. La sua idea è semplice ma rivoluzionaria: trasformare l’omertà in suono, la rassegnazione in canto, l’isolamento in una più grande comunità capace di rispondere.

Una chitarra in risposta ai veleni
Ramiro Lezcano parla di poesia non come ornamento sublimante, ma come necessità. È il linguaggio che permette ai suoi studenti di nominare ciò che altrimenti resterebbe muto. Le canzoni che scrivono insieme sono piccoli atti poetici che sfidano l’ordine dominante dei proprietari terrieri e delle istituzioni con l’arma della sensibilità.
Lasciate correre la vostra immaginazione.
Quindi la scuola rurale diventa una sorta di isola, immersa in un oceano verde dilagante: le infinite distese di coltivazioni intensive che circondano il villaggio. Gli aerei che sorvolano la zona per spargere agrotossici vengono descritti come zanzare velenose e avvoltoi di metallo, insidie che minacciano corpi e sogni. La prospettiva che propone Ramiro – nel quadro di una pedagogia ecologica e critica tipica del pensiero di Paulo Freire – è una visione che richiama l’immaginario del realismo magico di Gabriel García Márquez. La realtà quotidiana si tinge di simboli e metamorfosi: in questa scuola isolata, la resistenza prende la forma di canzoni e dell’organizzazione di un grande concerto a San Marcos, con la complicità di famosi artisti dell’America latina, sotto l’icona che richiama la celebre cover dei Beatles ma con protagonisti bambini mascherati che respirano, finalmente, ossigeno.
La regia di Mauricio Albornoz Iniesta
Albornoz Iniesta adotta una regia sobria, in ascolto del progetto che si sta innescando; lascia spazio alle pause, ai paesaggi attraversati dalla fatica e segue con sensibilità e partecipazione il percorso di Ramiro, costruendo un racconto che unisce il linguaggio della testimonianza a quello dell’emozione. La campagna è descritta tra altalene colorate su uno sfondo arido che rievoca una Chernobyl latina e l’enorme sole che si spegne sui campi. Le riprese, intime e dirette, restituiscono la bellezza delle piccole cose. I racconti degli studenti, le prove, il volto sorridente di un bambino che canta, la costruzione di un palco in mezzo ai campi. Piccoli momenti si susseguono in un ritmo più incalzante verso la fine, quando Ramiro, in sella alla sua motocicletta, lotta contro le minacce di chi non sostiene l’iniziativa e tenta di affogarla.
Un giornalista mi ha chiesto se è un concerto contro l’agricoltura.
Come potrebbe esserlo se noi siamo un comunità rurale?

Il coraggio di Ramiro è la resistenza degli invisibili
Una canción para mi tierra mostra passo dopo passo cosa significhi trasformare un’idea di resistenza in azione. Le difficoltà che Ramiro affronta nell’organizzazione del Primo Concerto Urgente per la Terra – la mancanza di fondi, l’indifferenza delle istituzioni, la diffidenza della comunità – diventano il cuore pulsante del film. Ogni ostacolo diventa un obiettivo da raggiungere attraverso un gesto politico: il coraggio di non subire passivamente un sistema che avvelena l’ambiente e spegne le voci di bambini impossibilitati a proteggersi. Ramiro, con la sua ostinazione gentile, ci mostra che agire è possibile, anche in contesti marginali e sfavorevoli.
Quando finalmente la Woodstock ambientale prende vita, con i bambini sul palco, la musica si diffonde nei campi e la comunità si riunisce. Lo spettatore diventa parte di una rete possibile di cambiamento, un testimone e forse anche un alleato di quella canzone urgente per proteggere la nostra Madre Terra.
Non possiamo tirarci indietro, Ramiro. Questo significherebbe dire di no a tutto ciò a cui abbiamo detto di sì.
Diciamo di sì.