La notte del 2 novembre scorso, nel giorno del suo 80° compleanno, è venuto a mancare Gigi Proietti, ultimo mattatore dell’intrattenimento italiano.
Affabulatore, malizioso e mascalzone quanto basta, Gigi Proietti è uno degli attori italiani più talentuosi degli ultimi cinquant’anni. In compagnia di Carmelo Bene e Vittorio Gassman, formava la triade perfetta dell’arte istrionica. Ma, a differenza degli altri due, grazie alla sua pungente ironia, a tratti surreale, Gigi Proietti è riuscito a farsi amare anche dal grande pubblico.
Il teatro
Nato nel 1940 a Roma, prende la maturità classica al liceo Augusto e s’iscrive alla facoltà di giurisprudenza. È durante gli anni dell’università che il giovane Gigi Proietti inizia ad esibirsi in alcuni locali romani, come il Gran Caffè Professionisti di piazza Cavour.
Successivamente entra nel Cut, la scuola di teatro dell’ateneo, diretta da Giancarlo Cobelli, dove ha modo di conoscere Anna Mazzamauro e Piera degli Esposti. Il giovane attore si fa subito notare e arriva il debutto in teatro. È il 1963, quando Giancarlo Cobelli lo scrittura per Can can degli italiani, scritto da Ercole Patti e Luigi Malerba.
Continua la sua attività teatrale con il gruppo sperimentale del Teatro 101, dove spesso erano presenti molti più attori sul palcoscenico, che spettatori in platea. Per continuare a recitare in teatro, sua vera passione, inizia a fare il doppiatore, prestando la sua voce ad attori del calibro di Marlon Brando e Michel Piccoli.
Il successo di A me gli occhi, please
Gigi Proietti per circa un decennio fa una vera e propria gavetta, ma poi nel 1974 arriva la consacrazione con A me gli occhi, please. È questo un lavoro davvero innovativo, che segnò uno spartiacque nel mondo del teatro. A me gli occhi, please ottenne un grande successo e seguirono numerose repliche, l’ultima nel 2000.
Una sera tra il pubblico c’era anche Carmelo Bene, il quale resta positivamente colpito dall’istrionismo di Gigi Proietti e lo scrittura per La cena delle beffe. Alcuni anni dopo pare che abbia dichiarato: “ A Gassman il classico, a me il tragico e l’avanguardia e a Gigi l’intrattenimento”.
L’urlo di Tinto Brass, il primo film da protagonista
Sempre negli anni Sessanta arriva anche il cinema. Le prime partecipazioni sul grande schermo sono piccole particine, come in Se permettete parliamo di donne (1964) di Ettore Scola e Lo scatenato (1967) di Franco Indovina.
Il primo regista a dare totale fiducia a Gigi Proietti, affidandogli il ruolo del protagonista, è Tinto Brass con L’urlo (1968).
Anita (Tina Aumont) abbandona sull’altare il suo promesso sposso e scappa con un altro uomo (Gigi Proietti). Anita fugge dal mondo borghese e insieme al suo nuovo uomo inizia a vivere all’insegna della libertà, senza nessun tipo di inibizione.
L’urlo ebbe molti problemi con la censura e la sua uscita nelle sale cinematografiche avvenne solo nel 1974, ma fu presentato al Festival di Cannes nel 1970. La pellicola appartiene al primo periodo del regista veneziano, precedente alla sua svolta verso il cinema erotico.
Tinto Brass usa un montaggio veloce con stacchi che ricordano le atmosfere della nuovelle vague, scelta già fatta in Chi lavora è perduto (1963). Ma per certi versi L’urlo si spinge oltre, per sconfinare nel terreno del cinema sperimentale più estremo.
La trama è davvero esile e può essere considerata un pretesto, che il regista usa per sfruttare, fino all’osso, la potenza delle immagini e del linguaggio cinematografico. L’urlo è un viaggio allucinante, onirico, filosofico e anche politico.
Gigi Proietti appare a suo agio in questo contesto straniante e non fa fatica a sostenere un copione irreale e con pochi appigli nella realtà. D’altronde, grazie alla sua esperienza teatrale, dove ha affrontato anche il teatro dell’assurdo, non è sprovvisto di strumenti per sostenere questo tipo di recitazione.
La proprietà non è più un furto
L’urlo non è certo l’unica partecipazione di Gigi Proietti al cinema impegnato. Nel 1973 è nel cast di La proprietà non è più un furto di Elio Petri, insieme ad altri grandi attori come Ugo Tognazzi e Flavio Bucci. Il film venne presentato al Festival di Berlino e a Venezia, ma non ottenne riconoscimenti.
Total (Flavio Bucci) è un giovane impiegato di banca, allergico al denaro. Convertito al marxismo, diventa ladro per ideologia e inizia a perseguitare un ricco macellaio (Ugo Tognazzi), per lui simbolo del capitalismo.
La proprietà non è più un furto è l’ultimo capitolo di una trilogia, che Elio Petri incentra sulla nevrosi. Iniziata con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1971). Alcuni critici, però, estendono il discorso di Petri fino a Todo modo (1976).
In questo film, che come L’urlo ebbe non pochi problemi con la censura, Gigi Proietti non è tra i protagonisti principali. In ogni modo, l’attore romano riesce ad esprimere al meglio le sue capacità attoriali.
Il regista sfrutta le qualità affabulatorie di Gigi Proietti. L’attore, in alcuni momenti, sembra esprimersi in versi, con un registro allegorico. La sua lingua oscilla tra l’italiano e il romanesco, che ricorda i sonetti di Giuseppe Giocchino Belli, ma ovviamente l’esito è ben diverso.
Febbre da cavallo
Il film interpretato da Gigi Proietti, più ricordato oggi, è senza ombra di dubbio Febbre da cavallo (1976) diretto da Steno. La pellicola ha un cast d’eccezione; oltre a Gigi Proietti, ci sono Enrico Montesano, Francesco De Rosa, Mario Carotenuto e Catherine Spaak.
La vicenda è incentrata sulle avventure di tre amici: Mandrake (Gigi Proietti), Pomata (Enrico Montesano) e Felice (Francesco De Rosa). La vita dei tre è incentrata sulla passione per i cavalli. Mandrake, Pomata e Felice sono sempre alla ricerca di denaro per scommettere all’ippodromo.
È interessante la genesi di questo film, oggi conosciuta come una delle commedie più fortunate del cinema italiano. Ma l’idea di Febbre da cavallo nasce come un dramma per raccontare la dipendenza da gioco e solo successivamente viene traslata nel genere comico.
Il film, oggi considerato un vero cult, non ebbe grande successo e venne liquidato dalla critica come una delle tante commedie che si realizzavano allora. Solo successivamente, quando fu venduto a diverse televisioni private, arrivò al grande pubblico.
Gigi Proietti in questa commedia è davvero esilarante. Indimenticabili sono le sue mandrakate, come quella per evitare il controllore sul treno, dopo una giornata, sfortunata passata all’ippodromo di Agnano. Non è da meno il suo travestimento, per sostituire il famoso fantino francese, Rossini.
Anche in questo film Gigi Proietti usa le sue qualità affabulatorie. Mandrake quando perde ai cavalli non riesce a fare l’amore con la sua fidanzata e, per evitare di essere scoperto, inizia a parlare senza senso di cose futili. L’esito è davvero comico.
L’attore ha partecipato anche al sequel di Febbre da cavallo, La Mandrakate (2002), scritto da Enrico e Carlo Vanziana, figli di Steno. Dopo circa vent’anni, Gigi Proietti con La Mandrakate torna ad interpretare un ruolo compiuto al cinema.
Casotto
L’anno dopo Febbre da cavallo, Gigi Proietti è interprete in Casotto (1977) di Sergio Citti. Anche questo film ha un cast d’eccezione: Ugo Tognazzi, Franco Citti, Massimo Bonetti, Paolo Stoppa, le sorelle Melato e una giovanissima Jodie Foster.
All’interno di una cabina lungo la spiaggia, Sergio Citti mostra una variopinta galleria di personaggi con le proprie vicende. È palese il contrasto tra la rigida morale bigotta degli italiani e il loro istinto, esibito solo nel privato.
In questo film Gigi Proietti forma una coppia formidabile con Franco Citti, fratello del regista. I due sembrano amici per davvero, con un’ interpretazione basata sul realismo più spietato. L’interpretazione di Gigi Proietti, come quella di Franco Citti, è basata su un registro comico, ma ad emergere è un’atmosfera cupa e cinica.
In Casotto, l’attore ha l’occasione di tingere la sua recitazione di una tinta surrealista. È il suo personaggio, infatti, a sognare e ritrovarsi in un paesaggio bucolico circondate da ninfe e una bellissima donna bionda, interpretata da Catherine Deneuve.
La Tosca
Gigi Proietti, nella sua lunga carriera, non si è fatto mancare nulla e nel 1973 interpreta anche un ruolo in un film in costume, La Tosca di Luigi Magni. Il film è liberamente tratto dall’omonimo dramma di Victorien Sauden, rivisto in chiave ironica.
La storia è ambientata a Roma nel 1800. Il pittore Mario Cavaradossi (Gigi Proietti) dà rifugio al patriota Cesare Angelotti (Umberto Orsini). Il barone Scarpia (Vittorio Gassman), reggente della Polizia Pontificia, si mette alla ricerca di Angelotti, servendosi di Flora Tosca (Monica Vitti), amante di Cavaradossi.
Anche questo film ha un cast d’eccezione. Oltre ai già citati Proietti, Gassman e Vitti, troviamo anche Aldo Fabrizi. Ma il film ha molti punti deboli. Il regista sembra non sfruttare al meglio le capacità recitative degli interpreti e i vari registri usati, dal comico al melodrammatico, restano separati.
La Tosca di Luigi Magni ha l’ambizione di essere anche una commedia musicale e sono molte le canzone disseminate nella pellicola. Una di questa è Nun je da’ retta Roma, cantata da Gigi Proietti e ripresa nel finale, con un testo diverso, da Monica Vitti.
Le serie Tv: Il Maresciallo Rocca e Sogni e Bisogni
La carriera di attore cinematografico di Gigi Proietti non è stata semplice; pochi sono stati i ruoli interpretati da protagonista. Questo per un pregiudizio che molti addetti ai lavori nutrivano nei suoi confronti: un ottimo attore teatrale, ma non è capace di bucare lo schermo, sia quello grande del cinema, che quello piccolo della televisione.
Questo pregiudizio è stato smentito alla grande nel 1996, quando Gigi Proietti ottiene uno straordinario successo con la serie Tv Il Maresciallo Rocca ideata da Laura Toscano e prodotta dalla Rai e dalla Solaris Cinematografica.
Il Maresciallo Rocca non è la sola serie tv interpretata da Gigi Proietti. Nel 1985 partecipò a Sogni e Bisogni diretta da Sergio Citti. Composta da 11 episodi slegati, Gigi Proietti interpreta il ruolo di Pompeo in Micio micio.