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‘I giganti’ di Bonifacio Angius, le ombre e l’umanità degli sconfitti

La recensione de I giganti, quarto lungometraggio diretto da Bonifacio Angius, qui per la prima volta anche attore. Ora in sala

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I giganti Bonifacio Angius

Quarto lungometraggio di Bonifacio Angius, I giganti , ora in sala, è stato l’unico film italiano presente nel concorso principale della 74° edizione del Locarno Film Festival.

Per il regista sardo si tratta di un ritorno alla manifestazione svizzera, sette anni dopo avervi presentato Perfidia.

Con I giganti, Angius si inoltra ulteriormente nei meandri della ricognizione umana, fatta di constatazione diretta e pura. Senza inibizione di alcun tipo. I giganti del titolo sono semplici uomini, ma diventano tali accumulando disperazione, angoscia e paura nella loro raminga esistenza.

Per la prima volta in un lungometraggio, Bonifacio Angius ricopre anche il ruolo di attore, insieme a Michele e Stefano Manca, Riccardo Bombagi e il sodale Stefano Deffenu, che recentemente ha esordito alla regia con il documentario Ananda, prodotto proprio da Angius.

Oltre alla regia, Angius ha curato la sceneggiatura (insieme a Deffenu), la fotografia, il montaggio e la produzione, con la Il Monello Film. Un’opera dunque fortemente autoriale e intima, contraddistinta da una grande libertà espressiva.

I giganti: la trama

In una casa sperduta nella campagna sarda, un gruppo di amici si ritrova per consumare droghe e alcolici. Le ore trascorrono nell’autodistruzione, ammantata di ricordi e pensieri dolorosi che affiorano. La breve partecipazione di due ragazze non nasconde il vuoto creato dalla mancanza della presenza femminile, che rende i protagonisti ancor più cupi, disperati. Soli. Distanti dal mondo esterno e serrati nell’abitazione, espressione di interiorità, i rapporti si lacerano e rimarginano incessantemente, lungo un percorso che sembra segnato.

I giganti Bonifacio Angius

Io sono Nessuno

E tu chi sei? Tu non sei nessuno“, è quanto viene detto ad Alessandro, il protagonista del precedente lungometraggio diretto da Angius, Ovunque proteggimi. Il suo è un cinema che parla proprio dei nessuno, raccontandone alcune tra le centomila storie. Un cinema carnale e sanguigno che cuce ogni immagine e suono sui personaggi che mostra, addentrandosi nei tormenti della loro esistenza ai margini. Sono persone alla deriva, fantasmi che non riescono a coniugare il proprio Io con la realtà che li circonda, in una società cieca e cinica dal cui scollamento vengono generati vitelloni moderni e soggetti colmi di disperazione.

Se nei film precedenti lo spazio percorso dai personaggi assumeva un ruolo rilevante, connettendo i luoghi alla loro interiorità, facendone un paesaggio umano, I giganti è caratterizzato da una continuità di luogo totale. Il film si svolge interamente all’interno della casa in cui si ritrovano i cinque protagonisti e l’esterno viene mostrato solo un paio di volte. Un’ambientazione figlia del periodo di pandemia che ne riflette le paure e le angoscie, rimodellando la loro forma.

I giganti Stefano Deffenu

Lo spazio, non più percorso ma occupato, rimane un elemento primario. L’edificio sperduto nella campagna, distante spazialmente e persino temporalmente, ha una parvenza quasi archetipica, delineando il confine tra mito e realtà di un’umanità tesa all’autodistruzione. Vi si radunano personaggi che sembrano giungere direttamente dai precedenti lungometraggi di Angius, un campionario di ciò che spesso viene rimosso. Sono consapevoli del loro fallimento e l’arrivo in quel luogo, meta finale ossimorica del loro errare, lo testimonia. Nonostante l’unica ambientazione, I giganti è intriso di dinamismo conseguente all’incontro scontro dei protagonisti, assorbiti dalla casa stessa in un rimescolio di pensieri, ricordi, voci, sguardi.

Ulteriore dinamicità è profusa dal cromatismo con il quale sono mostrati i luoghi. La penombra interna iniziale lascia spazio alla luce tenue e opaca delle lampade; al blu notturno nell’unico momento in cui si trovano all’esterno segue la terribile oscurità avvolgente che accompagna il monologo di maggior intensità e dramma del film. Variazioni che assumono un rilievo quasi temporale e spirituale, seguendo il saliscendi drammaturgico. La profonda oscurità, che cala sulla casa mentre il personaggio interpretato dallo stesso Bonifacio Angius confessa il suo estremo dolore, dipinge il suo volto, lasciandolo nel buio a eccezione della linea del profilo, illuminata da un filo di luce proveniente da un altrove. Un’immagine che raffigura perfettamente i personaggi del cinema di Angius, sagome interiormente vuote e oscure che cercano disperatamente di colmare la mancanza di amore. Uno dei temi che ricopre maggior importanza.

I racconti di Angius uniscono astrazione e concretezza, universalità e specificità. Ogni suo film è pervaso dal legame con la Sardegna, la sua terra, e al tempo stesso ne rifugge le consuetudini astraendo i luoghi e narrando storie tese all’estremo ma ferocemente terrene e tangibili. L’ironia serpeggia nel dramma tendendo al grottesco, ricordando il nordico umorismo stralunato di Kaurismaki e Andersson, nel tentativo di opporsi alla parabola funerea e priva di speranza che avvolge anche I giganti. Un conflitto che si manifesta nella sequenza dal sapore felliniano in cui osservano dalla finestra un corteo funebre, riflesso inesorabilmente presago.

Il trailer de I giganti

Leggi l’intervista realizzata da Taxidrivers a Bonifacio Angius

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I giganti

  • Anno: 2021
  • Durata: 80'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Bonifacio Angius