Pupi Avati è uno dei registi più prolifici e acclamati del cinema italiano. Nel corso della sua lunga carriera ha diretto quarantuno lungometraggi e dieci serie televisive. Il suo esordio avvenuto nel 1968 con Balsamus, l’uomo di Satana è abbastanza insolito, reso possibile grazie ad un finanziamento ottenuto da un imprenditore bolognese, il misterioso Mister X, da lui soprannominato con questo nomignolo, il quale lo aiuterà in seguito anche per la realizzazione del successivo film, Thomas e gli indemoniati (1970), pellicola che non ha mai avuto una vera e propria circolazione in Italia, la cui unica copia è conservata presso la Cineteca Nazionale di Roma.
Bolognese, classe 1938, Giuseppe Avati in arte Pupi si è saputo far valere nel panorama del cinema italiano come uno dei registi più eclettici, capace di passare da diversi generi, ambientando la maggior parte dei suoi film in Emilia – Romagna, tra la Bassa Padana e Bologna, città dove è nato e che stata protagonista di alcuni suoi capolavori: Zeder (1983), Impiegati (1984), Regalo di Natale (1986), Dichiarazioni d’amore (1994), Il testimone dello sposo (1997), La via degli angeli (1999), Il cuore altrove (2003), La rivincita di Natale (2004), Il papà di Giovanna (2008) e tanti altri. Il 22 agosto 2019 è uscito nelle sale cinematografiche il suo penultimo lungometraggio Il signor Diavolo. Un gradito ritorno al genere horror dopo il mancato successo di critica e pubblico ottenuto nel 2007 con Il nascondiglio interpretato da Laura Morante.
Nel 1976 Avati realizza uno dei suoi più grandi successi La casa dalle finestre che ridono, un’opera che – tolte alcune scene orrorifiche – sembra confrontarsi per certi versi con il genere giallo. Il film si situa in un momento difficilissimo della carriera di Avati, il quale dopo il sequestro di Bordella per oscenità e la conclamata sentenza di assoluzione da parte del tribunale di Latina, decide di realizzare il film che lo porterà a essere consacrato dalla critica come il “Polanski bolognese”. La casa dalle finestre che ridono prende debitamente le distanze dai primi lungometraggi del regista, permettendo a Pupi e Antonio Avati di realizzare da lì a poco una serie di grandi successi, destinati a far dimenticare i periodi bui che hanno vissuto. Con questo film, Pupi Avati entra a far parte di quel gruppo di autori promettenti in grado di dirigere opere di un certo spessore, raggiungendo la consacrazione da parte della critica e del pubblico.
Nascita dell’A.M.A Film e primi successi
Nonostante le innumerevoli difficoltà economiche e organizzative riscontrate durante le riprese de La casa dalle finestre che ridono (il film venne realizzato con un budget di centocinquanta milioni di vecchie lire) ci fu la nascita dell’A.M.A Film, la società di produzione fondata con l’ingresso di Gianni Minervini, le cui lettere simboleggiano il trio Avati – Minervini – Avati. Una società che sarà attiva fino al 1983 (anno in cui verrà realizzato Una gita scolastica), la quale ha prodotto alcune opere prime di importanti registi tra cui Berlinguer ti voglio bene (1977) di Giuseppe Bertolucci, Macabro (1980) di Lamberto Bava. Tra i titoli prodotti dall’A.M.A Film troviamo alcune serie televisive importanti dirette da Pupi Avati come Jazz Band (1978), Cinema!!! (1979), Aiutami a sognare (1981) e Dancing Paradise (1982). Nel 1984 nasce la DueA Film, l’attuale società di produzione con a capo Antonio Avati.
Alcuni titoli che hanno consacrato la carriera di Pupi Avati
Ce ne sono tantissimi di film che il grande Pupi Avati ha diretto e che sono stati dei grandi successi di pubblico e critica, tra questi troviamo Una gita scolastica (1983), un’opera che segna un passaggio dal cinema che il regista bolognese aveva fatto fino ad allora e che si sarebbe visto nelle opere successive. Una gita scolastica è da considerarsi insieme a Festa di laurea (1985), Regalo di Natale (1986), Storia di ragazzi e ragazze (1989), Il testimone dello sposo (1998), Il cuore altrove (2003) e Il papà di Giovanna (2008) una tra le sue migliori opere. Il film segna l’incontro tra Avati e uno dei suoi attori feticci il grande e indimenticabile Nik Novecento, nome d’arte di Leonardo Sottani, un ragazzo cresciuto a Pontecchio Marconi, una frazione di Sasso Marconi, il quale entrerà a far parte della factory avatiana, un incontro avvenuto casualmente in un bar di Porretta Terme grazie ad Antonio Avati, il fratello di Pupi che riesce a individuare in quel ragazzetto con l’accento bolognese e il visetto simpatico la persona giusta per inserirlo nel cast di Una gita scolastica. Da questo film si avvia una collaborazione professionale che porterà Novecento a far parte di grandi successi avatiani, basti ricordare l’indimenticabile interpretazione di Nicola Porelli, il figlio di Vanni (Carlo Delle Piane) in Festa di laurea. Nik Novecento è stato oltre che un attore, soprattutto una figura importante nella vita di Pupi, è stato come un figlio, la morte prematura avvenuta il 15 ottobre 1987 a causa di un arresto cardiaco ferma un carriera in ascesa. Una gita scolastica ottiene diversi riconoscimenti tra cui il Premio Pasinetti – Miglior attore andato a Carlo Delle Piane, oltre a cinque Nastri d’Argento (miglior film, soggetto, miglior attore protagonista, miglior attrice esordiente e miglior colonna sonora). Anche Carlo Delle Piane fa parte di uno degli attori feticci di Avati. Il regista bolognese ha sempre scelto con cura ogni singolo attore nel corso della sua carriera, a lui e a suo fratello Antonio si devono scoperte o riscoperte come quelle di Mariangela Melato, Diego Abatantuono, Alessandro Haber, Massimo Boldi, Neri Marcorè, Katia Ricciarelli, Alba Rohrwacher, Renato Pozzetto, figure più o meno ricorrenti nella filmografia avatiana. Oltre a Una gita scolastica e a Festa di laurea, troviamo Regalo di Natale (1986), un film che ha segnato il ritorno al cinema di Diego Abatantuono e che fa vincere a Carlo Delle Piane la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile. Ma si potrebbero citare anche Storia di ragazzi e ragazze (1989), Il testimone dello sposo (1998), Il cuore altrove (2003), La seconda notte di nozze (2005) e Il papà di Giovanna (2008). Proprio con quest’ultimo film Avati ha ottenuto altri grandi riconoscimenti da parte della critica e del pubblico, oltre alla vittoria come miglior interpretazione maschile e il Premio Pasinetti andato a Silvio Orlando, il quale attraverso la toccante interpretazione di Michele Casali riesce a vincere due importanti premi come miglior attore alla 65° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, oltre alla vittoria di Alba Rohrwacher come miglior attrice protagonista ai David di Donatello.
Lei mi parla ancora di Pupi Avati
Troviamo su Sky Cinema l’ultimo lungometraggio diretto da Avati dal titolo Lei mi parla ancora, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Giuseppe Sgarbi, il padre di Vittorio ed Elisabetta Sgarbi. Il cineasta bolognese racconta come solo lui lo sa fare la bellissima storia d’amore dell’autore con Rita Cavallini, i cui ruoli sono interpretati da giovani da Lino Musella e Isabella Ragonese, mentre in età matura da Renato Pozzetto e Stefania Sandrelli. Una lunga storia d’amore durata più di sessant’anni e che sembra ricordare un altro grande successo diretto nel 2011 da Avati Un matrimonio, una serie targata Rai Fiction che raccontava un matrimonio di cinquant’anni di Francesca Osti (Micaela Ramazzotti) e Carlo Dagnini (Flavio Parenti), la cui storia d’amore era ispirata ai genitori di Pupi e Antonio Avati.
Nel cast di Lei mi parla ancora sono presenti anche Fabrizio Gifuni, Alessandro Haber, Chiara Caselli, Gioele Dix, Serena Grandi, Veronica Visentin, Romano Reggiani e Dario Nocella. Una storia che sarà sicuramente emozionare come solo le opere di Pupi Avati sanno farlo.
Dante, un viaggio attraverso la figura del sommo Dante Aligheri
Dante, il suo ultimo lavoro, ripercorre la vita, seppur a tratti, del grande poeta e scrittore fiorentino, attraverso gli occhi di Giovanni Boccaccio, interpretato da Sergio Castellitto. Il film, sceneggiato dallo stesso Avati, è tratto dal suo libro L‘alta fantasia – Il viaggio di Boccaccio alla scoperta di Dante.
È chiaro fin da subito che Pupi Avati non si vuole addentrare nella stesura della Divina Commedia, ma bensì sul rapporto tra Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio, in particolar modo il viaggio che quest’ultimo compie. Lo scrittore fiorentino è incaricato dalla Compagnia dei Laudesi di portare dieci fiorini a Suor Beatrice (Valeria D’Obici), la figlia dell’Alighieri, chiamata in onore della sua musa ispiratrice, morta giovanissima, che continuò ad amare fino alla fine dei suoi giorni. Il viaggio che Boccaccio compie per raggiungere la suora è l’occasione per visitare i luoghi dove Alighieri ha soggiornato e di far la conoscenza con le persone che hanno avuto modo di conoscerlo. Inoltre, assistiamo ad alcune scene che ripercorrono la sua infanzia e adolescenza per arrivare all’incontro con la sua Beatrice (Carlotta Gamba).
A dare anima e corpo a Dante Alighieri da giovane troviamo Alessandro Sperduti (Una questione privata, Tre piani, I cassamortari), mentre da anziano è interpretato da Giulio Pizzirani, attore feticcio di Pupi Avati, che ha lavorato con lui nei suoi primi lungometraggi. Per l’occasione il regista bolognese ha chiamato a raccolta alcuni degli attori con cui ha avuto modo di lavorare nei suoi precedenti lavori, tra cui Alessandro Haber, Gianni Cavina, Valeria D’Obici e tanti altri.
La ricostruzione storica è curata nei minimi dettagli, soffermandosi prevalentemente sulla prima parte di vita di Dante, l’incontro con la sua amata Beatrice, l’amicizia con Guido Cavalcanti (Romano Reggiani), il matrimonio con Gemma Donati fino ad arrivare al suo esilio. Avati ha avuto modo di collaborare durante la stesura della sceneggiatura con alcuni storici, studiosi di Alighieri, che lo hanno aiutato a rendere credibile il racconto ambientato del 1300.
A ottantatré anni suonati Pupi Avati continua a dirigere lungometraggi, confermandosi ancora una volta un regista versatile, capace di passare da diversi generi. Lo ha fatto cimentandosi con opere che hanno come tema il soprannaturale, ma anche raccontando con grande nostalgia la Bologna degli Anni Trenta o Quaranta. In Dante vi è la capacità di saper raccontare con grande delicatezza la figura dell’uomo che ha dato lustro alla lingua italiana nel mondo.
Dante è un’opera da annoverarsi tra le migliori dirette da Pupi Avati, capace di trasporre sullo schermo il dolore, l’amore che il sommo Dante Alighieri ha vissuto nella propria vita, mostrando alcuni tra gli eventi più importanti vissuti dal poeta fiorentino, grazie alla presenza di un cast di prim’ordine, tutti in parte, di una sceneggiatura che non tralascia nessun dettaglio e di una scenografia in grado di immergerci nell’atmosfera dell’epoca.