Al Far East Film Festival sono arrivati ben due film firmati da Choi Dong-hoon: Alienoid e Alienoid: Return of the Future. I due capitoli hanno fatto tappa a Udine portando con sé un universo e un immaginario originali. La trama oscilla tra l’epoca della dinastia Goryeo e i giorni nostri: da una parte quindi la Corea del ‘300 popolata da maghi e guerrieri, dall’altra invece quella ipertecnologica di un presente fittizio, nel quale convivono alieni e umani. In nessuno dei mondi, però, i personaggi sembrano vivere pacificamente. Al contrario, si contendono una spada divina capace di piegare le linee temporali. Questi due mondi si basano su un connubio particolare e irresistibile a livello sia narrativo che stilistico. Danno vita così a un’avventura tanto assurda quanto spettacolare e divertente.
Choi Dong-hoon ha una carriera alle spalle non indifferente e ricca di grandi titoli del cinema sudcoreano. Tra questi The Big Swindle, Tazza (dal quale è nato anche un sequel di Kang Hyeong-cheol otto anni più tardi) e The Thieves, tutti dei grandi successi al botteghino. Nella sua filmografia è possibile riscontrare generi diversi, dal crime al fantasy, oppure dai thriller alle commedie. Il regista ha, inoltre, già affrontato l’elemento fantastico con Jeon Woo-chi: The Taoist Wizard (2009). A quasi quindici anni di distanza porta in tutto il mondo il secondo capitolo di Alienoid con una grande maturità direttoriale.
Il regista Choi Dong-hoon arriva al FEFF26 con una saga già cult
Già durante il panel South Korean Fantastic Cinema, coordinato da Darcy Paquet, il regista anticipa alcune considerazioni sul progetto di Alienoid. Nel corso dell’incontro, infatti, Choi Dong-hoon afferma che con questa saga si è voluto spingere “oltre il reale, creando qualcosa di totalmente surreale.” Come già accennato, in passato ha lavorato a un film dallo stile simile, Jeon Woo-Chi, ma quest’ultimo non è stato abbastanza: con Alienoid voleva creare qualcosa di originale al cento per cento. Per renderlo possibile, si è rinchiuso in casa per molti mesi con l’intento di lasciarsi andare il più possibile all’immaginazione.
Nonostante i bassi risultati al box office, le scelte stilistiche e narrative della saga hanno reso i film già cult. Questo connubio CGI-wuxia continua a far discutere, in quanto risulta un’idea originale capace di contraddistinguersi nello scenario cinematografico sudcoreano e internazionale.
Dar vita ad un mondo surreale
Ha lavorato ad Alienoid e Alienoid: Return to the Future per la gran parte contemporaneamente. Come mai ha fatto questa scelta e come è stato possibile a livello di produzione e scrittura?
Quando abbiamo pensato di fare questi film ci trovavamo nel periodo pre-Covid. Nessuno, tuttavia, si aspettava questa grande crisi pandemica. Ma fin dall’inizio sapevo che questa storia avrebbe necessitato di due film per trattare i temi pensati. Non sarebbe assolutamente bastato uno solo per esprimere quello che volevo. Quindi ho deciso di lavorare ad un progetto dove una prima parte fosse inevitabilmente legata a una seconda. Abbiamo poi cominciato a scrivere insieme le due storie contemporaneamente, con appunto questa idea in mente di dare forma a due lungometraggi separati ma collegati.
C’è un aspetto interessante al riguardo. Nel primo film il racconto è incentrato sul CGI e sulla tecnologia, ovvero l’aspetto cibernetico. Invece, il secondo è più tradizionale, più legato al mondo del wuxia. Si tratta di una scelta assolutamente originale, perché di solito le storie progrediscono partendo dal tradizionale arrivando poi al tecnologico. Come mai ha fatto questa scelta per lo svolgimento della storia?
È un punto molto interessante. Devo dire che sì, è vero che il mio lavoro è legato al fantasy, ma al di sotto di questo aspetto io tutto sommato volevo trattare un tema, un racconto umano più delicato. Nel primo film vediamo che sono successe tante cose, principalmente raccontate con l’aiuto di effetti VFX e così via. Ma nel secondo volevo concentrarmi di più sul raccontare le persone coinvolte. Come si incontrano? Che tipo di legami creano con gli altri e come si rapportano tra loro? Per distaccare il secondo film dal primo mi sono soffermato più su questo aspetto della connessione umana. Come se avessi approfondito appunto tutto il film iniziale. In fondo questa storia parla di un personaggio, quello di Kim Tae-ri, Lee Ahn. Lei deve, in poche parole, tornare a casa, alla propria origine, e quindi ho voluto far partire tutto da questo.
Per quanto riguarda i personaggi, mi è venuto in mente ciò che ha detto sul casting durante il panel. Ha affermato che nella scrittura di un film a volte si ha già in mente chi chiamare, in questo caso lei sapeva di volere Ryu Jun-yeol. Questo perché, anche se non sembra dai suoi recenti ruoli, lui ha un lato comico. Pensandoci bene, in effetti, gli interpreti principali (Kim Tae-ri, Ryu Jun-yeol e Kim Woo-bin), nonostante abbiano lavorato a tante produzioni cinematografiche, tutti e tre hanno una formazione comune: quella dei drama. Questa richiede appunto una certa espressività facciale, spesso comica, che può rappresentare in questo caso una vera e propria qualità. Per caso ha influito nella scelta del casting?
In un certo senso è stato così. Tra l’altro Kim Tae-ri l’ho scelta per il suo sguardo, che è molto potente. È in grado di accattivare un personaggio con facilità. Invece, Ryu non sembra comico a livello interpretativo, ma quando l’ho incontrato privatamente ho scoperto che è un tipo molto divertente. Ho pensato subito che lui fosse adatto al suo personaggio perché molto curioso e strampalato. Kim Woo-bin l’ho scelto semplicemente per la bellezza. Volevo già lavorarci prima di questo film, ci stavamo pensando insieme.
La scelta di Kim Woo-bin non è stata tuttavia molto facile.
Avevo scritto tutto, era pronto, si doveva solo girare. Sfortunatamente, un mese prima dall’inizio delle riprese gli è stato diagnosticato un cancro. Ma io non volevo sostituirlo con nessuno, e abbiamo deciso di fermare la produzione per un po’ dato che lui non poteva. È che non c’era nessun altro per me che potesse interpretare quella parte. Per fortuna, mentre riscrivevo lo script la sua salute migliorava sempre di più, e ha potuto continuare con quel ruolo. Avevo inizialmente deciso di diminuire la presenza del suo personaggio ma, fortunatamente, dato che stava sempre meglio, ho potuto dargli più spazio. Ho creato tutto tenendo in considerazione la sua condizione di salute, incrementando e aggiornando man mano la storia.
Tra passato e futuro
Questa saga è sicuramente molto particolare a livello stilistico. Come ha già affermato, voleva dar vita a una cosa totalmente surreale. Non posso però non pormi una domanda: quali sono state le ispirazioni principali per questo connubio di generi presenti nei film? C’è un mix di stili particolari che ricorda gli universi creati per i disaster movie o per i progetti di animazione.
Sono sempre stato cinefilo, fin da piccolo. Ho guardato tantissimi film che sono stati d’impatto a livello stilistico. Per esempio Ritorno al Futuro, uno dei miei preferiti. Tra l’altro, durante le medie guardavo molti B movies. Sono opere ovviamente non eccellenti a livello tecnico, però parlano di temi interessanti come alieni e alienoidi, che mi sono rimasti particolarmente impressi. Già per Jeon Woo-chi ho preso ispirazione da queste storie che guardavo da piccolo. Inoltre, questo mio stesso film mi ha ispirato successivamente nella scrittura e nella produzione di Alienoid.
Ha dato vita con questi lavori ad un vero e proprio universo stilistico e di personaggi. Considerando le complicazioni legate alle produzione ma anche la forte originalità della storia, ha intenzione di lavorare a un progetto simile in futuro? O addirittura vorrebbe continuare la saga di Alienoid in altri modi, magari con sequel o semplicemente con le stesse scelte stilistiche?
Ancora non ho deciso sul progetto futuro, ma voglio sempre fare cose diverse. In passato ho anche creato storie molto reali, e stavolta mi sono approcciato a più generi particolari. Ma è da queste diverse esperienze che può nascere qualcosa di ancora più nuovo e mai visto. Da quando sono in Italia il mio corpo e la mia mente si sono già liberati di molti preconcetti che avevo. Questo è già un buon inizio per creare un qualcosa di nuovo.