Tra i tanti lungometraggi presentati alla ventitreesima edizione dell’Ischia Film Festival, nella splendida cornice del Castello Aragonese di Ischia, appare anche Por tu bien, film diretto dal regista argentino Axel Monsù.
Il focus che si è deciso di percorrere quest’anno è aver selezionato film accomunati da un’attenta osservazione al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, dove le insicurezze e le paure di diventare adulti fanno da sfondo a storie tanto diverse, ma nel contempo simili.
Por tu bien è prima di tutto un dramma sociale

Zulma è una ragazza come tante, è nel fiore dei suoi anni, sta vivendo un’adolescenza felice.
Va a scuola, ha una cotta per un ragazzo del suo paese e la sua vita è quella di una qualunque ragazza della sua età. Questa apparente normalità si infrange del tutto quando la ragazza viene promessa sposa. I genitori pretendono che lei diventi una donna, il che implica necessariamente avere dei figli e sposarsi.
In un mondo dove vigono ancora le leggi draconiane (da Dracone), dove essere donna significa sottostare alle regole che ti vengono imposte, dove essere madre e donna di casa diviene la prerogativa indispensabile per essere parte integrante della società, Zulma non ha scelta. Inizia per lei una vita caratterizzata da ferree regole, imposte dalla famiglia del marito, che diviene indirettamente la sua.
La bellezza dei paesaggi, terra di confine che divide Argentina e Brasile, contrasta con la brutalità umana a cui assistiamo lungo tutta la durata della pellicola. Il regista è molto attento ai particolari e mette chiaramente in evidenza quanto la natura dell’uomo sia vile e crudele, infrangendosi contro ad uno stato di quiete che è invece caratterizza la cornice in cui sono ambientati i fatti.
“Trust in the lord, and the partner He gave you“, commenta continuamente la madre di Zulma, per cercare di consolare la figlia che comprende la vita a cui sta andando incontro.
Nadia

C’è una figura che funge da snodo cruciale per far comprendere a Zulma che la sua vita non può essere destinata a quello a cui è stata, sua malgrado, sottoposta.
Nadia, la sorella dello sposo di Zulma, è una giovane ragazza; devota alla famiglia, soprattutto al padre, vive la sua vita tra i lavori domestici e la preghiera. La bambina, fin da subito stringe un forte legame con Zulma, l’unica figura con cui davvero può essere se stessa. Grazie a lei la nostra protagonista prende forza e capisce che in quella famiglia c’è qualcosa che non va.
Di rilievo è la figura del padre: un padre padrone, che pretende che il figlio diventi padre e la figlia minore lo serva e lo riverisca ogni giorno. La violenza a cui la bambina è sottoposta è brutale, ed è il motivo per il quale Zulma decide, alla fine, di scappare. Non accetta quella vita e non vuole che venga vissuta sia dalla figlia neonata che da Nadia.
Questa ultima scena è un messaggio potente. Zulma e Nadia capiscono l’importanza dell’uguaglianza di opportunità tra uomini e donne, prendono coraggio e scappano sperando, insieme, in un futuro migliore.