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36 Torino Film Festival: La casa delle bambole – Ghostland di Pascal Laugier, un horror tra metafisica e realtà di grande effetto

Pascal Laugier riesce a confezionare un’opera di grande impatto emotivo, in cui la rappresentazione delle paure più nascoste è realizzata con intelligenza e un'originale rielaborazione di topoi culturali e visivi

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Presentato in anteprima nella sezione After Hours al 36 Torino Film Festival, La casa delle bambole – Ghostland è l’ultimo lavoro del regista francese Pascal Laugier. Autore del capolavoro horror Martyrs nel 2008, che ha ridisegnato il genere, Laugier è stato uno degli autori della nouvelle vague horror francese all’inizio del nuovo millennio, insieme a Christophe Gans, Xavier Gens, Alexandre Aja, David Moreau, Fabrice Du Welz, Alexandre Baustillo e Julien Maury. Laugier si è poi trasferito negli Stati Uniti con il lavoro successivo I bambini di Cold Rock, in cui ha cercato, con discreto successo, di utilizzare gli stilemi precipui del genere per trattare temi sociali all’interno di una provincia devastata dalla crisi economica.

La casa delle bambole racconta dell’arrivo di Pauline e delle sue due figlie adolescenti, Vera e Beth, in una casa isolata che hanno ricevuto in eredità da una sorella della donna. Laugier immerge immediatamente lo spettatore in un incubo in cui cadono le protagoniste, prese prigioniere nella nuova dimora da due serial killer, un uomo travestito da donna e da un essere gigantesco e mostruoso attratto dalle giovani, che tratta come delle bambole per i suoi istinti animaleschi.

Il regista francese costruisce la vicenda come una favola nera, con le figure archetipiche della strega cattiva e dell’orco che rappresentano il terrore atavico, appartenenti a un immaginario collettivo ormai affermato. Ci sono più chiavi interpretative dei temi all’interno di La casa delle bambole. Il più forte è quello del confronto tra un mondo maschile belluino e artefatto – la strega travestita come un cantante hard rock e l’uomo deforme e bambinesco che si esprime con la violenza e incapace di parlare se non emettendo suoni inarticolati – e quello femminile, rappresentato dalla triade madre/figlie, trasformate in oggetti inanimate e su cui operare una mutazione retrograda fino a renderle delle bambole di carne. La lotta tra le due controparti si può trasferire come un confronto tra mascolinità perversa e femminilità creatrice resistente che cerca di sopravvivere a un rinchiudere la donna all’interno di una gabbia senza alcuna possibilità di espressione, oggetto del desiderio prive di qualsiasi umanità e soggettività consenziente.

Un altro tema è quello del passaggio all’età adulta. Se Vera ha già sviluppata una sua personalità matura e ribelle, dove i suoi legami affettivi sono stati tagliati dal trasloco, Beth è immersa in un suo mondo fantastico e presa dal diventare una scrittrice di narrativa horror il cui nume tutelare è Howard Phillips Lovecraft che viene citato fin dai titoli di testa. Beth ha le sue prime mestruazioni appena arrivata nella casa e poco prima dell’attacco da parte dei due maniaci e la morte della madre e la sua prigionia insieme alla sorella. In questo caso, rappresenta l’abbandono dell’ambiente confortevole dell’infanzia e del trauma nell’entrare nel mondo adulto, fatto di quella realtà orrorifica che tanto immaginava nelle sue storie infantili. Il dolore e il sangue sono quindi elementi (meta)fisici che concretizzano paure inconsce dell’abbandono di uno stato in cui il successo e l’affermazione sono materie oniriche che creano la personalità della ragazza e la proiettano verso un’età adulta precostituita e confezionata su misura. Ma il sogno s’infrange contro l’incubo della realtà dei pericoli di un mondo dove la violenza è sempre in agguato e pronta a colpirti nei tuoi affetti più cari e all’interno della casa che da luogo protettivo e misterioso diventa spazio labirintico dove regna la paura e la sopraffazione.

La casa diviene letteralmente una prigione, dove la cantina è l’inconscio in cui rifugiarsi da un conscio che produce solo dolore. E, del resto, con un montaggio che crea la giusta suspense e terrore, Beth si rifugia in un mondo illusorio dove adulta è una scrittrice di successo, felicemente sposata e con un figlio e la madre è ancora una presenza viva e concreta. Una mise en abyme sia spaziale – la cantina nella casa – sia psicologico – la fuga nel sogno di Beth – e, infine, sia fisico – la sua proiezione da adolescente a donna adulta e realizzata.

Laugier con La casa delle bambole compie un gioco di scatole cinesi scopiche strutturato in modo da rendere la narrazione una ricercata fusione tra eruzioni ansiogene e forme della messa in scena che incollano lo spettatore sulla sedia, riuscendo a tenere la tensione drammaturgica sempre a un livello massimo e, letteralmente, riuscendo a far tracimare il terrore vissuto dai personaggi al di fuori dello schermo.

L’unione affettiva tra Beth e Vera è poi l’elemento che determina il tragitto delle due ragazze, dove il percorso di dolore affrontato le porta alla liberazione finale. Il sogno diviene così chiave di presa di coscienza da parte di Beth rendendola più forte e consapevole delle sue capacità, riuscendo a mutare la sua natura interiore, dopo quella fisica in cui i connotati delle due ragazze sono stati mortificati dagli aguzzini.

La casa delle bambole non arriva ai livelli di Martyrs, ma Pascal Laugier riesce a confezionare un’opera di grande impatto emotivo, in cui la rappresentazione delle paure più nascoste è realizzata con intelligenza e un’originale rielaborazione di topoi culturali e visivi.

  • Anno: 2018
  • Durata: 91
  • Distribuzione: Koch Media
  • Genere: Horror
  • Nazionalita: Francia, Canada
  • Regia: Pascal Laugier
  • Data di uscita: 06-December-2018