Lo si ricorda sempre in riferimento alla sua attività di attore, anziché quella di regista. Probabilmente questa è un’abitudine che si dovrebbe correggere, perché Sergio Rubini può senz’altro essere considerato un ‘autore’, laddove il suo sguardo si è spesso soffermato su questioni significative, senza trascurare una spiccata capacità di direzione che ne contrassegna lo stile. La sua opera prima, La stazione, fu una rivelazione insignita con notevoli e numerosi riconoscimenti, dal David di Donatello al Nastro d’Argento, dal Globo d’Oro al Ciak d’Oro. La filmografia successiva ne ha confermato la consistenza di cineasta: non fa eccezione La terra, pregevole lungometraggio del 2006, in cui vengono articolate, attraverso una decisa venatura thriller, le difficili dinamiche psicologiche operative all’interno di un gruppo famigliare. Rubini non fa mistero – d’altronde lo si intuisce chiaramente – di essersi in parte ispirato all’ultimo, grande romanzo di Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, in cui, con un’acutezza unica, lo scrittore affrontava temi etici spinosissimi concernenti Dio, il libero arbitrio e la moralità, dando corpo al dramma spirituale di una lotta che coinvolgeva la fede, il dubbio, la ragione, messi in rapporto con una Russia allora pervasa da fermenti modernizzatori.
La premessa della vicenda è un misfatto, nella fattispecie un padre che ha avvelenato l’equilibrio dei rapporti tra quattro fratelli, instillando una sorta di peccato originale che dev’essere espiato, un debito che è necessario rimettere. La tragedia, dunque, si colora di sfumature edipiche, ma ciò che è interessante è la circostanza – intelligentemente architettata – che vede lo spostamento dell’oggetto della vendetta. Non si può e non si deve uccidere il padre (che tra l’altro nel film è già defunto), ma trovare un sostituto per ristabilire un’economia psichica del nucleo sostenibile. A innescare questo movimento, che poi si tradurrà in un gesto purificatore, è Luigi Di Santo (un opportuno Fabrizio Bentivoglio), un professore di filosofia ormai da tempo stabilitosi a Milano che, per una questione relativa alla vendita di un appezzamento di terra appartenente alla sua famiglia, torna a Mesagne, nel Salento, dove risiedono da sempre i tre fratelli: Michele (un sorprendente Emilio Solfrizzi), un imprenditore poco capace e pasticcione, Aldo (Massimo Venturiello), quello nato da una relazione clandestina del padre, uomo arcigno e scostante e, infine, Mario (Paolo Briguglia), il più umano dei tre, l’unico che ha sviluppato uno spirito in grado di accogliere l’altro (fa assistenza ai disabili). L’ostacolo contro cui i quattro si dovranno confrontare è incarnato da Tonino (un ottimo, come sempre, Sergio Rubini), un malavitoso del luogo, violento e inquietante.
Bellissimo l’incipit del film con i titoli di testa che ricordano, con le dovute proporzioni, è chiaro, le atmosfere di taluni film di Alfred Hitchcock – in particolare Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) – per il trascinante intreccio tra immagini sature di colore e sfocate nei contorni e le inquietanti musiche. La colonna sonora fu realizzata, infatti, da Pino Donaggio, compositore di grande valore, che nel corso della sua lunga e importante carriera ha collaborato con tanti grandi registi, in particolare con Brian De Palma (Carrie, lo sguardo di Satana, Vestito per uccidere, Blow Out, Omicidio a luci rosse, Raising Cain e Passion), cineasta che spesso si è ispirato al cinema del maestro inglese del brivido.
La terra è un film atipico e interessante che si discosta felicemente dalla produzione cinematografica italiana degli ultimi anni. La regia di Rubini è a tratti assai virtuosa, e ottime sono le prestazioni dei bravi interpreti. Senza dubbio da recuperare.
Pubblicato da Mustang e distribuito da CG Entertainment, La terra è disponibile in dvd in formato 2.35:1, con audio Dolby Digital 5.1 e sottotitoli per non udenti opzionabili. Nei contenuti speciali: A sud di Karamazov (interviste al registe e agli attori); Trailer.
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