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Underground

Beat Takeshi – Glory to the filmaker

Piccola antologia di cinema potenziale, tragicomica ricerca d’una ispirazione perduta, “Kantoku – Banzai! – Glory to the filmaker”, presentato da Takeshi Kitano a Venezia nel 2007, fa a pezzi l’idea stessa di film, corrode dall’interno il cinema dell’istrionico regista giapponese e destabilizza le consolidate convenzioni di fruizione di un’opera.

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Piccola antologia di cinema potenziale, tragicomica ricerca d’una ispirazione perduta, “Kantoku – Banzai! – Glory to the filmaker”, presentato da Takeshi Kitano a Venezia nel 2007, fa a pezzi l’idea stessa di film, corrode dall’interno il cinema dell’istrionico regista giapponese e destabilizza le consolidate convenzioni di fruizione di un’opera.

In un’operazione di esasperato metalinguismo, Beat Takeshi fa a pezzi il ruolo dell’autore, con l’autocritica di chi s’accusa di diventar un ridicolo ed inespressivo pupazzo quando la situazione si fa complicata, con l’ingiuria di chi si dice incapace di scelta e dunque muto ed immobile una volta davanti alle ostilità.

Sull’orlo d’un annegamento, alle corde, appeso ad un filo, malato terminale in attesa di decisiva diagnosi, vilipeso e martirizzato, il creatore sopravvive per insormontabile spirito di sopportazione e per ribaltamento in chiave ironico-demenziale di interrogativi a metà tra ricerca del significato d’una esistenza e meditata strategia di marketing su quel che il pubblico chiede di vedere e di avere.

Il suo cervello, che pensa per immagini catturare dalla macchina da presa, è, a suo stesso confessare, devastato, sopraffatto dal moltiplicarsi schizofrenico dei soggetti che gli passano in testa.

Kitano sfugge alle definizioni, scavalcando i generi attraverso la loro derisione, la parodia, la farsa, la divertita riscrittura comica; si prende gioco dello spettatore, deludendone le attese ed irridendone gli usuali meccanismi di ricezione, interrompendo la storia e l’illusione della stessa, mettendosi in mezzo in prima persona e lasciando al contempo spazio ad un proliferare di storie che dichiarano guerra gioiosa al cinema narrativo che si è soliti incontrare in sala.

Salvatore Insana

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