Esplosivi e indipendenti. Conversazione con Antonio Rezza e Flavia Mastrella, autori e interpreti di Samp
Samp di Antonio Rezza e Flavia Mastrella è la conferma di una poliedricità capace di dissolvere le regole del cinema, riformulate all’interno di un dispositivo rapsodico e allucinato, reale e visionario in cui performance, immagini suoni e giochi di parole sono il mezzo per immergere lo spettatore nell’universo dell’eccentrico protagonista. Al cinema
Samp di Antonio Rezza e Flavia Mastrella è la conferma di una poliedricità capace di dissolvere le regole del cinema, riformulate all’interno di un dispositivo rapsodico e allucinato, reale e visionario in cui performance, immagini suoni e giochi di parole sono il mezzo per immergere lo spettatore nell’universo dello scatenato protagonista.
In occasione dell’uscita del film, a partire dal 27 novembre nelle sale italiane abbiamo conversato con i registi del film.
Volevo iniziare dalla prime tre sequenze perché sono rappresentative del cortocircuito visivo e sonoro a cui avete sottoposto le regole della materia cinematografica. A quella silenziosa e statica in cui vediamo il volto del protagonista e i suoi capelli mossi del vento ne subentra un’altra tutta musicale in cui lo stesso si scatena in una sorta di danza iniziatica. Nell’insieme si tratta di un grande inizio.
Flavia Mastrella. Sono scene esplosive e sono d’accordo con te sul fatto che si tratti di un grande inizio. Samp parte da una danza rituale. Si tratta di una Taranta, un ballo fatto per guarire dal disagio.
Nel contesto del film, anche nel suo andamento rapsodico e allucinato, reale e visionario la danza mi sembra svolgere anche una sorta di ipnosi atta a immergere lo spettatore dentro questo vortice di immagini e di suoni, di performance e giochi di parole. Stiamo parlando di un grande film.
FM. Si infatti è introduttiva nei confronti del mondo di Samp che è pieno di contraddizioni ai limiti della sopportazione umana.
Antonio Rezza. E’ chiaro che se tu hai visto questo sarà anche vero e dunque non posso non essere d’accordo. L’inizio è fulminante nella maniera in cui noi facciamo le cose e poi lasciamo a chi le vede la possibilità di cogliere il significato e il suono giusto. Dunque se ci atteniamo a quest’ultimo è giusto che si passi dal vento della prima sequenza all’esplosione musicale della successiva. Più che un film Sampper noi è un’esperienza di vita. Il film è rimasto chiuso dentro un computer per vent’anni perché non ritenevamo che il momento storico fosse adatto per farlo vedere. Noi non sottostiamo a nessun tipo di diktat produttivo e in questo senso Samp rispecchia in pieno ciò che siamo. Penso davvero che sia un grande film non perché l’abbiamo fatto noi; forse è un grande film proprio perché l’abbiamo fatto noi. Per questa ragione sarebbe un grande scandalo se non trovasse una distribuzione adeguata. Nelle interviste che stiamo facendo in questi giorni i giornalisti sono meravigliati di tanta bellezza dunque sarebbe bene che la critica per prima sostenesse apertamente il film anche senza l’uscita in sala. Perché poi alla fine il problema vero è la distribuzione dei film.
Il cortocircuito di cui si parlava è anche sonoro. Abbiamo detto del contrasto tra la prima e la seconda sequenza ma per esempio nella terza, quella del matricidio i passi di Samp riecheggiano in maniera irreale dentro la stanza in cui si compierà il misfatto.
FM. Volevamo rendere quella situazione in una maniera molto vicina alla favola, ne volevamo fare una sorta di fiaba. Parliamo di un contesto molto onirico atto a distrarre dal sentimento di confusione che si respira nel corso del film. Si tratta di una confusione tanto bambina quanto lo èl’atteggiamento della nostra società.
Di uguale tenore rispetto a quanto stiamo dicendo è la sceltadi attribuire a uno degli attori una voce diversa dalla sua. Mi riferisco all’interprete del presidente la cui voce è doppiata nientemeno che da Valerio Mastandrea. L’effetto è tanto eversivo quanto straniante.
FM. Si perché anche questa cosa fa parte di una serie di controsensi in cui tutto si può manipolare e dove ogni cosa è trasformabile, concetti questi che da sempre appartengono alla nostra poetica.
AR: Il doppiaggio di Mastandrea è stato necessario perché Andrea, l’attore che fa il presidente usciva fuori metrica. Valerio ha fatto un doppiaggio performativo adattandosi alle movenze dell’attore. A noi la sua è sembrata la voce più adatta e anche ad Andrea è piaciuto risentirsi con quel timbro non suo. Aggiungo che Mastandrea non ha mai recitato perché non è mai entrato nello stato d’animo del Presidente. Non c’è entrato nemmeno quest’ultimo (ride, ndr).
Perche proprio Valerio Mastandrea?
AR. Innanzitutto perché ci conosciamo da tempo e ci troviamo molto simpatici. Poi perché nel caso specifico ci sembrava la cosa più adatta da fare; avevamo appena finito di collaborare su un progetto che poi non è partito. Dovevo fare l’armadillo ne La profezia dell’armadillo di cui Valerio sarebbe dovuto essere il regista. Una volta uscito dal progettola produzione cambiò e la mia parte andò a Valerio Aprea che è molto bravo. Per quanto mi riguarda io l’avrei fatto solo a patto che fosse stato Mastandrea a dirigerlo. Io non faccio l’attore. Se mi chiamano per interpretare un film rispondo di no a meno che non sia qualcosa che mi dia dei margini performativi. Non ho intenzione di fare il maggiordomo di qualcun’altro ed è per questo che non capisco – e non è una critica morale ma tecnica – come faccia un attore a entrare dentro gli stati d’animo che non gli appartengono. Io ne ho talmente tanti dei miei che non ho voglia di asservire quelli degli altri. Mi sentirei veramente ridicolo nel farlo. Non capisco come si faccia. E’ una disciplina che non capisco. Questo è il motivo per cui mi piacciono gli attori performativi come Gian Maria Volontè.
A proposito di trasformazione e manipolazioni in Samp voi prendete un genere anzi più generi e alla vostra maniera non solo li decostruite ma ne rovesciate regole e significati.
FM. Questa è un ‘altra delle nostre caratteristiche. Ci piace rovesciare le regole favorendo soprattutto la libertà d’azione e di accostamento. Ci vogliamo prendere la libertà delle nostre contraddizioni tra cui anche la possibilità di sbagliare. Quello di Samp è un lavoro in cui tutto è sbagliato eppure funziona.
AR. Certo, è così perché a noi piace farlo in maniera esagerata pur nell’ambito di un assoluto rigore. Ecco perché vi si trovano tanti generi mescolati uno con l’altro. In ogni caso anche questo è una dimostrazione di onnipotenza e di libertà in cui ognuno può fare quello che vuole.
Antonio, Samp è un film che dal punto di vista della struttura ti corrisponde alla perfezione considerando l’anarchia e la libertà con cui passate da un genere all’altro e la maniera in cui li interpretate.
AR. Si anche se a un certo punto penso non sia più una questione di anarchia ma di disinteresse. Penso che tale atteggiamento sia superiore all’anarchia perché significa non vedere certe forme di potere, disprezzarle attraverso l’indifferenza. Io mi comporto in questo modo verso qualsiasi forma di predominio e di gerarchia. Si tratta di un disinteresse sublime allo stato puro.
In Samp coesistono delle associazione visive realizzate attraverso il montaggio che vanno di pari passo con quelle di dialoghi e parole.
FM. Si tutto va ad alimentare il senso di confusione contemporaneo, cioè secondo me Samp è il nostro film testamentario in cui c’è tutta la poetica e anche la rabbia di aver vissuto un periodo così contraddittorio senza aver potuto esagerare in termini di mezzi.
Devo dire che nonostante questa mancanza avete realizzato un capolavoro. Dal punto di vista della forma Antonio/Samp è un corpo anarchico per eccellenza. Tu lo contieni e allo stesso tempo gli permetti di liberarsi all’interno di una forma in cui le barriere tra le varie arti non sono quelle cinematografiche, vengono meno. In Samp c’è il cinema e i suoi generi ma anche il teatro, la performance, la musica. A quale principio vi siete ispirati per realizzare un dispositivo così multiforme.
FM. Il principio sta nella dinamica. Abbiamo iniziato a usare questa modalità nelle interviste on the road realizzate nel 2001 e convogliate nel progetto dei Troppolitani con il quale abbiamo scoperto la dimensione e la possibilità espressiva delle persone in transito e prese di sorpresa. E’ con questa mentalità che abbiamo realizzato il film. Abbiamo girato in Puglia in piena libertà. Sapevamo che Samp era un killer, sapevamo che doveva uccidere delle persone, sapevamo che viveva d’amore e che doveva uccidere le tradizioni.Sulla base di questa griglia comportamentale a d’azione siamo partiti avendo in mente di arricchirla con l’improvvisazione.
In effetti in alcune sequenze ho avuto l’impressione che alcuni degli interlocutori di Samp fossero spiazzati dal fatto di trovarselo di fronte e di dover interagire con lui.
FM. Era quello il gioco. Tutti gli assassinati sono persone che ci hanno visto presentarciin costume in una determinata cittadina e per esempio a Loco rotondo in Puglia in cui abbiamo girato una delle ultime uccisioni, quello dell’amico per eccellenza. Quando siamo entrati nei locali abbiamo destato stupore. A chi si avvicinava chiedevamo se gli sarebbe piaciuto partecipare al film e questo succedeva dieci minuti prima di girare. Loro acconsentivano sapendo poco o nulla del personaggio e della storia. In pratica sono stati costretti a improvvisare basandosi sulla loro mentalità e su quello che pensavano rispetto al contesto della scena a cui dovevano partecipare. Non a caso Riccardo che nel film è appunto il “buon amico” si rifà nell’interpretare il personaggio a una tradizione cinematografica tutta sua. Si rivolta e fa quel gesto particolare. Nessuno ha interferito ed è stato lui a decidere il modo migliore per rendere ciò che gli si chiedeva.
C’à anche la scena della stazione in cui a un certo punto si vede lo stupore del signore orientale che salendo rimane stupito dal vedere davanti a se Antonio/Samp
FM. Si è verificato tutto in maniera spontanea, la macchina era sempre accesa. Questo ha comportato un dispendio di energia molto alto perché a livello fisico è stato un impegno totalizzante. Abbiamo assoldato chiunque ci capitasse a tiro, dunque bisognava essere sempre reattivi.
Che poi questo aspetto è un po’ il principio del vostro teatro in cui lo spettatore non immagina di ritrovarsi coinvolto nella piece insieme ad Antonio che a un certo punto scende del palco e interagisce con il pubblico facendone parte integrante dello spettacolo.
FM. Si, con la differenza che a teatro è molto più facile perché c’è un contatto diretto. Nel cinema è più difficile perché comunque è un’altra disciplina. Nel teatro la presenza del corpo di Antonio in termini di comunicazione è capace di abbattere ogni ostacolo. Nel cinema il dialogo è molto sintetico, molto reiterato, molto aperto all’interpretazione dell’altro.
Anche in Samp mi pare sia chiaro il contrasto che sovra ordina le performance degli attori. Il corpo elastico e posseduto di Antonio è di continuo chiamato a rapportarsi con l’imbarazzata rigidità delle persone presenti in scena.
FM. Non parlerei di imbarazzo. Loro assumono l’atteggiamento che avrebbe chiunque nel momento in cui si ritrova da un momento all’altro coinvolto dentro qualcosa di non calcolato. E poi ci sono le riprese in cui la mdp è intesa come un occhio che sta dentro e fuori dal set. Non c’è mai una zoommata o un avvicinamento. E’ come se la camera respirasse. Il formato lo abbiamo creato noi mettendo dello scotchsull’obiettivo.
AR. Si, l’accostamento è anche volontariamente voluto perché non è che tutti potevamo muoversi come me. Però ti voglio dire un altra cosa e cioè se tu fai delle inquadrature strane e i corpi stanno in modo anomalo in scena a me che faccio teatro viene detto che si tratta di un film di impostazione teatrale. Questo è un analfabetismo della critica ed è qualche cosa di irritante Non è detto che se uno lavora sulla composizione dell’inquadratura facendo quello che dovrebbe fare ogni regista sta facendo teatro. Mi fa arrabbiare spendere tempo in un inquadratura per poi sentirmi dire che la stessa è di estrazione teatrale. Una cosa del genere la può dire solo una critica incapace di conoscere le possibilità del corpo e dell’occhio umano nell’astrarre le figure dallo spazio.
La destabilizzazione del mezzo cinematografico è evidente anche da come lo utilizzate. Lo si vede dal modo in cui fate notare la presenza dell’occhio della mdp ma anche dal piano di ripresa sfalsato rispetto alla consueta orizzontalità.
FM. Quest’ultimo aspetto è frutto della cosiddetta aberrazione prospettica che nelle videocamere consente di rendere il senso della profondità di una scena attraverso tale alterazione prospettica. Senza di quella l’immagine risulterebbe del tutto piatta.
Che poi se ci pensi questi aspetti sono funzionali al personaggio cioè è come se la telecamera e il suo occhio si adeguassero alla deformazione mentale di Samp.
FM. Si certo. Non a caso certe volte non lo riprendiamo a figura intera. Spesso l’azione esce fuori dall’inquadratura facendo risultare tutto molto selvaggio.
D’altronde la storia ragiona per archetipi raccontando dello straniero che arriva in città ma anche di valori come amicizia, amore tradimento e molti altri. Da questo punto di vista la morfologia del paesaggio naturale e cittadino mi sembra confacente al tono della storia e alla dimensione ancestrale presenti in Samp. Certi squarci, soprattuto quelli agresti sono scenari da tragedia greca, genere peraltro richiamato dalla scena del matricidio.
FM. In effetti è così però ti devo dire che il paesaggio è venuto prima della storia. Siamo prima rimasti affascinati dalla Valle D’Istria perché sembra davvero un altro mondo. E’ poi è vero, c’è la tragedia greca ma poi il film vira sul contemporaneo.
Tornando alla prima scena, sentiamo solo il rumore del vento con il viso immobile e imperscrutabile di Antonio simile a quelli dei personaggi di Sergio Leone. Tra l’altro c’è la corrispondenza tra la giacca rosa shocking di Samp e i titoli di testa a sottolineare quanto esondante e protagonista sarà ilpersonaggio all’interno del film.
FM. Beh si è un lavoro molto ragionato ci abbiamo messo venti anni per farlo: Le assonanze in queste film sono numerose e presenti in ognuna delle singole scene.
Samp inizia con un matricidio e poi prosegue con la missione di Samp che in quanto killer deve uccidere un certo numero di persone che incarnano valori e condizioni tipiche della nostra società. Nell’insieme il mandato di Samp è quello di uccidere le tradizione e le origini fondanti della nostra società. E’ uno dei temi dominanti del film
FM. E’ dominante perché già nel 2000 si era capito che tutto stava per cambiare e che nel 2021 ognuno di noi avrebbe potuto comunicare solo attraverso l’informatica. Era chiaro che sarebbero dovute crollare tutte le scienze.
AR. Le tradizioni non è che rappresentino sempre qualcosa di positivo. Noi viviamo la tradizione della perversione della libertà nell’arte la qualcosa non è così lungimirante. La tradizione spesso è negativa.Non tutte vanno abbattute ma non vedo in essa qualcosa di evoluto.
Nei confronti della donna Samp ha un’atteggiamento fermamente misogino ma come succede spesso nel film anche questa dichiarazione d’intenti viene smentita dai fatti perché dall’idea di volersi sbarazzare da ogni legame con il mondo femminile finisce per rivelarsi più conservatore di tutti anelando alla donna casalinga padrona del focolare.
FM. Ed è esattamente ciò che avevamo capito degli esiti della società contemporanea perché adesso viviamo in una società molto misogina in cui per le donne le condizioni sono peggiorate. Noi l’abbiamo solo dichiarato in anticipo rispetto ai tempi. Parlo per esperienza poiché sento che il mio essere donna è un handicap, soprattutto nella vita lavorativa. In quella privata mi sento libera, nell’altra no: è come se avessi una condanna che non mi permetterà mai di raggiungere certi livelli da cui le donne sono escluse.
AR. Be certamente. E’ un po’ la metafora del cinema che non è cambiato per nulla da quando l’abbandonammo nel 2000 fino ad oggi. Qui non cambia mai nulla così come non cambia il personaggio che sembra portarci da un’altra parte mentre invece si infila nel suo stesso culo e cioè nei soldi che non vuole. Samp è evoluto da un punto di vista economico ma è gretto perché non sa ribellarsi a se stesso. Insomma il cinema è rimasto quello che era. Noi ci siamo rimessi a farlo perché Le Giornate degli Autori hanno deciso di selezionare il film. Questo per noi è stata una cosa importantissima perché ci permetterà di tornare a fare cinema riprendendo tutti i progetti che avevamo iniziato a girare senza però riuscire a finalizzarli. Sta di fatto che abbiamo trovato una situazione peggiore di vent’anni fa. Quando contattiamo i distributori ci viene chiesto se il film ha il certificato di nazionalità italiana al fine di usufruire dello sgravio del 30 per cento sulle tasse di distribuzione. Attenzione, nessuno ci chiede com’è il film e questo non può fare altro che inorridirci.Ritrovarci di fronte a un sistemain cuil’opera d’arte è secondaria rispetto agli aiuti che essa può ricevere da uno stato reo di affossare l’arte ogni volta che ne ha possibilità è la causa di questa reazione.
In parte si intuisce da ciò che avete detto però ve lo chiedo comunque perché vale la pena soffermarsi su questo aspetto. Un film come Samp da dove inizia, dal visivo o dai dialoghi o da che altro?
FM. Noi prima facevamo moltissimi film, e tutti nascevano dalla ricerca di nuovi metodi. Con il passare dei lavori abbiamo deciso di fare un esperimento relativo alla dissoluzione della sceneggiatura, del set e del ruolo attoriale. Mettiamo insieme dei punti e poi facciamo cose nuove. Per noi questo è il segreto per riuscirlo a fare, per cambiare sempre metodo.
AR. In Samp c’è stata una dissoluzione del set e la distruzione della sceneggiatura. Addirittura non sapevamo nemmeno dove giravamo. Andavamo in giro vestiti da personaggi, ci fermavamo da qualche parte e interagivamo con le persone del posto. Visti i risultati del film è chiaro che ci assale il rammarico di aver abbandonato una tecnica cinematografica che per colpa del sistema cinema non percepivamo libera come quella del teatro. Adesso però siamo pronti a ripartire con altri progetti. Come ha detto Flavia oltre alla sceneggiatura esistevano delle tracce come la macchina che si muove e come i tanti intrecci presenti nel film. Addirittura ci siamo proibiti la conoscenza dei set e questo da al film un respiro entusiasmante perché non sapevamo quali sarebbero state le location. Sapevamo forse cioè che avremmo fatto ma non conoscevamo gli ambienti. Erano i personaggi a scegliere i luoghi e non gli autori. Tutto questo con ciò che ne deriva in termini di scavalcamento del potere gerarchico dell’autore sull’opera. Noi combattiamo da dentro il nostro essere autori.
Nasce prima la scrittura e poi le immagini o viceversa?
FM. Diciamo che spesso i dialoghi nascono dal montaggio mentre in film come Escoriandoli era tutto disegnato con tanto di story board. Con il montaggio alcune cose sono state completamente cambiate. Una volta in studio le tagliavamo e le sistemavamo in maniera da dareallanarrazione e ai dialoghila direzione che ci interessava.
Quindi i dialoghi cosi come li vediamo nel film non esistono sul set ma sono frutto della scrittura di montaggio.
FM. Si tanto nei Troppolitani quanto in Samp alcune cose erano già scritte. E’ rimasto il dialogo dell’università, qualche dialogo del bar e della donna che allatta mentre gli altri sono stati cambiati in base alle esigenze che avevamo nel momento in cui rimettevamo le mani sul girato. Ogni due anni lo riprendevamo e gli davamo una nuova forma. Considera che iniziamo a lavorarci nel 2001. Siamo partiti da cui punti di cui ti dicevo prima e poi abbiamo fatto le riprese.Lo abbiamo montato una prima volta poi lo abbiamo ritrattato cambiando anche montatore – prima era Eugenio Smith poi è diventata Barbara Faonio. Ogni volta a cambiare erano i dialoghi ma anche la storia. Alcune immagini sono state girate tempo fa altre di recente. L’ultima scena quella realizzata più di recenteè l’ultima, quella del Dolmen.
Il tema dell’università è un altro tormentone. Samp si rammarica di continuo per non essersi riuscito a laureare. Da come appare nel film l’università è l’istituzione da cui inizia la corruzione del sistema rappresentando la conoscenza di una cultura strumentalizzata e dogmatica.
FM. Può essere quello ma anche il primo sintomo della descolarizzazione che c’è stata in questi ultimi 30 anni.
AR. E’ chiaro ci siamo divertiti a farli perché soprattutto in alcune sequenze ci sono alcune cose che non si fanno più. Diciamo che siamo stati indisciplinati perché queste cose gli altri non le pensano neanche e quindi serve che le facciamo noi. Compreso il cappuccino e la scena dell’allattamento.
Anche quello dei soldi è davvero esilarante e corrosivo.Mi riferisco al personaggio del contabile e ai soldi che costituiscono la ricompensa della missione di Samp.
AR. Il rapporto con i soldi è riassunta dalla frase finale:quando dico “ficcateveli nel culo i soldi”mi rivolgo a chi ce ne offre senza essere nostro ammiratore. Noi non vogliamo i soldi da chi non ci ama.
Nella summa della vostra arte e partendo da Escoriandoli gli attori sono sempre meno conosciuti fino anche tratti dalla strada
FM. Quelli di Escoriandoli c’è l’ha imposti la produzione. Noi abbiamo risposto che non eravamo razzisti e che ci sarebbero stati bene anche quelli fornitici da loro. Dopodiché considera che lavorare alle nostre condizioni è difficile lavorare con un attore professionista. (ride ndr).
AR. Come dice Flavia noi non abbiamo nulla contro gli attori, non siamo razzisti, in fondo sono persone come noi. Nel nostro film ci sono anche degli attori di professione poi abbiamo dato spazio anche alle persone incontrate in corso d’opera. Solo per questo modo di fare andremmo difesi perché rappresentiamo la volontà di fare quello che uno vuole con risultati di altissimo livello. Samp è un grande film non perché lo dico io. I grandi film vanno difesi dalla critica e non abbandonati altrimenti sono destinati a cadere nell’oblio. Questo è il mio punto di vista.
Antonio hai detto che il cinema bello arriva poco e niente in sala. Volevo chiederti qual è stato l’ultimo film di qualità che ti è capitato di vedere?
AR. L’anno scorso ho visto La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco e mi è sembrato un cinema assolutamente apocalittico e geniale. Lui ha fatto la regia della Sicilia e non soltanto la regia del film. Ha fatto la regia di una terra. Peccato solo che sia un film che non sta girando nelle sale. Poi mi piace David Lynch. Lo amo perché non lo capisco. A me piace tutto ciò che non capisco, tutto ciò che mi sfugge.
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