Ditto di Seo Eun-young è una commedia d’amore e romanzo di formazione, terzo film di questa regista che torna agli anni Novanta con riverita moderazione. Il film è il remake dell’opera Donggam (2000) di Kim Jeong-kwon, che aveva però luogo parallelamente nel 1979 e nel 2000. Presentato al Far East Film Festival, è disponibile su MyMovies fino al 29 aprile.
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Ditto racconta di una insolita amicizia tra due giovani universitari che si trovano uniti tramite una ricetrasmittente CB, il “baracchino”, tra il 1999 e il 2022. Sorvolando su tutti gli spunti fantascientifici del film, Seo Eun-young realizza un’opera sul valore della sincerità. Guarda con nostalgica tenerezza al finire degli anni 90, e indubbiamente si rifà ad un certo cinema melenso e sovra-dolcificato molto di moda in quell’epoca.
Ditto, la trama
Kim Yong (Yeo Jin-Goo) è uno studente di ingegneria del 1999; la prima volta che incontra Seo Han-sol (Kim Hye-Yoon) è amore a prima vista. Per ingraziarsela, chiede in prestito all’amico una ricetrasmittente CB, un baracchino, con la quale inconsapevolmente, si trova in contatto con Kim Mu-nee (Cho Yi-Hyun). La ragazza, sua coetanea, vive però nel 2022. I due si aprono l’uno con l’altro in un’amicizia ricchissima, che li aiuterà nelle rispettive storie d’amore nascenti.
Generazioni a confronto
Ditto si muove sul finire degli anni 90, ammiccando ad un’età in cui, nella più totale confusione sul futuro, non manca comunque si personaggi la voglia e l’energia per vivere. Il film si dichiara presto come un coming-of-age drama che il pubblico coreano di solito approva, ma con un piglio più retrò da commedia sentimentale nostalgica. Tralascia invece la lettura fantascientifica del viaggio nel tempo, e soprattutto delle dimensioni parallele: la coesistenza di un passato e di un presente circolari, che darebbe del filo da torcere ai mondi matrioska di Inception.
Le dinamiche raccontate nelle due coppie sono quasi insolite se lette con un filtro moderno. In particolare, non c’è alcun media che si frapponga alla comunicazione tra Yong e Han-sol, che devono lavorare sulla loro timidezza e trovare il coraggio di dichiararsi. La crescita di Yong è davvero il frutto degli errori e delle scelte, impossibili da celare sotto ai filtri di IG o dietro allo scroll di Tik Tok.
I comportamenti un po’ sopra le righe di Yong e l’atteggiamento “cute” di Mu-nee, sono esemplificativi dei due mondi. Tant’è che sono continui i fraintendimenti tra i due nell’uso di uno slang generazionale (obsoleto e all’avanguardia, a seconda della situazione). Simpatico questo rovesciamento adolescenziale, meno piacevole l’iniezione di dolcezza un po’ stentata. Un certo sentimentalismo caricato fatica ad avere adeguato supporto nella recitazione.
Sdolcinato e speranzoso
Nella rappresentazione di due storie d’amore agli inizi, Ditto ritrae propriamente la confusione dei rapporti di coppia nelle fasi di passaggio. Inoltre, si nutre di questa grande freschezza dell’amicizia, che in questo caso, ironicamente e con una manovra di inversione, si fonda proprio sul non contatto. Quindi se c’è la celebrazione del rapporto personale e del contatto, dall’altra è proprio la lontananza tra Yong e Mu-nee a permettere ai due una più serena apertura. Una specie di assoluzione indiretta al mondo dei social.
La cosa che vale di più la visione è l’ultima scena: risolta con sottilissima poesia, solleva le sorti del sotto-plot del viaggio del tempo. E contemporaneamente ci rianima dopo l’iperglicemia in cui il film scivola nella sequenza della dichiarazione di Mu-nee, una chiusa sentimentalista che non sembrava necessaria.