L’associazione CinemAvvenire, fondata quindici anni fa da Gillo Pontecorvo e ricca della collaborazione di professionalità diverse (l’anima “cinefila ed estetica” convive con quella “antropologica e pedagogica”), tenta di promuovere un approccio più attento e approfondito al mondo del cinema, impegnandosi in una missione didattica tesa a fornir tutti degli strumenti di lettura e analisi di un testo filmico, prescindendo da una banale distinzione tra forma e contenuto e cercando piuttosto quel “meccanismo di attivazione” di qualcos’altro, quella ri-figurazione del mondo che la visione può portare con sé.
A ottobre, parallelamente all’attività di scuola e laboratorio, è partita National Treasure, una rassegna che permette di scoprire o ri-vedere, in compagnia degli autori, una serie di lavori autarchici e indipendenti, produzioni italiane che difficilmente sono (state) visibili oltre il circuito dei festival.
Il weekend di fine Ottobre è stato dedicato alla conoscenza dell’opera del collettivo Amanda Flor (Davide Alfonsi, Alessandro Fusto, Daniele Guerrini, Denis Malagnino: attori, registi, montatori e fotografi dei loro film), autore di alcuni lavori in cui risulta evidente un uso coraggioso della bassa risoluzione, che non impedisce ma piuttosto rende più vivo il contatto con quella realtà marginale, misera e al contempo epica, febbrile e mai doma, della provincia romana, contesto e materiale narrativo di tutto il loro cinema.
Il lungometraggio con il quale si sono fatti conoscere, La Rieducazione, fu presentato con successo alla Mostra di Venezia del 2006 e divenne un caso per come un film da budget irrisorio (poche migliaia di euro) abbia potuto riscuotere più consensi delle produzioni da kolossal.
Girato a Guidonia, tra cantieri in costruzione e con attori non professionisti, e servendosi al limite del grottesco del bianco e nero, del romanesco e dell’espressività di corpi disfatti dalla fatica e dal tempo, La Rieducazione rinnova – così come gli altri lavori del gruppo – quella tendenza (neorealista?) a non far del cinema una mera occasione di spettacolo, ma – anche attraverso l’ironia o la parodia – una ferita sempre aperta in un immaginario collettivo che non può lasciar da parte la responsabilità umana nei confronti di chi vive ai margini della versione ufficiale che di questa nostra vita ci è data da troppo in alto.
Il programma di National Treasure prosegue sino al 5 Dicembre, prevedendo tra gli altri, le produzioni di Simone Scafidi, GangaFilm e Salvo Cuccia.
Salvatore Insana