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‘Sky Peals’ intervista al regista Moin Hussain e all’attore Faraz Ayub – Settimana della Critica

Sky Peals è l'opera prima di Moin Hussain presentata alla 38esima SIC di Venezia80. Ecco cosa ci hanno raccontato il regista e il suo protagonista.

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Presentato in occasione della 38esima SIC, Settimana Internazionale Della Critica, alla Mostra del Cinema di Venezia, Sky Peals è il primo lungometraggio di un giovane talento del cinema inglese, Moin Hussain, che arriva al Lido dopo diverse esperienze tra Cannes, Londra e non solo.

Da sempre interessato alle peculiarità dell’essere umano, a come sfruttarle e spingerle al limite, con questo film Hussain mette in scena una storia di umanità e cambiamento sui toni cupi e stranianti del cinema fantascientifico e sperimentale. Sky Peals è un film a tratti criptico e inaspettato, che sfrutta gli archetipi della fantascienza per immergere il protagonista in un mondo conosciuto ma, gradualmente, sempre più estraneo, ricco di ombre e contrasti, sia nella forma che nella rappresentazione.

Far collidere, quindi, protagonisti inusuali in spazi alienanti, fuori dalla loro proverbiale zona di comfort. é la missione di Hussein, e quello che ha chiesto di fare a Faraz Ayub, attore con già diverse esperienze nel cinema e nella televisione britannica, prestatosi a un progetto tanto indipendente quanto intrigante. Di seguito le loro risposte ad alcune domande:

Sky peals still 1

Questo è il tuo primo lungometraggio. Come ti fa sentire poterlo presentare in una grande manifestazione come il Festival del Cinema di Venezia?

“È molto emozionante. Quando fai un film cerchi di non pensare a queste cose, ma è il tipo di palcoscenico in cui speri venga visto. É magnifico pensare che qui molte persone lo potranno vedere!”

Come speri vanga percepito il film? Quali speranze hai?

”Speri sempre che le persone assorbano qualcosa dal film, che ognuno lo faccia proprio e quindi ne parli. Sarà interessante vedere come ognuno percepirà questo film a modo proprio, traendone una propria esperienza.”

È un film molto personale. Da dove nasce l’idea? Quanto c’è di tuo in questo film?

“Come spesso accade nelle opere di fantascienza, questo è un film sull’essere umano e sulla sua condizione, quindi sì, c’è molto di personale nella sceneggiatura e nelle caratteristiche del protagonista. Non solo di mio, ma anche di storie e persone che conosco, tanto è frutto di esperienze, di ciò che ho visto, fatto e vissuto.” […] “Io sono affascinato dalle persone, le amo, ma la mia inclinazione è quella di spingere al limite i personaggi, costringerli ad uscire dalla loro zona di comfort.”

Questa tipologia di film basati sulla fantascienza e sulla condizione umana potranno diventare il tuo ‘tipo di film’ ideale, il tuo marchio di fabbrica?

“Non sono totalmente legato a nessun genere, anche perché si tratta della cosa più importante da definire in una storia. Mi piacciono le ambientazioni, l’estetica e tutto quello che puoi fare con la fantascienza, ma le mie storie partono sempre dal personaggio; tutto il resto viene di conseguenza. Ad ogni modo sì, la fantascienza mi piace e probabilmente farò altri film di questo tipo!”

Il film è molto evocativo. Quali sono state le tue reference? Come hai sviluppato, visivamente, l’idea?

“Sono un grande fan di Stan Brakhage e Jonas Mekas, due registi sperimentali molto differenti ma simili nei concetti. Utilizzavano molte riprese e oggetti ‘homemade’ per creare un certo tipo di estetica e anche il loro modo di affrontare la figura umana mi ha sempre affascinato. Nel film ci sono molte sequenze astratte e sono senza dubbio ispirate ai loro lavori. Per tutto il resto ho cercato di ottenere un look vicino alla realtà, ma con elementi, come la stazione di benzina o il ristorante Fast Food, che in un qualche modo potessero rimandare ad ambienti fantascientifici.”

Ricordi sfide particolari o momenti durante le riprese che ti hanno fatto pensare alla grandezza del progetto?

“Per quanto si tratti di un film a basso budget è il più grande ed importante a cui abbia mai lavorato, quindi la pressione c’era indubbiamente, ma ho cercato, insieme a tutto il cast e la crew che è stata grandiosa, di divertirmi il più possibile, godendomi il momento e la grande opportunità. Le sfide sono state quelle classiche di un film con queste caratteristiche: molte riprese di notte, orari a volte difficili e in parte anche il covid. Ma tutti quanti hanno lavorato davvero bene e siamo riusciti a superare ogni fatica”.

(Ayub) Come ti sei approcciato a questo ruolo? Come sei entrato in simbiosi con il personaggio e come ci avete lavorato insieme?

A: (Ayub) Ho lavorato molto sulle scene prima delle riprese, abbiamo fatto diverse sessioni di lettura del copione a distanza (dato il periodo covid n.d.r.). Il tanto lavoro precedente ci ha aiutato a comprendere le sfumature del protagonista e le sue interazioni con gli altri personaggi e quindi a costruire una personalità complessa e articolata.

(Hussain) Non volevo provare e riprovare le scene durante le riprese, così abbiamo passato molto tempo a leggere la sceneggiatura, a parlare della sceneggiatura, provare diverse situazioni, tutto prima del set. Avevamo diversi personaggi a loro modo unici e diversi modi di farli interagire. I tempi erano stretti e volevamo arrivare più che preparati.

(Ayub) Una volta sul set le dinamiche sono certamente diverse,  a per dare il meglio ed essere più veri bisogna vivere quel momento ed esserci dentro insieme, e credo ci siamo riusciti.

Sky Peals Poster

TAXIDRIVERS è media partner della 38esima SIC settimana Internazionale Della Critica alla Biennale di Venezia.