In Bergers – Fino alle montagne, la regista Sophie Deraspe adatta il romanzo semi-autobiografico di Mathyas Lefebure, D’où viens-tu, berger?, in un racconto meditativo e visivamente ricco di riscoperta di sé. Félix-Antoine Duval interpreta Mathyas, un motivato dirigente pubblicitario di Montreal che si lascia bruscamente alle spalle la sua vita stressante, trasferendosi in Provenza senza esperienza ma con gli occhi aperti per diventare pastore.
Il film si apre con le immagini dell’asettico mondo aziendale di Mathyas – riunioni vivaci, fatica cittadina – prima di passare bruscamente alle dolci colline alpine e alle lanose masse di pecore. Deraspe crea un ritmo coinvolgente, facendoci percepire la fresca aria di montagna e il costante belato del gregge. La trasformazione di Mathyas non è né immediata né facile, messa in scena in piccoli, umili atti di fatica e pazienza – a testimonianza del realismo radicato del film.

Élise: Compagna, Catalizzatore, Co-Creatrice
Entra in scena Solène Rigot nei panni di Élise, un’opportuna funzionaria statale disillusa dalla burocrazia e attratta dal sogno di Mathyas. La sua decisione di lasciare il lavoro e unirsi a lui non è una svolta romantica forzata, ma un atto di ricerca sincronizzata.
La loro relazione sboccia spontaneamente: non due amanti sfortunati, ma due esseri umani imperfetti che costruiscono una vita attorno a 800 pecore, pasti condivisi, promesse sussurrate e rispetto reciproco. La natura diventa la tela su cui si snoda il loro legame: mattine soleggiate, lunghi sentieri e infinite linee di transumanza fungono da collante silenzioso, legandoli con uno scopo e un affetto.
Echi di Un mese in campagna e poesia naturalistica
Bergers risuona profondamente con echi letterari e cinematografici, in particolare con la grazia malinconica di Un mese in campagna. Come il classico di Bill Forsyth del 1987, questo film parla di un passaggio da una vita all’altra, alla ricerca di conforto tra mura di verde e montagne di pietra. Mathyas ed Élise sono coraggiosi pellegrini in questo paesaggio pastorale, trovando chiarezza emotiva nell’aria corroborante e nel ritmo del lavoro.
A livello letterario, mi vengono in mente le poesie di Mary Oliver, che considerano la vita naturale più pura e reale del trambusto urbano. I versi di Oliver – che parlano di camminare per i campi, di osservare i passeri o di sentire il cielo – sono rispecchiati nell’obiettivo di Deraspe. Bergers non rifugge dalla brutalità dell’agricoltura, ma ne sottolinea le ricompense spirituali, proprio come le elegie di Oliver dedicate a gufi e querce.

Poesia visiva e arte cinematografica
Il direttore della fotografia Vincent Gonneville inquadra Bergers come una serie di cartoline viventi. Le pecore formano coperte mobili su verdi pendii; le nuvole rotolano attraverso le valli come gentili Giuda; la luce della foresta filtra tra i rami in raggi dorati. Il montatore Stéphane Lafleur scandisce il film in modo da far percepire il peso di ogni stagione. Il compositore Philippe Brault offre una colonna sonora al tempo stesso eterea e concreta, come campanelli eolici nella brezza di montagna.
Questi strati visivi e sonori elevano quella che avrebbe potuto essere una semplice storia di “uomo che incontra pecora” a qualcosa di silenziosamente trascendente. Momenti come le montagne avvolte dalle nuvole o la luce dell’alba che brilla sull’erba umida di rugiada sono piccoli miracoli: il cinema ci ricorda con delicatezza perché la vita umana ha bisogno della natura più delle sale riunioni.
Selezione del Festival: Una narrazione green al SiciliAmbiente
Bergers è stato selezionato per il SiciliAmbiente Festival 2025, la principale vetrina cinematografica ambientale italiana, insieme a CinemAmbiente, e con ragione. Il suo ritmo lento e l’attenzione all’ambiente – modelli di migrazione delle pecore, vita sostenibile, connessione tra uomo ed ecosistema – lo rendono un complemento perfetto alla missione del festival.
Questo è un cinema che non predica, ma respira consapevolezza, ricordandoci che la presenza ecologica non è facoltativa, ma esistenziale.

Una sublime fuga e un vero successo
Deraspe realizza una rara alchimia cinematografica: romanticismo, lavoro, natura e trasformazione personale si intrecciano in un film piacevole da guardare e profondamente toccante. Certo, la transizione sembra rapida (alcuni potrebbero desiderare maggiori dettagli sulla formazione di Mathyas), ma forse il punto è proprio l’accelerazione della sua competenza: l’urgenza di autenticità in un mondo che chiede schermi 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Duval e Rigot sono magnetici, non esagerati, ma discretamente espressivi. La loro relazione imperfetta, in bilico tra amore e rispetto, appare autentica, rigenerante e profondamente umana. Non è tanto una storia sfortunata quanto una storia di “persone comuni che fanno cose straordinarie” radicata nella crescita reciproca.
Un soffio d’aria di montagna
Con i suoi 113 minuti, Bergers resiste allo spettacolo cinematografico, ma vince per chiarezza emotiva e risonanza ambientale. Si tratta meno di intrattenere e più di reincantare il mondo: un’alba sopra le pecore, una conversazione tra due cercatori, un respiro fatto in armonia con la terra.
Se avete voglia di un cinema che sussurri piuttosto che urlare, Bergers è un viaggio profondamente gratificante. Questo film non solo vale il vostro tempo, ma potrebbe anche farvi riconsiderare come lo impiegate.