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Sulla solitudine. 15 film che la raccontano

Quante volte ci capita di sentirci soli al mondo? Alcuni film colgono al meglio questo sentimento, declinandolo attraverso generi e metodi diversi.

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solitudine

Il concetto di solitudine è qualcosa di difficile da descrivere a parole. Secondo alcuni è semplicemente lo stare soli. Secondo altri, invece, la solitudine più intensa è proprio quella che si prova stando in mezzo alla gente. Può essere percepita come uno stato d’animo molto intenso o come una sensazione fugace, come uno status sociale o come un desiderio inconscio. Da sempre l’arte, in modo più o meno diretto, ricerca la sua rappresentazione più onesta, ma solo il cinema riesce a comunicarla nel modo più incisivo possibile, regalandoci racconti ricchi di malinconia e passione. I protagonisti di questi film sono molto diversi tra loro (un tassista, un fantasma ecc.), ma hanno in comune una cosa: le loro storie ci rivelano il significato più intimo del sentirsi soli, lasciando un segno indelebile nel nostro animo.

Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel (2018)

Sulla soglia dell'eternità

La storia del pittore olandese, raccontata dal burrascoso rapporto con Gauguin a quello viscerale con il fratello, fino al misterioso colpo di pistola che gli ha tolto la vita a soli 37 anni. Il film offre un interessante approfondimento sui due conflitti più profondi nella vita di Van Gogh: quello con l’arte e quello con sé stesso. Da Parigi ad Arles seguiamo il suo genio attraverso la creazione di capolavori che hanno fatto la storia dell’arte e che continuano ad incantare il mondo intero.

Sulla soglia dell’eternità è un viaggio di malinconia e incanto nella psiche tormentata di un uomo solo, incompreso fino all’ultimo dei suoi giorni, ma finalmente amato oggi. L’interpretazione di Willem Dafoe consente un’immedesimazione totale con il protagonista e rende indimenticabile questo film che va oltre la biografia e si fa ritratto emotivo del pittore.

Drive di Nicolas Winding Refn (2011)

Drive

Driver ha più di un lavoro: è un esperto meccanico, fa lo stuntman e accompagna rapinatori sul luogo del delitto, garantendo loro una fuga a tempo di record. Conosce e si innamora di Irene, una vicina di casa, e si prende cura di suo figlio Benicio. Ma quando il marito di Irene esce dal carcere la situazione precipita.

Ryan Gosling regala una delle interpretazioni migliori della sua carriera, nonostante reciti solo circa 116 battute in tutto il film! Drive è l’esempio perfetto di come un tema tipicamente assegnato al genere drammatico possa essere espresso attraverso l’unione con un altro genere, l’action. Tra inseguimenti e sparatorie, dagli occhi e dalle abitudini del guidatore emerge una struggente solitudine che ci fa empatizzare immediatamente con il suo personaggio silenzioso.

Lost in Translation – L’amore tradotto di Sofia Coppola (2003)

Lost in translation

Sofia Coppola dirige Bill Murray nei panni di una star del cinema in declino che si reca a Tokyo per girare uno spot di una marca di whisky. Nel bar del lussuoso albergo dove alloggia conosce una ragazza (Scarlett Johansson), insonne come lui. I due cominciano a passare molto tempo insieme e tra di loro nascerà un rapporto speciale.

Lost in Translation è un film indimenticabile nella sua apparente semplicità. Il suo dono è quello di raccontare una nostalgica solitudine attraverso la costruzione di due personaggi che, in essa, trovano un punto in comune e su cui basano un’amicizia particolare, fatta di lunghi silenzi e intense riflessioni. Il tutto nella cornice della bellissima Tokyo, vista attraverso lo sguardo straniato e confuso di lei, che tinge tutto di malinconia. Aiutandosi l’uno con l’altra, riusciranno i due protagonisti a porre fine al loro isolamento interiore?

Titane di Julia Ducournau (2021)

Titane

Alexa (l’incredibile Agathe Rousselle) adora le automobili, sin da quando, da bambina, un incidente le ha donato una placca di titanio nella testa. Il titanio la riporta in vita, gonfia di rabbia e amore represso che la trasformeranno in un essere ibrido e nuovo. Perché la metamorfosi si completi, dovrà scoprire la forza potente che muove le cose del mondo: l’essere umani. Nella sua storia entrerà anche un pompiere, il cui figlio è misteriosamente scomparso anni prima.

Titane non è un film facile: alterna sequenze di azione e sangue molto concitate a minuti e minuti di niente. L’unico modo per non far caso ai suoi ritmi irregolari è diventare la protagonista, e, se ci riusciamo, scopriremo un mondo strano, fatto di rabbia e scompiglio, ma soprattutto di emarginazione. Per questo l’incontro con il capo pompiere è così significativo e commovente: rappresenta per entrambi la rottura di una condizione intrinseca alla quale sembrano condannati, per destino e per i loro stessi errori. E, in un climax molto potente, il loro legame sarà consolidato per sempre.

Still Life di Uberto Pasolini (2013)

Still Life

Still Life è la storia di John May, un impiegato comunale incaricato di provvedere alla sepoltura delle persone i cui parenti sono introvabili. Svolge il suo lavoro con sensibilità e dedizione, organizzando ogni singolo funerale. A causa di un taglio di fondi perderà il lavoro, ma il suo ultimo ‘cliente’ darà una svolta inaspettata alla sua vita ordinata e solitaria.

Difficile parlare di questo film senza che la commozione della prima visione venga rievocata. Di tutti i film della lista, è uno dei più emozionanti. Nel dipingere la vita di un uomo solo, Uberto Pasolini e il protagonista Eddie Marsan mettono in scena una storia di solidarietà ed empatia unica. La lontananza di John dalla società e dai rapporti interpersonali è dolceamara: ci fa un po’ pena, ma al contempo ci incuriosisce, e quasi lo ammiriamo, nella determinazione che egli mette in un lavoro altrimenti considerato lugubre. Eppure, quando la sua vita si apre casualmente al mondo, il film si riempie improvvisamente di una luce nuova, quella della speranza. Fino ad una conclusione straziante.

Il lungo addio di Robert Altman (1973)

Il lungo addio

Il detective privato Philip Marlowe (Elliott Gould) accompagna in Messico l’amico Terry Lennox, accusato di aver ucciso la moglie. Arrestato per favoreggiamento dalla polizia locale, Marlowe viene in un secondo momento rilasciato perché l’amico Lennox si è ucciso. Tornato in patria Marlowe accetta un incarico da parte della moglie dello scrittore alcolizzato Roger Wade, e viene minacciato di morte dal gangster Augustine, che accusa il defunto Lennox di avergli rubato una grossa somma di denaro e ritiene Marlowe suo complice.

Robert Altman dirige uno dei noir più belli degli anni 70. Ci riesce anche grazie alla costruzione di un protagonista diverso dagli eroi ‘classici’ dei film di genere americani. Philip Marlowe si aggira solitario per le strade di una Los Angeles ingannevole come i personaggi secondari che lo circondano, a partire da Terry. Quando l’amicizia con quest’ultimo, per il quale Philip mette in pericolo la sua stessa vita, si rivela fasulla, Marlowe si prenderà la sua rivincita. Lo stile e la caratterizzazione dei personaggi de Il lungo addio sono stati di ispirazione per molti futuri cineasti, tra cui proprio Refn, che lo cita nel menzionato Drive.

Pusher 2 – Sangue sulle mani di Nicolas Winding Refn (2004)

Pusher 2

È il secondo capitolo della trilogia Pusher dedicata alla malavita di Copenaghen. Tony, gangster instabile, è in procinto di uscire di prigione dopo l’ennesima condanna. Dopo alcuni crimini, decide di cambiare vita nel tentativo di riconquistare rispetto, ma tutto ciò si rivelerà difficile, tra debiti con il boss più potente della città (suo padre) e un figlio inaspettato.

I tre film crime di Pusher sono tutti costruiti attorno a un protagonista malavitoso derelitto, tra debiti e vizi, ma è nel secondo capitolo che Nicolas Winding Refn riesce ad unire la maestria con cui aveva diretto il primo ad un’introspezione psicologica incredibile. Mads Mikkelsen è perfetto nell’interpretare un uomo incapace nel gestire la sua vita e bloccato in un circolo in cui non può fidarsi di nessuno. Il film inizia con lui da solo e termina con lui (non proprio) solo, ma qualcosa è cambiato. Quando lo vediamo sull’autobus, da dietro, col tatuaggio in primo piano, sappiamo che Tony ha finalmente fatto una scelta, quella di andarsi a prendere il rispetto che prima ricercava da altri.

Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino (2004)

le conseguenze dell'amore

Ogni uomo ha il suo segreto inconfessabile. Ma Titta Di Girolamo (Toni Servillo) ne ha più di uno. Altrimenti perché un uomo di cinquant’anni, del sud, dovrebbe vivere da otto anni in una camera d’albergo di un’anonima cittadina della Svizzera italiana? Anni di silenzio e sigarette, anni appollaiato tra la hall e il bar dell’hotel, indossando abiti elegantissimi senza concedersi, però, alcuna mondanità. Un’atroce routine, nell’eterna attesa che accada qualcosa di rocambolesco. Titta osserva, scruta impassibile la vita che gli scorre davanti e nessun sentimento, nessuna emozione trapela. Apparentemente. Senza più nessuno. Perso da anni a contemplare di nascosto qualcosa. Ma cosa? E perché?

Oltre che sul mistero che circonda la figura del protagonista, Sorrentino basa il suo piccolo capolavoro Le Conseguenze dell’Amore sulla costruzione di una solitudine forzata e assoluta che aleggia intorno ad ogni personaggio. Titta si aggira per i corridoi dell’albergo con un’aria impassibile ma velata di tristezza; quando una ragazza arriverà a rompere questo isolamento, l’equilibrio su cui era basata la sua vita si spezzerà. Mai sottovalutare le conseguenze dell’amore.

Lars e una ragazza tutta sua di Craig Gillespie (2007)

lars e una ragazza tutta sua

Ryan Gosling presta il suo volto e il suo talento al timido Lars, con il quale è impossibile socializzare. Suo fratello e sua cognata si preoccupano per lui, perciò quando annuncia di aver conosciuto una ragazza su Internet sono sollevati. Ma ella è tutt’altro che una normale fidanzata: è una bambola di plastica a dimensione reale, con cui Lars comincia a comunicare e a convivere come se fosse vera.

Questo film è una perla nascosta tra le pellicole che parlano di disagio sociale e malattia mentale. Lars conduce una vita solitaria che sembra non turbarlo, finché l’arrivo della bambola non smentisce questa apparente tranquillità, portando alla luce il suo forte desiderio di un rapporto umano. Il tema viene trattato con estrema sensibilità, che bilancia momenti più leggeri, di risata, a momenti di emotività pura. Emergono così sensazioni molto forti, dall’iniziale confusione per la situazione assurda, fino alla profonda sofferenza.

Moon di Duncan Jones (2009)

Moon

Sam Bell (Sam Rockwell) sta per completare il suo contratto triennale con la Lunar Industries, che lavora sulla luna. Solo, con l’unica compagnia del computer-vigilante della base Gerty, il lungo isolamento di Bell comincia a farsi sentire. Vuole tornare a casa, ma un terribile incidente sulla superficie lunare porta a un’inquietante scoperta che contribuisce alla sua crescente paranoia.

Moon è uno dei mind-fuck movies più interessanti degli ultimi tempi, poiché unisce una storia avvincente con un tema filosofico decisamente più impegnativo. La solitudine qui è doppia: da una parte quella fisica dello stare da soli nello spazio, dall’altra quella esistenziale, che tormenta il protagonista.

Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet (2001)

il favoloso mondo di amelie

Amélie (Audrey Tatou) è una giovane donna che lavora in un caffè di Montmartre e ama coltivare i piccoli piaceri della vita: andare al cinema, affondare le dita in un sacco di legumi, far rimbalzare i sassi sul Canal Saint-Martin, rompere la crosta della crème brulée con la punta del cucchiaio. Un giorno scopre per caso una vecchia scatola di latta che custodisce i ricordi di un bambino. Amélie capisce di dover trovare il bambino, ormai diventato uomo, per restituirgli la scatola. La ricerca del misterioso proprietario porterà Amélie nella vita di tante nuove persone che, grazie a lei, troveranno piccole e inaspettate gioie, ma forse la felicità arriverà anche per lei quando conoscerà Nino (interpretato da Matthieu Kassovitz).

Da Il favoloso mondo di Amélie emerge una dolce malinconia delle piccole cose. L’evidente e auto annunciata solitudine della protagonista non intristisce la storia, ma le dona una sua particolare bellezza, tanto da rendere il film una sorta di favola bizzarra. Negli anni è diventato un cult, grazie alla memorabile colonna sonora e al quadretto di personaggi secondari che arricchiscono la narrazione.

Storia di un fantasma – A Ghost Story di David Lowery (2017)

storia di un fantasma

La vita del musicista C (Casey Affleck) di Dallas, Texas, si interrompe bruscamente a causa di un incidente stradale nel quale l’uomo perde la vita. L’uomo aveva accettato l’idea di lasciare la piccola casa per portare sua moglie M (Rooney Mara) in una nuova e migliore abitazione, per vivere al meglio il loro grande amore. Forse spinto dal desiderio di tornare dalla donna che ama o dal fatto di non essere riuscito a portare a termine i suoi propositi, l’uomo si risveglia in forma di fantasma nella casa.

Se si potesse eleggere un simbolo della solitudine nel cinema, il fantasma di A Ghost Story sarebbe, probabilmente, la scelta migliore. La genialità di David Lowery è stata quella di partire da un concetto fantasy/fantascientifico e privarlo di tutti gli elementi che, di solito, lo caratterizzano: gli effetti speciali complessi, la galleria di personaggi buoni e cattivi, persino l’immagine orrorifica del fantasma. Infatti, esso è stato spogliato di tutto e ridotto alla sua iconografia essenziale, un lenzuolo con i buchi per gli occhi. Una volta tolto tutto ciò, resta lo spunto per una delle storie drammatiche più strazianti degli ultimi tempi. Dal tema della morte, a quello del viaggio nel tempo, al nichilismo esistenziale, il fantasma solitario vede i secoli passare nella casa della sua esistenza, e ci lascia sbalorditi.

Ad Astra di James Gray (2019)

Ad Astra

Da qualche parte nello spazio profondo, un campo elettrico scarica la sua forza alla velocità della luce e minaccia la sopravvivenza della Terra. Il Maggiore Roy McBride, interpretato da Brad Pitt, viene incaricato della missione che dovrebbe liquidare il problema. Ma le cose non sono così semplici perché Roy, soldato pluridecorato, è il figlio di Clifford McBride, pioniere dello spazio partito ventinove anni prima per cercare segni di vita su Nettuno. Perciò Roy parte per un viaggio spaziale, mentre continua a interrogarsi sul destino ignoto del padre.

Nella fantascienza il tema della solitudine è abbastanza ricorrente, soprattutto se si parla di viaggi nello spazio (vedi il già citato Moon). Tuttavia, in Ad Astra il tutto si tinge di una luce particolarmente struggente; l’unione del contesto apocalittico con il dramma familiare non risulta affatto scontata e, grazie alla bellissima interpretazione di Pitt, il film riesce ad essere estremamente intimo e toccante.

Nymphomaniac 1 & 2 di Lars Von Trier (2013)

Nymphomaniac 1 e 2

“In pratica stiamo tutti aspettando il permesso per morire”

Joe (Charlotte Gainsbourg), autoproclamata ninfomane, viene trovata tramortita in un vicolo dallo scapolo Seligman (Stellan Skarsgård), che la ospita in casa. Nel corso di una notte, lei racconta la sua dipendenza dal sesso, svelando particolari e segreti, rimpianti e tormenti.

A primo impatto, Nymphomaniac sembra di tutto tranne che un film sulla solitudine. Joe presenta decine di personaggi (tra cui Jerome, interpretato da Shia LaBeouf), che costellano la sua vita come pezzi di un controverso puzzle. Eppure, la troviamo sola e ferita, e dalla sua stessa narrazione, spesso irriverente, affiora l’immagine di una donna isolata da tutto e da tutti a causa della sua dipendenza, e in ultimo luogo, esclusa anche dal godimento che quest’ultima le procurava. In una spirale di piacere e autodistruzione, Joe è l’emblema stesso della solitudine, e verrà tradita anche dall’ultima figura che sembrava esserle venuta incontro.

Taxi Driver di Martin Scorsese (1976)

taxi driver

La solitudine m’ha perseguitato per tutta la vita. Dappertutto: nei bar, in macchina, per la strada, nei negozi, dappertutto. Non c’è scampo: sono nato per essere solo.”

Per finire, il film sulla solitudine per eccellenza: Taxi Driver. Il protagonista della vicenda è il ventiseienne Travis Bickle (Robert De Niro) che, a seguito delle atrocità vissute durante la guerra del Vietnam, vive in uno stato di profonda alienazione nella grande metropoli di New York, acuito da croniche crisi d’insonnia. Per questo decide di iniziare a lavorare come tassista notturno: siamo trasportati nella sua visione pessimistica del mondo, che lui sfoga nelle pagine del suo diario e in una missione suicida finale.

Travis è un antieroe, forse il più celebre della storia del cinema americano. Da un lato la sua solitudine è evidente; è sempre solo e le poche relazioni della sua vita sono superficiali o distrutte da lui stesso. Ma il suo isolamento più grande è quello interiore: se all’inizio proverà a contrastarlo, finirà per accettarlo come parte integrante di se stesso e costruire la degenerazione del suo personaggio proprio a partire da tutto ciò.

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