Durante la 3ª edizione del Garofano Rosso Film Festival, abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda a Marcello Foti, ex Direttore generale del CSC e ora Direttore generale del Centro Sperimentale delle Arti Mediterranee di Potenza.
Uno sguardo sull’Abruzzo, sul CSC e sul presente del cinema italiano.
Prima volta al Garofano Rosso Film Festival?
No no, io sono un habituè di questo Festival, perché l’ideatore e Direttore artistico Paolo Santamaria, oltre ad essere un mio grande amico, è stato uno degli allievi più bravi e promettenti del Centro Sperimentale di Cinematografia de L’Aquila.
Centro Sperimentale che abbiamo aperto quando ero Direttore Generale del Centro Sperimentale di Roma, nel 2011. Abbiamo deciso di aprire il CSC a L’Aquila, due anni dopo il terremoto, per dare un’opportunità ai tanti giovani che erano rimasti privi di una casa, di uno spazio culturale.
Paolo Santamaria fu uno dei primi a diplomarsi. Subito capii che aveva uno spiccato talento e quindi l’ho aiutato a crescere. Non solo dal punto di vista registico, che rimane la sua principale attività professionale, ma avevo intuito anche queste sue doti organizzative. E come si può vedere dal Garofano Rosso Film Festival, lui le ha messe a frutto, mettendo l’amore e la passione per il territorio abruzzese.
Sono del parere che questi luoghi debbano a Paolo un grande riconoscimento per come si è fatto carico di dare delle opportunità a tutti, ai giovani che vogliono fare il cinema sul territorio, fino alla riscoperta dei luoghi, degli ambienti e della montagna.
L’Abruzzo è una terra molto bella, però è una terra che ha bisogno di essere valorizzata al meglio. Lo dico da abruzzese, perché sono nato a Campo Imperatore, quindi conosco bene le dinamiche. Speriamo che adesso sia con la politica regionale e sia con l’istituzione della Film Commision ci si renda conto che questo territorio ha bisogno di essere valorizzato, sia da un punto di vista organizzativo e sia da punto di vista finanziario.
Vedere in un piccolo borgo come Forme una piazza che si riempie di 120 – 150 persone per assistere a un Festival, è un piccolo miracolo.
Sei stato Direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia. Adesso di che cosa ti occupi?
Dal 2020 non mi occupo più del CSC, perché sono andato in pensione. Però resto dell’idea che è necessario dare delle opportunità ai giovani. Penso che devono essere messi nella condizione di fare esperienza, e anche di sbagliare.
Siccome da Roma in giù non c’è nulla di seriamente strutturato per una formazione di eccellenza, insieme a un imprenditore privato ho aperto a Potenza il Centro Sperimentale delle Arti Mediterranee. Una realtà in cui ci occupiamo di cinema, teatro, musica, e danza.
È una scommessa, perché ci abbiamo messo tanto impegno, tante risorse economiche, tanto spirito d’iniziativa e tanto entusiasmo. Stiamo piano piano raccogliendo i frutti, e sono convinto che con il tempo possa diventare una realtà importante, anche un punto di riferimento per i giovani non soltanto della Basilicata, ma anche di tutto il Sud Italia.
In estate c’è stata una grossa polemica sull’emendamento della Lega che voleva riformare la Governance del CSC. L’occupazione del centro da parte degli studenti, e anche le voci di protesta da parte delle opposizioni non sono bastate, perché quell’emendamento è divenuto legge. Cosa ne pensi di tutta questa vicenda?
Premesso che non tocca a me parlare del Centro Sperimentale di Cinematografia, perché sarebbe inopportuno, esprimo un’opinione da cittadino.
È necessario ricordare, prima di tutto, che il centro sperimentale è un’istituzione pubblica, che viene finanziata dallo Stato, con i soldi dei cittadini. Quindi l’aspirazione di una riforma legislativa deve essere sempre quella di migliorare l’offerta formativa.
Le decisioni prese dal Ministro Sangiuliano e dal Governo, le trovo totalmente condivisibili, perché c’è un allargamento della compagine del consiglio d’amministrazione e del comitato scientifico.
Quindi più persone ci sono a portare contributi, idee, suggerimenti, innovazioni, e meglio è. Il CSC rimane un’istituzione storica, che ha fatto la storia del cinema italiano. Tutti i grandi interpreti del nostro cinema sono passati da là; però è anche il momento, con il tempo che passa, di rinnovare un po’ la struttura, il corpo docente. È necessario lasciare il passo a giovani docenti, a giovani artisti, giovani cineasti.
Dare uno scossone che possa far ripartire una macchina che negli ultimi tempi aveva manifestato qualche… ecco, il CSC avrebbe bisogno di un tagliando, per usare un termine automobilistico.
L’obiettivo è quello di migliorare l’istituzione, non di smontarla o demolirla. Per fortuna nel nostro paese, nel nostro cinema, ci sono grossi protagonisti, che possono e vogliono dare un aiuto a questa direzione e sono sicuro che ciò avverrà.
Il cinema italiano per moltissimi decenni è stata un’eccellenza nella cinematografia internazionale. Un tuo parere sullo stato di salute del cinema italiano attuale?
In questo momento mi pare buono. Ci sono tante produzioni, diversi risultati positivi, sia in termini di apprezzamento e sia di botteghino.
Sono stato al Festival di Venezia, e c’erano sei film italiani tutti di grande levatura.
Ad esempio, Io capitano di Matteo Garrone, giustamente premiato con il Leone d’argento per la migliore regia, conferma l’ottima qualità del cinema italiano, e questa vittoria va presa con tutti i migliori auspici.
Ovviamente è necessario mettere mano a qualcosa che non va sul sistema della produzione, sulla gestione del territorio, sulla tax credit…
Sono tematiche che non si possono affrontare in cinque minuti e tantomeno risolvere in un quarto d’ora. Mi pare però che anche su questo versante il ministero e il Ministro Sangiuliano siano fortemente interessati a intervenire, sempre con l’obiettivo di migliorare le cose nell’ottica di dare un’ulteriore spinta al nostro cinema.