Glaubenberg di Thomas Imbach racconta il rapporto contrastato dell’amore che la giovane Lena – un’adolescente di sedici anni – prova per il fratello maggiore Noah, arrivando a diventare un’ossessione morbosa e incontrollabile che la porta fino all’annullamento di se stessa.
Presentato in concorso al 71 Locarno Festival, Glaubenberg prende il titolo da un passo di montagna vicino a Lucerna in Svizzera. Il luogo ha una duplice funzione: da un lato, è lo spazio geografico dove il fratello e la sorella passavano le estati e dove ritornano anche da adulti, nel momento in cui Lena dichiara apertamente il suo amore per il fratello, provocando un netto rifiuto da parte sua per l’impossibilità di quel sentimento; dall’altro, esso diventa un luogo di sogno, uno spazio mitologico in cui Lena immagina un mondo arcadico dove il loro amore possa vivere al di fuori del tempo e lontano dall’umanità.
Del resto, i rimandi di Glaubenberg al passato sono continui: Noah si stabilisce in Turchia per studiare archeologia e compiere gli scavi in un antico sito romano; il richiamo ai fossili nei prati di Glaubenberg è un altro esempio di un tempo antichissimo, che risale alla nascita dell’umanità, alla rappresentazione di un paradiso terrestre perduto.
Al regista svizzero però interessa il personaggio di Lena e la sua ossessione per il fratello. Per rappresentarne il tormento interiore utilizza la macchina da presa come uno microscopio dei sentimenti, sempre addosso alla protagonista con continui e costanti primi e primissimi piani, che trasmettono anche allo spettatore il soffocante amore della ragazza per il fratello.
Un altro elemento peculiare del film è l’uso da parte di Lena dei suoi ricordi e dei suoi sensi: per realizzare il sogno di essere toccata intimamente dal fratello lontano, che non risponde alle sue mail, lo ama per interposta persona con l’amico Enis. Gli fa indossare una maglietta del fratello di cui sniffa l’odore (senso); guarda una sua foto appesa al muro (vista); fa l’amore con Enis nella camera da letto di Noah (tatto); poi, ascolta la musica che ascolta lui (udito); e, infine, prepara dei biscotti che piacciono a Noah e li spedisce in Turchia con una lettera in cui si dichiara (gusto).
Tutti queste caratteristiche fanno di Glaubenberg un film dalle potenzialità sinestetiche notevoli e dalle premesse interessanti. Il regista svizzero ha alle spalle ormai una carriera consolidata, producendo e scrivendo i suoi film, con un’ampia esperienza di documentarista e di lungometraggi realisti. Invece, in quest’ultima opera la scelta di Imbach è quella di perseguire una visione mitica del rapporto ossessivo dell’amore assoluto che rende la storia a tratti stucchevole. Essenzialmente, i due grandi errori che fanno franare Glaubenberg sono l’eccessiva lunghezza, con sequenze ripetitive, e il finale mitico, che non si confà alla struttura narrativa del film. Questa combinazione tra i sensi terreni e il sogno mentale non riesce del tutto al regista e alla fine Glaubenberg risulta un progetto caduco e noioso.