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Far East Film Festival

‘Voice’ tre storie di un trauma per tutta la vita al FEFF26

In anteprima internazionale al FEFF26 di Udine, Voice di Yukiko Mishima mostra le cicatrici di un trauma in tre storie intime ed emozionanti

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Voice FEFF26

Non è un grido, né un lamento. Ma la voce dei protagonisti che anima le tre storie di cui si compone Voice, l’ultima opera della regista giapponese Yukiko Mishima, si sente forte e chiara. Tre storie lontane nello spazio ma legate da un forte trauma, di quelli che non si cancellano da un giorno all’altro, ispirati alla storia personale della regista e interpretati da un cast eterogeneo e d’eccezione, tra le perle di quest’edizione del FEFF.

Voice, di Yukiko Mishima, è in anteprima internazionale e in concorso alla 26esima edizione del Far East Film Festival di Udine, tra le più importanti kermesse al mondo dedicate al cinema orientale e che sceglie, ancora una volta, di puntare su opere coraggiose di registi speciali.

Voice tratta un tema tristemente senza tempo come quello dello stupro e ciò che ne consegue, declinandolo in tre storie che, insieme, restituiscono un’istantanea del Giappone attuale, pronto ad aprire gli occhi su un problema che da sempre è l’elefante nella stanza di un popolo imperfetto.

Tre voci lontane

Un trauma così profondo da durare tutta una vita, tra turbe psicologiche, fisiche ed emozionali. Tutto visto da tre diverse prospettive, per dipingerne un quadro quanto più completo possibile. Così si può riassumere l’intento di Mishima nel realizzare Voice. I tre episodi, ambientati in luoghi tanto lontani, rendono i protagonisti vicini, portatori di uno stesso dolore, universale: un’anziana trans (Carrousel Maki), la cui vita è cambiata dalla morte della figlia in seguito ad una violenza sessuale, un agricoltore (Aikawa Show), che deve affrontare la gravidanza tenuta nascosta dalla figlia che ha cresciuto da solo, e una giovane donna (Maeda Atsuko), sofferente nel tentativo di fare i conti con le ferite di una violenza subita da bambina e con la speranza, flebile ma ancora viva, di poterne uscire.

Un unico suono

Il cast scelto è tutt’altro che banale, a partire da Carrousel Maki, ottantaduenne attrice transgender nota ai più per i suoi ruoli sarcastici ed irriverenti, qui messa alla prova da un’interpretazione profonda, drammatica e straziante. Il modo quanto mai inusuale con cui decide di affrontare il dolore per la perdita della figlia, rinnegando la sua natura di uomo, schifosamente domato da pulsioni sessuali incontrollate e per questo colpevole di mali indicibili, rendono il suo personaggio talmente borderline da poter smuovere i sentimenti di chiunque, lasciando trasparire limpidamente il messaggio.

Allo stesso modo la scelta di una star assoluta del V-cinema nipponico, feticcio di Takashi Miike, come Aikawa Show, per interpretare un tormentato padre single incapace di entrare in sintonia con la sfuggente figlia apparentemente incinta, rende il secondo capitolo di Voice un interessante esperimento registico e di narrazione. Ma è nel suo terzo racconto che il film raggiunge il picco emotivo. Maeda Atsuko, tinta da un bianco e nero godardiano, quello dei ricordi, si fa carico delle pesanti memorie della regista. In una -quasi- autobiografia  impersona il suo lungo calvario verso la redenzione e, auspicabilmente, una nuova vita. Tutto il film è stato costruito intorno a questo episodio.

Voice FEFF26

Il mondo fuori

La distanza fisica dei protagonisti, rimarcata dalle ambientazioni e dai colori di ogni capitolo, cela un messaggio chiaro: non si è mai soli nel dolore. É ciò che la regista, Yukiko Mishima, ha sperimentato sulla sua pelle e lo mette in scena come un monito, un grido di speranza, per chiunque è stato vittima di violenze e si sente incompreso, colpevole.

Il viaggio lento e silenzioso, per trovare la pace è qui rappresentato da luoghi isolati e fuori dal tempo, da distese di acqua a perdifiato e infinite strade che portano chissà dove.

La psicologia dei tre protagonisti si riflette nel modo in cui, anche lo spettatore, vede il mondo attorno a loro. I fondali sono ampi nelle inquadrature, ma spesso e volentieri offuscati, ovattati e anche le scelte registiche seguono questa logica, risultando talvolta troppo didascaliche ma mai noiose.

Grazie anche ai continui e repentini cambi di scenario e umore, il ritmo sa essere sia lento che incalzante, quando la confusione si tramuta in rassegnazione, la tristezza in rabbia o le grida, ben presto, in silenzio.

Lo stato di trans in cui i protagonisti vivono li rende impotenti, bloccati in una spirale dalla quale sembra impossibile uscire. Una morale non la si trova nella certezza che le cose miglioreranno, quanto piuttosto nella speranza, insita nell’animo umano, che continuando a resistere qualcosa accadrà. E allora non si può far altro che salpare, guidare, correre ma anche camminare verso un futuro che, sì, fa paura, ma non quanto il passato.

Voice FEFF26

Una confessione personale

Senso di colpa e insofferenza sono sintomi comuni ai tre protagonisti di Voice e non solo. Yukiko Mishima, la regista, scrittrice e co-produttrice del film, subì, all’età di 6 anni, violenze sessuali nelle stesse vie del distretto di Dojima, ad Osaka, nella quale ha accompagnato l’attrice Maeda Atsuko per prepararla alle riprese. Questo coinvolgimento personale e tremendamente intimo è ciò che rende così efficace e potente il film. Come lei stessa ha raccontato al giornalista Mark Schilling, la scena madre dell’ultimo episodio è stata girata in una sola ripresa: “Avevo la macchina da presa davanti a Maeda e io stavo lì vicino. Stavamo girando come se stessimo respirando all’unisono, come se ci stessimo davvero fondendo una con l’altra. Maeda ha detto che guardava solo me, e sentiva solo ciò che sentivo io”.

Le emozioni forti e contrastanti sono quelle che Mishima ha vissuto e che, in modi diversi, esprimono tutti i personaggi principali del film: dalla figlia del contadino che nasconde la gravidanza al padre per paura di una sua reazione negativa, al gigolò amante di Nanni Moretti che Maeda incontra ad Osaka, un tipo semplice e ingenuo ma a cui, proprio per questo, è permesso vederla davvero. Non è certo un caso: ogni sfumatura e ogni personaggio sono un punto di vista differente sulle conseguenze di uno stesso male, ed è proprio la coralità a rendere Voice ancora più pragmatico e reale.

Voice FEFF26

Sbrogliare la matassa

Le tre storie che compongono Voice non sono legate da un filo narrativo, ma la connessione intima ed emozionale di chi condivide uno stesso dolore è il collante naturale che rende il film un’opera omogenea e ben riuscita.

Come con un intricato rompicapo, Mishima riesce in una soluzione, formale per il film e razionale per se stessa, a sviscerare il mostro che insidia le menti dei suoi personaggi, donando all’opera quella dignità e credibilità che pochi altri autori hanno saputo dare a film di questa tipologia, vincendo al gioco del destino e della fantasia.

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Voice

  • Anno: 2024
  • Durata: 118'
  • Genere: Drammatico, antologico
  • Nazionalita: Giappone
  • Regia: Yukiko Mishima